Il letto era morbido, tra i più morbidi che lei avesse mai visto. Si gettò sopra di esso e contemplò la soffitta scura "Come puoi dire che studiare qui non è bello?". Onofrio si sedette vicino a lei "Non ho detto questo. È che, alle volte, essere qualcuno è doloroso. Spesso, per avere successo nella vita, bisogna anche accettare di soffrire".
"C' è qualcosa di diverso in te, rispetto a molti ragazzi di oggi..." si tirò su e si strinse nelle ginocchia "i ragionamenti che fai mi ricordano di più un uomo del passato che del presente..."
"Sono solo un ragazzino capriccioso" ribattè lui "che si è ritrovato qui insieme a quattro amici ed è stato costretto a frequentare questo corso. Anzi, ti dirò di più, sono anche cattivo in realtà. Tu mi stai idealizzando troppo, Diamante. Non mi piacciono le regole di questo collegio e prendo in giro chi ne soffre. A volte mi sembra che il tempo si fermi, mi sembra di ripetere le stesse cose e rivivere gli stessi eventi. Passano i giorni e sembra tutto uguale: lezioni, litigi con gli altri studenti, castighi..." si sentì seccare la saliva in gola e ripeté, glaciale "castighi..."
"Come castighi?" Deglutì lei "Che vuol dire? Mi stai spaventando, Onofrio". Un rumore di oggetto che cade li distolse dai loro discorsi. "Aspetta qui, non ti muovere" ordinò a Diamante, poi uscì dalla sua camera. In corridoio stavano due figure femminili, entrambe con le trecce scure: una sembrava una ragazzina, un' altra era una bambola, alta quanto una qualunque undicenne. L' umana era in piedi, l' enorme giocattolo a terra.
"Rot-ta?" Si domandò l' adolescente, a braccia incrociate. Onofrio si avvicinò a lei "Sei la cugina di qualche studente o insegnante?" Chiese "Perché non sei fuori a goderti la festa?". Gli occhi curvi e spettrali della tredicenne si spostarono sulla bambola "Lei è mia sorella. Sono Sharpay".
"No, lei non è tua sorella. Lei è un giocattolo. Un giocattolo molto grande, ma comunque un giocattolo".
"Mi piacciono le bambole più piccole. Gioca tu con lui". Una voce in lontananza la richiamò. Era Stefano e la stava cercando "Sharpay, dai torniamo! Ho trovato le buste!". Onofrio analizzò meglio l' oggetto. Non era una bambola. Era un bambolotto, fatto di pura e fine porcellana; ad eccezione delle parti intime. Quelle erano fatte di silicone. Sentì la voce del bulletto in lontananza "Sharpay, dov' eri finita?"
"Ho provato a giocare con i maschietti, ma loro non giocano con le bambole" fu la risposta riduttiva della bambina.A poca distanza dal biondino e dal giocattolo, due studenti stavano parlottando tra di loro: "Ehi! Il gatto Gino è diventato una celebrità!" Diceva uno. "È il gatto di Fiamma. Allora è servito far venire qua i fotografi!" Commentava l' altro.
Quando passarono innanzi ad Onofrio e notarono l' oggetto che teneva tra le braccia, si misero a ridere. "Metti un vestitino a quel bambolotto! Gli si vede tutto!" Sghignazzò un ragazzo tatuato fino al mento "A quanto pare abbiamo qualcuno che gioca con le bambole qui!".
"Ehi! Vuoi due pugni?" Si difese l' interessato "Che dici, andiamo in sala studenti?"
"Cosa?" Digrignò i denti l' altro giovane, girandosi di tre quarti e mostrando l' elegante divisa della scuola, con tanto di fiocco beije e ricami sulla camicia "Oggi ho una pessima giornata. Sono arrabbiato, biondo!".
"Onofrio..." lo richiamò Diamante, che era appena uscita dalla stanza.
"Ringrazia il cielo che la mia ragazza è qui, razza di Joker pieno di tatuaggi, altrimenti sì che avresti avuto una brutta giornata!".
"Andiamocene, dai!" Disse l' altro alunno, mettendo il lungo e muscoloso braccio attorno alla schiena dell' amico "Non badare a quel biondo!".
"Perché è nudo?" Chiese la ragazza, dopo che si furono allontanati.
"Diamante, non lo so. L' ho appena trovato. Ci stava giocando una ragazzina credo..."
"E perché non se l' è portato via?"
"Diamante, io credo che noi siamo stati fin troppo in corridoio o nelle stanze. È meglio uscire".
"Già, il banchetto...avranno quasi finito tutto..."
"Forse se usciamo ora, qualcosa potremo ancora mangiare".
"E di lui che facciamo?"
"Per ora lasciamolo qui. Gli troveremo un vestito".
"È incredibile, sembra un adolescente vero! Eppure è solo una bambola". Una voce maschile, ma spenta, percorse il corridoio: "Bambolotto...amico...mio amico...mio...".
"L' hai sentita anche tu?"
