- IL PIANO -

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Sette ore prima...



«Quindi...» disse.


L'aria era fredda, ma Azazel la rendeva scottante con l'ardore della sua rabbia. La verità gli bruciava dentro, le fiamme si innalzavano in lui. Avrebbe voluto urlare, ma la stretta al petto gli impediva anche soltanto di respirare o parlare...


Azazel voltò lo sguardo verso la sua direzione, la tempesta che aveva dentro sembrò essere appena stata risucchiata dal vortice che era solito mandare via le sue emozioni. L'uomo venne sorpreso da tale autocontrollo. Per quanto sentisse il suo battito rapido e addolorato, il viso di quel ragazzo non mostrava assolutamente nulla. Era una tempesta silenziosa, un fulmine scagliato nel cielo sereno.


«Sei dalla nostra parte adesso?» gli chiese l'uomo, e un sospiro uscì dalle labbra del più giovane, rimbombando nel vetro delle finestre.


«Il fatto che il mio capo abbia ucciso mio padre ti fa credere di avermi dalla vostra parte?»


«Tu vuoi vendetta, no? Ma vuoi anche l'antidoto. Stando con lui, non potrai avere nessuna di queste cose.»


«Cosa mi assicura che non mi ucciderai? O che non mi terrai prigioniero per usarmi quanto ti pare?!». Azazel strinse la mascella in un gesto che ipnotizzò l'uomo. Il silenzio lasciò il segno tra i due e, nel bel mezzo di esso, si potevano udire solo i loro calmi respiri. Dentro, però, lo Stregone poteva sentire in lui il formicolio del sospetto, mentre Azazel cercava quel battito in eccesso che gli avrebbe confermato di non potersi fidare.


«Non ti fidi affatto delle persone, Azazel.» sussurrò l'uomo in un pensiero detto ad alta voce. Era assurdo, Azazel era assurdo. Ma lo capiva così dannatamente bene da credere di star parlando con il suo stesso riflesso. Si somigliavano, questo pensiero lo tormentò dal momento in cui incontrò quei cristalli provenienti dalle tenebre. E la cosa gli faceva paura ma, al tempo stesso, lo faceva sentire responsabile della sua salvezza.


«Non mi hanno insegnato a farlo.»


Un brivido attraversò la sua schiena al ricordo di una versione più giovane di sé. Azazel gli ricordava il ragazzino senza speranza qual era e il cui unico compito assegnatogli non era vivere, ma uccidere. Non sapeva cosa fosse la paura, l'incertezza, un errore. Tantomeno la fiducia. Perché lui doveva essere perfetto. La perfetta macchina da combattimento che suo nonno e suo padre speravano di creare anche senza il siero. Si era da sempre illuso che le loro azioni non fossero solo parte del loro piano, che fosse affetto mostrato in altro modo. Ma lo tormentavano, giorno e notte, nella speranza che divenisse forte abbastanza da superare chiunque fosse stata la vittima di quel siero. Era nato per questo, dopotutto. Era nato per distruggere. Ne fu convinto fino alla loro morte, fin quando non trovò in suo zio la via della speranza.


«Non è qualcosa che si può insegnare. Deve venire da te.»


A quelle parole, Azazel si avvicinò di un posto lungo la panchina e direzionò il corpo verso la sua figura slanciata. Poi, in un tranquillo ma severo movimento, il suo viso affiancò quello dell'uomo. Lo Stregone aveva solo la notte buia dei suoi occhi dinanzi a sé. E nient'altro, nulla che potesse distrarlo dalle fiamme dell'inferno o dal suo stesso riflesso nell'iride che tendeva al bianco.


«Non ho bisogno delle tue lezioni di vita, voglio solo una garanzia. Qualcosa, qualsiasi cosa, che mi permetta di capire che non è tutta una fregatura». L'ennesimo brivido attraversò la sua schiena quando sentì quel tono di voce autoritario e profondo. Ancora una volta, ebbe la sensazione di avere davanti a sé la reincarnazione del demonio. Demonio che, per quanto poco ricordasse del suo passato, lui non era mai stato. Era debole, di cuore e di mente, provocando così liti su liti tra i suoi due creatori.

L'OCCHIO DEL DIAVOLO (LA MALEDIZIONE DELL'UNIVERSO #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora