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Camicie bianche o grigie, gemelli d' argento e dorati, rinchiusi in armadi di lusso che non sentivano il peso degli anni. Il 4 aprile era un giorno speciale; perché era quando, nel 1881, era stata fondata la scuola delle Otto Valli.
Per ogni studente c' era un completo elegante diverso. Potevano mettere quello che il personale docente aveva scelto per loro, oppure scambiarseli, se la taglia lo permetteva.
Quella giornata sarebbe stata di festa.
Sul recinto del giardino si ergeva la scritta 'Benvenuti alla Scuola delle Otto Mura'.
Il sole, alto oltre i rami, era quasi incandescente; benché il vento soffiasse da ovest e scuotesse le foglioline bagnate, a causa della tempesta passata da poco.
Le bottiglie di spumante, già pronte sul lungo tavolo in giardino, con ghiaccio e all' interno di un contenitore d' oro, emettevano un luccichio argenteo al solo contatto con il più piccolo raggio di sole.
Ci sarebbero stati camerieri, animatori e parenti dei collegiali.
Mentre camerieri e personale ATA si impegnavano, tra le sale e la cucina, a preparare un' accoglienza con i fiocchi; da qualche parte, tra le camere, un ragazzo bruno teneva la mano al collo di uno biondo. "Vuoi fottermi come dentro la serie di Élite, Stefano?" Lo provocò quest' ultimo; con un sorrisetto divertito che metteva in mostra due piccoli canini appuntiti "A me piace essere fottuto, sai? Vogliamo migliorare la mia posizione?" Si sbottonò la cerniera dei blue jeans e fece per girarsi, mostrando al compagno di studi un paio di boxer blu notte e stretti; con stampati dei pois bordeaux "Allora, che ne dici del mio sedere? Sono abbastanza hot per te?"
"È come il mio, Onofrio...io non sono gay e neanche tu!". La loro lite venne bloccata da un rumore di specchi infranti. Stefano si allontanò dal...ehm, fondoschiena del biondino, e si diresse verso il corridoio "Chi cavolo è?" Tuonò, muovendo la testa a destra e a sinistra, cercando il colpevole di quell' atto.
Un vento freddo lo condusse verso una porta rotta, spigolosa; fatta di un legno vecchio, scarno; che si richiudeva, a lato, come una specie di lancia, ma molto rozza. Sembrava chiusa; ma, non appena i suoi passi vi raggiunsero l' uscio, essa si spalancò...e una voce strana, sinistra, come un canticchiare tetro di donna riecheggiò nel luogo. Un' ombra gli passò vicino al viso, sfuggente; poi un' altra e un' altra ancora. Erano figure invisibili, magrissime, con il volto tumefatto. Indossavano vestitini bianchi e sporchi e avevano i capelli neri davanti al volto. Apparivano con fattezze simili ad esseri umani, ma sembrava si nutrissero di soli insetti. "Chi siete?" Domandò, terrorizzato, Stefano "Dove cavolo sono finito?". Il vento freddo, le voci soffuse, le bocche malate sembrò si richiudessero in un solo nome: "Hanne Lhiese" parlottarono. "Chi è Hanne? Chi è Hanne?" Deglutì lui. Poi, infondo alla stanza corrosa e maleodorante, comparve una donna; nel buio: era seduta dentro una vasca da bagno e aveva i capelli a caschetto, come quelli che andavano di moda negli anni '40. "Hanne?" Ripeté lui. Le voci si confondevano. Qualcuna diceva 'Hanne', qualcun' altra 'Lhiese'. Alla fine, alcune dicevano il nome attaccato; come se non esistesse un cognome: 'HanneLhiese". Un rumore di luci elettriche illuminò la stanza, facendo sparire tutte le ombre. Da dietro Stefano apparve Fiamma, con uno sguardo cupo e l' aspetto più trascurato del solito "Giriamo per i corridoi, giovanotto? Dovremo mettere una nuova regola, appesa alle vostre pareti: 'Vietato girare per i corrdoi senza ordine del preside o del personale'...che ne dici?" Poi, indicò con la lampada ad olio la bambola in formato umano seduta nella vasca da bagno "Sai qual' è il problema dell' esistenza del male, Stefano?", Si accinse a sistemare l' immenso giocattolo in una posizione più meritevole "Che...anche se i demoni non esistono, la gente muore ogni giorno. I suicidi finiscono quasi sempre in una specie di limbo; ma chi viene ucciso, a volte, non può andarsene. Per questo ci abbiamo messo una bambola, perché lei non si sentisse sola".
"Chi è Hanne?" Chiese lui, con del sudore che gli bagnava la fronte. "Era una donna, nata in Danimarca e giunta in Italia per una vacanza...e, come tutte le donne, dopo un lungo viaggio, si immergeva in una vasca da bagno" spiegò la segretaria "torna in camera tua, Stefano, dove c' è la luce del giorno e non serve quella elettrica per illuminare tutto. Vai e preparati per oggi". Lui eseguì, mentre lei rimase ancora un po' a fianco di quell' abnorme bambola.

