"Devi farmele tu queste punture..." la voce di Onofrio era seria, sofferente, chiara; mentre con gli occhi ancora lucidi guardava la pioggia che rigava le vetrate del lungo corridoio al terzo piano, incombendo con qualche tuono fluorescente sulla radura.
"Onofrio, io... non le so fare... le punture".
"Impari a farle, allora" le sue pupille azzurre, rese più luminose a metà a causa dei forti lampi, si spostarono su quelle scure di lei "Non capisci, Diamante? Devi imparare. Ne ho troppo bisogno. Ora posso farmele fare in infermeria ma... quando terminerò il corso, dovrò continuare a subirle per altri anni. E ho bisogno che impari tu..."
"Io... non..."
"Diamante, ti sta bene che gente sconosciuta veda il mio sedere ogni mese? Ti sta bene che mi tocchino gli altri?" S' innervosì "Non vorresti occuparti tu di me e basta? Io mi farei fare qualsiasi cosa da te e lo sai!"
"Certo che vorrei toccarti soltanto io e... occuparmi di te, ma quello che mi stai chiedendo è una responsabilità immensa..."
"No, non lo è. Io odio che mi vedano gli altri. Vorrei che solo tu mi vedessi come sono fatto sotto..."
"Onofrio, lo vorrei pure io... ma come imparo? Non sono neanche laureata ancora... e non promuovo agli esami da anni. Inoltre, sono anche non vaccinata. Chi mi potrebbe mai insegnare, eh? Chi?"
"Farò in modo che tu imparerai, anche qui a scuola semmai. Vorrei che mi facessi male soltanto tu, Diamante. Ti cederei il mio corpo su un vassoio dorato".
"Lo vorrei anch' io". Lui sorrise e la tirò a sé "Tu non devi preoccuparti di niente, capito? Di niente. Penserò a tutto io, incluso il modo di insegnarti". Lei, con la sua rosea e affusolata mano, gli sfiorò la schiena, raggiungendo poi le altre parti del suo corpo, anche quelle più intime. Avrebbe voluto averlo ogni giorno, ogni ora, ogni minuto. Verso di lui, talvolta, aveva anche pensieri burrascosi, violenti, come l' acqua che batteva con irruenza sulle finestre.
Avrebbe voluto fargli male e amarlo come nessuna.
Le sue parole avevano risvegliato in lei una parte del suo subconscio che non sapeva di avere, unita a una gelosia, forte e punitiva.
Se lo immaginava sulle sue gambe, con i pantaloni calati; oppure steso sul letto, mentre lei trafficava con gli aghi.
I pensieri con i partner, però, non sempre si possono realizzare appieno e Onofrio non era proprio un adolescente ribelle, pronto a sopportare qualunque cosa...
Sapeva che occuparsi di un uomo non era facile, specialmente se non aveva più 17 anni.
I pensieri istintivi, irruenti, dominanti o malati erano quasi sempre sottoposti alle leggi della razionalità.
Le avevano aperto le porte di quella struttura perché comprendevano la sua solitudine, specialmente se essa era derivata da una sua scelta.
"Tu vorresti comandare o essere comandato, se potessi scegliere?" Gli domandò, rischiando di soffocare in gola le ultime due parole.
"Entrambe le cose mi starebbero bene" ammise "però il dolore lo voglio per me!"
"Sei un masochista?" Deglutì lei.
"Mi piace essere punito, Diamante. Mi facevi così tetro?" Terminò la domanda con un sorrisetto tenebroso "Mi piace rovinare le cose che gli altri non sanno, non quelle che sanno... e mi piace sentire il peso delle mie azioni. Voglio sentire la carne che scotta, il dolore che posso sopportare... mi piace il rischio e vorrei che tu ti arrabbiassi con me, solo per dominarmi dopo. Non chiamarmi solo masochista, io sono pazzo del tutto".
