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Onofrio:
Vi sono mancato? Io sono ancora qui, anche se molti non mi sopportano. Oggi c' è la festa della scuola. I vestiti che mi sono ritrovato nell' armadio non mi piacevano, così mi sono sistemato come volevo io. Ho messo una felpa grigia, dell' Adidas, con un giacchetto senza maniche in pelle nera e un jeans dello stesso colore. Se non altro, stare in questo collegio, mi impedisce di ficcarmi nei guai.
Vedo Diamante gironzolare tra i tavolini, colmi di pizzette e dolci. Mi ricorda una ragazza che conoscevo. È vestita con la sua stessa felpa e con lo stesso, identico leggings. Anche il suo portamento è molto simile. La persona di cui qui scrivo si chiamava Gioia. Era una romanziera, una poetessa e un' artista. Purtroppo però, non era famosa; benché la sua ortografia e il suo linguaggio fossero come di cristallo.
Un giorno, dentro a un' applicazione per cellulare, suscitò l' invidia e la gelosia di una scrittrice da quattro soldi. Le avevano pubblicato il libro su Amazon dopo averlo corretto mille volte.
Sta di fatto che ne disse così tante a Gioia da spingerla al suicidio. Era invidiosa di lei. Lei sapeva scrivere, quella 'scrittrice' no.
Gioia si gettò nel lago. Per giorni e giorni non ritrovarono il corpo. Poi la tirarono su, quando era già un pochino in decomposizione...
So che Diamante non farà la sua stessa fine; anche se mi rendo conto di quanto pure lei abbia sofferto, con una situazione come la sua...

Un' altra sberla e la busta di carta volò via. Raggiunse il banchetto dei dolci, si perse tra i tovaglioli di carta caduti. Il 'ragazzo dalle mani grigie' la cercò disperatamente. "Te la fai sotto a farti vedere in faccia?" Lo canzonò il suo aguzzino "Hai paura che gli invitati si spaventino?".
"Stefano, tu non capisci..." cercò di spiegargli, scivolando come un' anguilla sotto al tavolino imbandito. Il bullo raccolse la busta prima di lui e la strappò "Cosa c' è? Vuoi la tua bustina?" Lo derise "Non vuoi che ti vediamo la faccina? Hai paura che te la facciamo nera?".
Il giovane percorse a gattoni il tragitto che lo separava dal compagno di studi e mostrò, alla luce del primo mattino, un volto violaceo; con un occhio cucito e una pupilla blu oltremare che fissava chiunque la guardasse. "Che cavolo ti è successo?" Deglutì Stefano, affrettandosi a cercare un' altra busta vuota tra le provviste.
Lo schiocco di una frusta direttamente sui suoi slip, resi evidenti dal jeans nero a vita bassissima, lo portò ad allontanarsi dal bullizzato; mostrando il guaio che aveva combinato.
Altri due colpi di frusta e già il ragazzo sentì che aveva bisogno di massaggiarsi "Non lo sapevo! Mi dispiace!" Girò gli occhi verso l' addetto alla disciplina "Non mi faccia troppo male!" Lo scongiurò.
"Stefano, con te faremo i conti dopo" rispose l' omone calvo, legandosi ai fianchi la frusta appena usata "oggi è una bella giornata e nessuno deve rovinarla, chiaro? C' è una busta di carta dentro al cassetto dell' aula studenti. Vai a prenderla e rimedia al tuo danno".
"Sì, signore" disse quello, a voce bassa, già sentendo il sedere in fiamme.
La ragazzina con le trecce lo seguì. "Perché vieni con me?" Le chiese.
"Devo cambiare il vestito alla bambola, prima del tramonto".
"Presto dovrai cominciare a giocare con qualcos' altro, bambina".
"Con cosa?". Il tipo dai capelli ricci e corvini fece un sorrisetto divertito "I maschietti..."
"Ma i maschietti non giocano con le bambole".
"No, preferiscono le femminucce infatti, quelle vere".
Non era facile essere buoni in una società come quella del 2022. Non che i ragazzi non ci provassero; ma, tra loro, la rivalità era molto più forte rispetto al passato... specialmente se parliamo di una scuola fantasma, che ospita giovani o giovanissimi rampolli dell' Alta Società. Che le Otto Mura non ammettessero ragazze era un bene, in un certo senso; perché, così facendo, impediva ancora più odio tra gli studenti.
Mentre Stefano, in compagnia di Sharpay, cercava disperato le buste di carta; in giardino, due mani strette cercavano di raggiungere il sole.
Erano Onofrio e Diamante.
Lei era vestita con un semplice ma carino vestito grigio, della marca Takko fashion, con un cappuccio e delle calze scure. Sopra di esso portava un giacchetto di Jeans, celeste, della stessa marca.
Lui, invece, indossava una giacca nera e bordeaux, ricamata con motivi dorati, come quelle che si usavano nell' '800. L' aveva gratuitamente trovata nel suo armadio, come i pantaloni di Nerio giorni prima. Tuttavia, quei miseri indumenti trovati per caso non reggevano il minimo confronto con l' eleganza e la raffinatezza di quel prodotto. Onofrio era sexy e cool già con le sue tute sportive, figuriamoci con una giacca simile!
Sotto di essa portava un jeans nero, strappato, comprato qualche anno prima dalla Shein e una maglietta etnica colorata.
Entrambi i ragazzi erano stesi sul giardino. "Siete tutti bellissimi qui dentro, che cavolo!" Disse Diamante, tirandosi su e girando il capo a destra e a sinistra "Ma tu, Onofrio, attiri spesso più sguardi degli altri".
"Sarà perché sono biondo e somiglio a Draco Malfoy, che vuoi che ti dica?" Si girò di lato e, con i suoi occhi azzurri attraversò il profilo di lei, dall' attaccatura dei capelli fino alla fossetta sul mento: "Sono le persone come te che vengono private delle gioie più belle, in questo mondo; solo perché sono troppo belle anche dentro..."
"Non è vero, non sono così. Sono semplicemente sfortunata" cercò di alleggerire la questione "non sono come voi. Punto. Sono un pochino diversa".
"Mi aggrapperei alla tua luce soltanto per illuminare, anche solo leggermente, la mia tenebra, Diamante. Ancora non hai dato molto nell' occhio, ma presto tutti quelli che studiano qui si attaccheranno a te come api sul miele. Poi io non spiccherò più tra gli altri come adesso, non per i tuoi occhi, temo".
"Che stai dicendo? Sei il mio ragazzo, no?" Squittì immediatamente lei "A volte parli come un uomo del 1800".
"Non so neanche più se siamo realmente nel 2022. A volte mi sembra di essere bloccato nel tempo, in un luogo che non appartiene né al passato né al futuro..."
"Onofrio, sei soltanto in una scuola come un' altra. Tra alcuni mesi avrai l' attestato e potrai andartene. Certo, posso capire che sia più pesante di altre scuole, ma resta pur sempre una scuola".
"Diamante..." il suo sguardo era un mix di tenerezza e bisogno estremo di attenzioni "stringimi forte, più forte che puoi. Ho troppo bisogno di te". Lei eseguì. Quando il capo di lui raggiunse il suo orecchio, si sentì sussurrare "Tu non ti rendi conto di quanto sia doloroso stare qui. È da pazzi definirla solo una comune scuola. Da pazzi... E non voglio perderti. Non voglio finire distrutto".
'Distrutto' ripeté nella sua mente Diamante "Tu mi ami, Onofrio?"
"Sì, io ti amo".
"Anche io ti amo".

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