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Simon:
Speravo che la mia atroce agonia con gli aghi fosse finalmente terminata; invece, il mio litigio con gli amici di Stefano ha costretto il mio soffice sedere a subire altre tre iniezioni, con l' infermiera spietata che, mentre svuotava la siringa nella mia carne, mi riempiva anche la testa di rimproveri.
Quando ho subito l' ultima puntura ho letteralmente ululato dal dolore. Avrei voluto dirle "Ehi! Vacci piano, tesoro!"; ma poi ho visto che il suo aspetto esteriore non era proprio splendido e mi sono zittito. Insomma; ho dovuto togliere la cintura, tirarmi giù la salopette celeste e sollevarmi la felpa nera di 'Tik Tok', solo per ritrovarmi, di nuovo, con gli occhioni più lucidi di un cartone animato dei 'Looney Tunes'.
Peccato che i nostri fondoschiena non sappiano parlare, altrimenti denuncerebbero tutto il dolore subito in questo collegio...la prossima volta che vorranno somministrarmi il siero, dovranno legarmi al letto. La cosa più terribile, però; è che, nel 'bucarmi' ancora, tutte le ferite post - iniezione subite prima si sono riaperte. Ho paura ci sia veramente qualche fantasma di 'Scary Movie' che si diverte a farci male qui...
Nel mio armadio ho trovato un sacco di salopette colorate, eppure a casa ne ho tre soltanto: quella che ho addosso, una invernale rossa e una estiva nera. Tali indumenti fanno letteralmente impazzire le infermiere qui. Mi fanno più male se le indosso, ma presto non potrò più farne a meno. Sono veramente dentro un film dell' orrore. Aiuto!

La felpa nera, con la scritta fluorescente, lo rendeva ancora più figo del solito. In camera girava senza biancheria intima e, talvolta, anche senza jeans; coperto solo dal lungo indumento. Le scritte rosse erano, ormai, presenti quasi ovunque nel suo armadio. Le buttava via e, puntualmente, le ritrovava. Alla fine, l' infermiera gli mandò un foglio con scritta l' ora e il giorno in cui era disponibile a cominciare la cura.
"Allora è vero, c' è veramente una ragazza a mensa!" Gli aveva detto Nerio, poco prima di vederla andare via e far ritirare Onofrio al piano di sopra. "Non la toccare, è roba mia!" Rispose lui, guardingo; gettandosi, poi, nel lungo corridoio.
"Oggi alle 17, poco prima che cali il sole" C' era scritto; sul piatto, volante e fino oggetto di carta. 'Non vedevo l' ora' pensò il ragazzo dai capelli biondi, convinto che tutto sarebbe andato come al solito.
Era il dieci marzo, un mese e mezzo dopo il loro arrivo alle Otto Valli.
"Appoggia le mani lì" gli ordinò la donna, mentre si apprestava a riempire una siringa del siero portatole da Fiamma. "Sì, signora" rispose Onofrio, con un sorrisetto soddisfatto e per nulla spaventato. Lanciando uno sguardo verso il tavolo antico di legno, gustò la sua 'vittoria', leccandosi le labbra.
Si sentì tirare giù il pantalone nero, firmato Adidas, e su la maglietta della salute. Sotto non aveva praticamente nulla. "Stai fermo!" Gli disse, in tono arrabbiato; forse riferendosi più al suo abbigliamento che alla necessità di non muoversi. "Certo..." sogghignò lui "ci sono abituato".
"Lo spero tanto per te". Il crocifisso appeso alla parete dell' infermeria sembrava ondeggiare con il rumore del monsone, con il temporale fuori; forte, potente, invernale. La finestra socchiusa, che dava direttamente al giardino, aveva bisogno di essere riparata...e non solo perché era sensibile all' ululato del vento; ma anche perché, in parte, era mangiata dalle tarme. Onofrio vide, attraverso lo specchio, la donna: ella era nascosta da un cappello bianco e grosso, come nell' '800, e il suo camice sbiadito era tirato di lato; chiuso sul fianco con un vecchio e malridotto bottoncino. Con le mani riempiva una lunga siringa, per lui...