Quando il giovane tornò, Onofrio era già sceso. Al suo posto c' era il suo compagno di stanza di origine giapponese; intento ad armeggiare tra gli indumenti alla ricerca delle calze che si intonassero perfettamente con la camicetta trasparente e color vinaccio che indossava. "Ti sei messo in tiro!" Notò, osservandolo allacciarsi i bottoncini neri con stampato, al loro interno, il simbolo di un serpente.
"È festa" rispose "festa è bello!".
"La camicia è 'Made in Italy' però, non 'Made in China'!" Gli lanciò una frecciatina con i suoi occhietti piccoli e capricciosi. "Tutto quello che indosso è dell' Emporio Armani" tagliò corto.
"Ho io delle calze color vinaccio" aprì il primo cassetto del suo comodino, ne estrasse un paio e gliele lanciò "non le ho mai messe". Shiro guardò il cartellino appeso all' oggetto in caldo cotone e memorizzò la marca "VD" lesse "che marca è?"
"Le comprai su Amazon. Sono più che buone, prova a metterle".
"Se ne volessi un altro paio simile, ma di un altro colore?"
"Posso fartele avere se vuoi, ma dal mio Amazon, non dal tuo".
"Perché?". Stafano alzò le sopracciglia, con noncuranza "Ti faccio un regalino di Pasqua".
"VD, mi piace questo tessuto".
"È una marca per giovani...da dove vengo io..." poi si fece strada davanti allo specchio, mandandolo letteralmente 'a sedere'. Si spogliò tutto e indossò un completo grigio. Un altro rumore di vetri rotti. Il giovane asiatico fece per uscire. "Non andare di là" lo fermò l' altro "Fiamma non vuole".
"Cosa c' è di là?"
"Una stanza vecchia e maleodorante, che è bene che rimanga chiusa".

Intanto, a due piani più sotto, Mattia stava completando il suo capolavoro di Retorica. In realtà, era una semplice storia horror, con protagonista una ragazza, esattamente come tutte le altre; ma per lui era una delle sue opere migliori. Evitando le correzioni rosse sul foglio di carta, il racconto cominciava così: "C' era una volta una ragazza molto carina e gentile che, però, veniva sempre tormentata dagli zingari. Ovunque andasse c' era qualche zingaro o qualche tizio di colore che le chiedeva dei soldi. In realtà, la giovane protagonista non lavorava; dunque i pochi spiccioli che aveva nel suo portafoglio erano un 'regalo dei genitori'. Disperata, si recò da un parroco per farsi benedire; sperando che, dopo la benedizione, nessuno più l' avrebbe infastidita.
Per un po' di tempo, le cose andarono meglio. Dopo qualche mese, però, le si avvicinò di nuovo un' altra zingara, una donna questa volta. Essa era vestita tutta firmata ed era piena di oro addosso. "Per favore, dammi una moneta!" Le disse. La ragazza la guardò e notò che, certamente, a quella tipa non mancavano i soldi. Perché, allora, voleva le sue monete? "Solo una moneta!" Ripeté la zingara, dimenando il braccio e facendo tintinnare i braccialetti dorati. C' era qualcosa che non andava in lei. Si ostinava a fissare la ragazza con le sue pupille nere. La fanciulla abbassò, per un istante, lo sguardo; e, quando la riguardò, notò che il suo volto scuro era circondato da insetti. Essi uscivano dai suoi occhi, dalla sua bocca, dall' oro e dai vestiti firmati che indossava.
Terrorizzata da quella visione la ragazza si allontanò immediatamente da quel luogo e corse dal commissario a raccontare l' accaduto. Dopo che l' identikit della 'zingara' fu completo; i poliziotti scoprirono che, la sola donna della regione ad avere quelle fattezze era morta ben 10 anni prima.
La giovane decise, così, di far benedire il suo portafoglio; e, da allora, non la disturbò più nessuno".
Il suono di una campanella annunciò l' inizio del banchetto. Mattia chiuse il foglio a pergamena e, prima di raggiungere gli altri, lo sistemò sotto al suo banco.
Alle 11 del mattino la festa cominciò...

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