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Onofrio non era abituato alle camere piccole. Solo quella di casa sua era grande quasi quanto un' intero salotto.
La stanza in cui l' aveva sistemato Diamante era, invece, più piccola di un soggiorno.
Guardò la coperta a quadri che lo copriva fino alle caviglie e la finestra antica alla destra del lettino.
Una cosa ce l' aveva quel materasso: era comodo... e, visti i segni che avevano lasciato sul suo corpo le iniezioni e le punizioni corporali; le sue membra non potevano chiedere di meglio.
Sentì Diamante armeggiare nelle altre zone della casa. 'Mi avrà perdonato?' Si chiese tra sé e sé 'Ma sì, se mi tiene in casa sua mi ha perdonato'.
Per un attimo volle chiamarla, poi però sentì le sue palpebre farsi pesanti. Fuori pioveva a dirotto e lui era, finalmente, fuori delle Otto Mura; anche se per poco.
S' addormentò poco dopo; pensando che, forse, non avrebbe fatto altri incubi.
Inizialmente, in sogno, vide una grande casa; con la banca di sua madre a sinistra e la posta a destra.
In mezzo c' era una stradina, sulla quale stavano circolando due bambine:
la prima era bionda ed esile, con una tutina e i capelli a caschetto. La seconda aveva i tratti decisi, era bruna e riccia; con due occhietti piccoli, a mandorla.
Erano differenti anche per carnato: mentre la più fragile era di nazionalità inglese, l' altra veniva dal brasile; benché i tratti afro- asiatici.
Improvvisamente si vide seduto su un triciclo, rosso fuoco e nero. Davanti e dietro di lui stavano i suoi amici, sempre sullo stesso mezzo di trasporto.
Vincenzo disse "Tre, due, uno" e lanciò in aria una moneta da 20 centesimi. Non appena l' oggetto toccò suolo, tutti e tre partirono; come in una gara.
Cominciarono a percorrere il tragitto che separava le due palazzine e lui passò vicino alla bambina più piccola.
Le tirò una manata sulla testa, come un fratello maggiore, e le toccò un po' i fianchi. Il tocco di Onofrio la rese ancora più bassa di quello che era e formò un piccolo broncio sul suo viso.
I tricicli continuarono a correre per il tragitto, finché non furono costretti a fermarsi, innanzi a un torrente.
Dall' altro lato della riva c' erano una signora di mezza età, con i capelli ricci e arancioni; e una ragazzina con le trecce. Quest' ultima teneva sollevato un lume ed era vestita tutta di nero, racchiusa in un abito lunghissimo di velluto, a collo alto. I suoi occhi avevano due grosse occhiaie e accusavano i cinque giovani di averle rubato il posto sul letto. Era tetra e torva, per essere una preadolescente. A un tratto, la signora al suo fianco si tramutò in un grosso uomo, senza volto, con un cappuccio di lino nero in testa. Sul suo corpo s' intravedevano le strisce fluorescenti di un rosa digitale. Era come un design macabro, fatto con un photoshop di un lontano futuro. "L' uomo è la morte, la donna è la vita" farfugliò il losco individuo, tornando femmina all' improvviso. I giovani abbassarono gli occhi per non vedere le sue pupille. Non aveva viso, ma quelle ce le aveva.
Quando li rialzarono, si ritrovarono al punto di partenza, davanti ai due grattacieli: la banca e la posta; mentre tutte e tre le bambine erano tra le braccia del losco individuo mutaforme.
I tricicli sparirono e si ritrovarono con le divise scolastiche.
La bambina più tetra di tutte chiese: "Nerio dorme lì, Simon dorme in mezzo,
Onofrio sul pavimento, Mattia dalla parte della finestra; e la bambina" si indicò "dove dorme?".
Nel dormiveglia sentì una voce che bisbigliava "Sono Sharpay".

                                                      In collegio:
Simon e Nerio attraversarono il corridoio tutti trafelati e raggiunsero la stanza ove Fiamma era solita riposare.
Batterono un primo colpo, leggero e breve. Poi un secondo, poco più forte. Infine un terzo, stavolta solenne.
Una mano rugosa, grigia e grave alla luce del lampadario, aprì il piccolo portoncino in legno, per metà consumato dalle tarme: "Che ci fate qui, a quest ora della notte?" Chiese assonnata una voce di donna, stanca ed enigmatica.
"Chi era Sharpay?" Tuonò Nerio, con tutta la voce che aveva.
"Siete giunti fin sotto la mia camera..." Fiamma uscì lentamente, con ancora il cappello bianco e la camicia da notte sgualcita "Solo per sapere chi era Sharpay? Cielo, ma sapete che ore sono, ragazzi?". Mostrò loro il vecchio orologio in pelle marrone, che segnava tetro le 3.
"Due gemelle sono entrate poco fa, nella nostra stanza, dicendo che era la loro e di Sharpay!"
"Quando va via la luce, è normale che abbiate di queste visioni; anni fa c' era una fabbrica, all' interno del bosco. È andata in malora e tutto il paese ha avuto problemi con le radiazioni. Alcuni dei suoi reflussi sono rimasti tutt' ora. Inoltre, voi siete sempre con il naso sui vostri smartphone e guardate un sacco di horror. Ciò non vi fa bene alla mente. Poi l' immaginazione galleggia troppo!"  E fece per chiudere la porta, ma i due ragazzi si aggrapparono alla maniglia.  "Chi era Sharpay?" Ripeté Nerio "Quella della fotografia in bianco e nero, nevvero?".
Fiamma sospirò: "E va bene. Entrate. Devo mostrarvi alcune fotografie".

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