"Diamante, usciamo di qui". La prese sotto braccio e la condusse fuori. Appena giunsero al termine del corridoio, il bambolotto si mosse e l' ombra di un uomo l' attraversò: "Mio amico...loro non capiscono. Loro non sono soli come me". Qualche istante dopo il giocattolo si sollevò e si sedette vicino al muro: "Io amico tuo, tu amico mio" continuò l' ombra "Io ora non più solo e io felice. Sì, io felice, amico".Il bicchiere di thè freddo non sembrava la bevanda più adatta alla stagione, eppure era tenuto elegantemente in mano da un uomo di circa cinquant' anni, ma molto distinto.
Portava un lungo mantello nero e cremisi, di un tessuto simile al velluto. Benché fosse il proprietario del collegio, si guardava spaesato tra la folla. Le sue mani erano coperte da guanti bianchi, come quelli di Topolino della Disney.
Due coniugi di colore, altrettanto maturi, si avvicinarono a lui: "Buongiorno, Fiamma ci ha detto che lei è il proprietario della scuola" proferì la donna, robusta e vestita in lilla, allungando una mano verso di lui.
"Sì signora, sono io" rispose prontamente, stringendogliela.
"Oh, siamo molto contenti che nostro figlio Simon si sia rimesso a studiare! Credevamo avesse deciso di non diventare nulla in questa vita!"
"Non si preoccupi, signora. I nostri docenti gli impartiranno un' educazione con i fiocchi. Suo figlio uscirà da qui migliore, in gamba e pronto ad occupare un posto privilegiato in questa vita; come tutti gli altri nostri studenti".
"Noi non sapevamo nemmeno che si fosse iscritto, ci ha mandato un vocale su Whatsapp".
"Diciamo che qualcuno lo voleva iscritto qui, signora". "Lei è molto cortese e distinto. Poca gente, oggi, ha rispetto per gli ideali di noi genitori, specialmente se siamo immigrati. Ci auguriamo che il nostro ragazzo diventi come lei. Ha sempre avuto qualche problema con i suoi coetanei. In America abitavamo uno dei quartieri più poveri della città e si metteva sempre nei guai. Un tempo la nostra famiglia era nobile; ma oggi, con i tempi che corrono, non è facile mettere da una parte il denaro... anche se il nostro trasferimento in Italia ha cambiato molto la nostra vita e quella dei nostri figli". Il preside si versò altro thè al limone, non notando che Simon si stava avvicinando: indossava una felpa rossa, firmata e slacciata, una maglietta bianca con una scritta nera e un pantalone classico, trovato nell' armadio. "Mamma, babbo... se non andiamo ora a mangiare la pasta al forno, gli altri finiranno tutto". Il padre, che fino a quel momento era stato in silenzio; guardò prima in direzione del rinfresco e poi, di nuovo, verso il proprietario della struttura "C' è la carne nella pasta al forno? Io sono vegetariano".
"In un tipo sì. Nell' altro no".
"Grazie signore, andiamo allora" lo salutò con un sorriso a 42 denti.Tuttavia, il loro posto fu subito preso da altri due genitori, questa volta biondi e un tantino snob. I Crumiri. "Gran bella scuola" affermò l' imprenditore, con capelli lunghi e chiari, raccolti in un codino e vestito Armani dalla testa ai piedi "mio padre la frequentò. A quanto pare la storia si ripete".
"Me lo ricordo suo padre, signor Crumiri". L' uomo si guardò il grosso anello di rubini portato gelosamente all' indice sinistro "Impossibile. È passato a miglior vita negli anni '80, quando noi avevamo ancora 20 anni. Temevo che, durante la guerra mondiale, questo collegio fosse stato distrutto; invece è ancora qui e più bello che mai. I miei complimenti. Mi avrebbe fatto piacere conoscere il preside di mio padre, ma presumo sia morto ormai".
"Se si riferisce al mio di padre, è morto alla veneranda età di 102 anni".
"Un centenario" alzò le sopracciglia "com' è che non ne hanno parlato in TV o sui giornali?".
"All' epoca in televisione passavano ben poche notizie di comuni cittadini".
"Un uomo nato nel 1917, morto a 102 anni. Strano che non ne hanno parlato qualche anno fa".
"Temo che sia nato un pochino prima di quella data, vista la mia età".
"Naturalmente" si riprese lui "mio padre faceva l' università qui. Era una delle prime scuole superiori e università create in Italia, prima che la guerra provasse a distruggerla..."
"Ci siamo salvati a quanto pare".
"Sono fiero che anche mio figlio studi qui. Questo luogo gli aprirà le strade. Si unisce a noi?" Mise un braccio attorno alla vita di sua moglie e andarono insieme verso il tavolo dei dessert. Il preside li seguì.
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Classe 1
HorrorDurante una forte tempesta, in una regione rovinata dalla pandemia, cinque giovani si perdono in uno dei tanti boschi verso le Alpi. Qui temono che la loro vita finisca per sempre, ma ecco che compare dal nulla una donna; la segretaria di un collegi...