"Va bene" raggiunse le sue braccia e lo strinse a sé "va bene, se è il dolore che vuoi, il dolore avrai. Posso parlare io stessa con Fiamma e convincerla ad insegnarmi, anche quando ci sei tu in infermeria, se vuoi. Però adesso promettimi che andrai a riposare. Hai subito un' iniezione pesante, ti starà facendo male..."
"Vieni su con me?" Era più una supplica che una richiesta.
"Sì, vengo su con te, Onofrio. Starò insieme a te finché non ti addormenterai"."Avete bisogno di una donna delle pulizie quassù..." esclamò Diamante, guardando i calzini sparsi qua e là sul letto di Mattia. "Dovrebbero essere puliti" alzò un sopracciglio Onofrio "Cerco di non metterlo nei casini stando zitto con il bidello... Se gli addetti alla disciplina se ne accorgono, glielo fanno zebrato quel sedere, da modello, che si ritrova!". La sua frase la fece ridere "Allora non metterlo nei guai, dai. Sii buono..." e, sedutasi sul letto, cominciò a riordinare gli indumenti gemelli.
"Non mi va che fai questo" le mani di lui raggiunsero le sue, stringendole "Mattia deve imparare a riordinare da solo le sue cose. Qui ci dorme lui, non noialtri". Diamante lanciò un' occhiata al materasso di Heric, sistemato alla perfezione e con il pigiama elegantemente ripiegato: "E lui?" Si chiese.
"Heric è preciso di natura. Lo definirei quasi un maniaco del controllo. Si è voluto iscrivere lui qui, roba da pazzi!"
"È così brutto studiare qui?"
"È doloroso, non brutto. E poi succedono delle cose, appaiono esseri strani, si fanno incubi. È un po' una 'scuola degli orrori'. È come se qua fosse sempre un po' Halloween".
"Io adoro Halloween".
"Anch' io, ma vorrei essere 'il mostro', non la sua preda!"
"Perché ti definisci preda?" Gli domandò, sfiorandogli i capelli e accarezzandogli la schiena sotto la felpa marrone scuro. Onofrio si era steso e girato di lato, lasciando la sua ragazza libera di toccare il suo corpo.La porta del mini appartamento era chiusa a metà, quindi, chi passava per il corridoio, poteva vederli. Dopo qualche minuto la chioma chiara e ribelle di Vincenzo attraversò il luogo. I suoi occhi nocciola chiaro lanciarono un' occhiata all' interno della stanza, poi passarono dritti, senza salutare nessuno.
"Non mi perdonerà mai" disse il biondino "spero che, anche uscito di qui, qualcuno continuerà a metterlo sulle gambe, se sarà necessario. Quel ragazzino è un delinquente nato!"
"Perché è così arrabbiato con te?"
"Diciamo che... mi sono permesso di spogliarlo un po', ma non per fargli un dispetto. Volevo evitare che lo spogliassero tutto, in realtà".
"Cosa?"
"Viviamo in una scuola di maschiacci, Diamante. Non ci lasciamo mai in pace".
"Ah, capisco". In realtà non aveva assolutamente capito.Vincenzo entrò come una furia nella sua camera e notò che la salopette era sparita, quindi chiamò Nerio e gli chiese spiegazioni. "Puzzava" tagliò corto l' interessato "l' ho semplicemente mandata a lavare".
"Me l' hai fatto apposta, vero?" Piagnucolò il sedicenne. Non ricevendo risposta, però, continuò a lamentarsi "Io vi odio! Odio te, odio Onofrio, vi odio tutti!" Poi si chiuse a chiave, in bagno e scoppiò a piangere.
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Classe 1
HorrorDurante una forte tempesta, in una regione rovinata dalla pandemia, cinque giovani si perdono in uno dei tanti boschi verso le Alpi. Qui temono che la loro vita finisca per sempre, ma ecco che compare dal nulla una donna; la segretaria di un collegi...