L' alcool, a contatto con la sua pelle, gli bruciò. Le frasi trovate a mensa e sulla scalinata cominciarono a risuonare nella sua testa: 'Mi farai male? Quanto mi farai male?'. Poi, l' evento si collegò a un ricordo e la canzone di un clown, ascoltata da bambino, prese il suo posto. L' ago s' inserì nella sua carne, facendolo inorridire; mentre il dolore fulmineo passò immediatamente dai meccanocettori al suo cervello. "Ahi!" Si lamentò, mentre il bruciore cresceva e cresceva. Era la stessa cura che faceva ogni mese, ma la siringa era ben diversa...era molto più antica. Le risate isteriche di Stefano riecheggiarono nella stanza. Aspettava il suo turno; ma aveva intravisto gli occhi del biondino, oramai pieni di lacrime nascoste. "Ahi!" Sospirò di nuovo.
"Non ho ancora finito" disse con calma l' infermiera, invitandolo a stare ancora fermo per un po'. Quando l' ultima goccia di siero terminò, una lacrima sommessa gli bagnò la guancia destra. "Tutto bene?" Gli chiese la donna, invitandolo a girarsi.
Il volto di Onofrio era mestamente composto, nonostante ciò che aveva appena subito. "Ti senti il re del mondo, eh?" Lo guardò, togliendosi i guanti in lattice "Il tuo dolore è tre volte più forte rispetto a quello che hanno provato i tuoi amici, ragazzo". Poi venne alla luce del lampadario e, agli occhi del giovane, apparve molto più vecchia rispetto alle ore precedenti; come se fosse passata da 40 anni a 80 in pochissimi minuti "Crumiri..." scandì "tu non hai idea di quanto somigli a tuo nonno. Anche lui aveva questa faccia, quando dovetti fargli un' iniezione per la prima volta. Tu non l' hai mai conosciuto, ma io sì. Era arrogantemente bello, proprio come te". Più la luce la illuminava, più ella invecchiava. Alla fine, della ragazza che si era rifiutata di curarlo, da subito, rimase soltanto uno sguardo macabro, ombroso, su degli occhi che...erano stati davvero belli e sognatori, sì, ma quasi sessant' anni prima. "Per quanto tempo mi farà male così?" Deglutì Onofrio, facendo spazio a un' altra lacrima, che voleva rigargli l' altra guancia. "Dipende" rispose, allontanandosi "non so dirlo con esattezza. Un po' ci vorrà...è meglio che vai a stenderti ora. Tra un mese ripeteremo lo stesso procedimento".
Il rumore di una mano che bussò alla porta, gli fece capire che aveva veramente finito; quindi la ringraziò alla veloce e scappò via.
Quando rientrò in camera, vide Mattia seduto al bordo della finestra "Allora, com' è andata?" Esclamò, non distogliendo lo sguardo dai goccioloni di pioggia che battevano sui vetri.
"Passerà..." rispose lui, con un sussurro.
"Ci vorrà un po', ne so qualcosa" squittì, aspettandosi la solita reazione arrogante dall' amico. Invece, quest' ultimo si stese a pancia in giù, prima di rispondergli a tono e abbozzare un amaro sorriso "Tu ne sai qualcosa? Ho la natica destra in fiamme, altroché le punizioni che abbiamo subito! Taci almeno, non ne hai la minima idea".
"Oh, scusami se sono più sensibile al dolore degli aghi rispetto a sua signoria!" Intonò, quasi canticchiando, prima di girare il capo e notare le lente lacrime che scendevano dai suoi occhi azzurri. Cercò qualcosa da dire, forse per scusarsi; ma le dita di Onofrio raggiunsero le sue labbra, molto, molto prima. Benché gli anelli costosi ed i bracciali di ferro; erano leggere, più leggere rispetto al solito. A dirla tutta, non l' aveva mai visto fragile come quel giorno: "Era destino sopportarlo" spiegò "quando usciremo da qui saremo diversi, mutati".
"Non riesco a credere che anche tu abbia reagito così...sei sempre stato forte".
"Non sono forte come pensate, ho un lato fragile. E poi, non è forza che dobbiamo avere per stare qui; ma capacità di sopportazione. Bisogna saper andare avanti e avanti, con il dolore".
Qualcuno aprì la loro porta, con un calcio. Era Stefano "Allora è qui che alloggiate!" Disse "La prossima volta bevi prima! Ti farà meno male!". Poi mostrò loro una bottiglia di rum vuota "Tu una volta al mese" si sorresse all' angolo della maniglia (anche se le sue gambe non lo sorreggevano affatto) "io tutte le volte che ho le crisi! Siamo abbastanza simili, no?". Infine, barcollando, andò a tirare i calci a un' altra porta.

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