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La mattina seguente mi abbracciano tutti, e Roberto prolunga la sua stretta.

«Ci vediamo presto.» mi urlano.

Raggiungo casa di papà in tram. Suono al campanello ma non risponde nessuno. Ma giusto pochi minuti dopo vedo Marianna accanto a me.

«Bambina, come stai?» mi abbraccia. Si è ripresa molto bene dopo il parto, anche fisicamente.

«Marianna, mi sei mancata.» sorrido.

«Sei cambiata, si vede che stai meglio.» mi analizza.

«Dov'è papà?»

«A lavoro, io sono appena tornata. Vieni con me a prendere Lele?» annuisco contenta. Non vedevo l'ora di vedere mio fratello.

In macchina le racconto tanti episodi che mi sono accaduti mentre ero con gli altri. Le racconto dei nuovi amici, di quello che facevamo.

«Ci hai fatto spaventare quando non rispondevi al telefono. Papà ha chiamato Nicolò, e l'ultima serata lui non l'ha fatta. L'ha saltata per venire a cercarti. Poi ha detto che stavi al centro. Ce l'ha detto piangendo, ma non so come facesse a saperlo. Eri davvero li?»

«Sì, mi dispiace. Quando mi hanno detto che sarei uscita presto, avevo paura di essere di troppo. Non so perché sono andata via così. Avete ragione ad essere arrabbiati. Ma non volevo andare via piangendo.»

«Non siamo arrabbiati. Anzi siamo contenti che alla fine hai deciso di pulirti seriamente.»

«Ma perche giri qui?» questa strada la riconosco bene.

«Lele è qui.»

Scendiamo dalla macchina, lei col suo vestito estivo, io con la mia canottiera bianca e i mini shorts di jeans. Siamo davanti casa di Nicolò.

«Perché Gabriel é qui?»

«Nicolò ci ha aiutato molto in questi mesi, soprattutto quando ho ricominciato a lavorare.»

Ha un mazzo di chiavi in più Marianna. Penso sia lo stesso che una volta tenevo io.

«Sicuramente saranno fuori.» borbotta.

«Vieni qui, non scappare.» la voce di Nicolò è accompagnata dalla risata tenera del bambino. Vedo sbucare proprio quest'ultimo, che cerca di gattonare con velocità, ma viene preso in braccio da Nicolò. Lo tiene seduto sul suo braccio destro, mentre entra dal giardino. Ancora non si è accorto di me e di Marianna. È a petto nudo, e Gabriel solo col pannolino addosso, oltre alla bandana a coprirlo dal sole. Entrambi sono sporchi di colore, e non poco, sembrerebbe tempera. C'è una bella sintonia tra i due, entrambi sembrano pasticcioni. Il sorriso di Nicolò sparisce quando mi vede. Inizialmente si blocca, mi sento a disagio. Lo saluto con un cenno di sorriso, ma lui non ricambia. Va verso Marianna, e Gabriel abbraccia la madre. Pensavo fosse più facile. Avevo dato per scontato che, non essendoci più io come anello della catena, Nicolò avesse perso contatto con la mia famiglia.

«Ti sei divertito?» Gabriel ride con la madre. «È stato bravo?» chiede poi a Nicolò.

«Sì, l'ho portato un po' in acqua, poi abbiamo colorato. Ha già mangiato, comunque.» si comporta come se io non esistessi.

«Grazie, davvero.»

«Lo sai che lo faccio volentieri.»

Mi guardo intorno, non è cambiato niente. Poi mi pietrifico quando vedo che, sul camino, c'è ancora il foglio piegato. Quello che avevo scritto io, prima di andarmene. Oltre a Nicolò, anche il piccolo mi ignora.

«Posso tenerlo?»

«Certo.» prova a darmelo in braccio ma lui non vuole. «Dai, vai.»

«Non fa niente.» preferisco riprovarci lontano dallo sguardo di Nicolò.

«Allora ti lasciamo, ciao Nicolò.»

«A domani.» saluta.

Ci apre la porta, e prima di uscire rimango a pochi centimetri da lui immobile, a guardarlo. Ma i suoi occhi puntano altrove. Era prevedibile. Ma viverlo non ha lo stesso effetto che immaginarlo. Proprio davanti la porta mi videochiama Sabrina.

«Ehy.» rientro in casa per non farmi sentire da Marianna e soprattutto da Gabriel, non voglio cresca con l'idea di una sorella squilibrata.

«Allora? Sei libera?» ride.

«Sì.» fingo sia tutto apposto.

«Quando sei uscita?»

«Neanche un'ora fa.»

«Gli altri come stanno?»

«Bene, ti salutano. Hanno detto che quando saranno tutti fuori, organizzeremo una serata.»

«Ci sto, mi piace come idea. Io, te e Lucia, invece?»

«Lucia non andava a Milano?»

«È tornata due giorni fa. Usciamo stasera?»

«Stasera no, voglio stare a casa questi giorni. Però Sabato posso.»

«Allora poi chiedo a Lucia se va bene per lei sabato. Per me non ci sono problemi. Ma senti... i tuoi sono arrabbiati? Per quel discorso.»

«Mio padre non l'ho ancora visto.»

«E sua moglie?»

«Dice di no, dice che nemmeno papà lo è.»

«Visto che non c'era bisogno di preoccuparsi?»

«Già.» incontro lo sguardo di Nicolò, che sembra stia solo aspettando che io esca. «Ora devo andare, ci sentiamo.»

«Ok, ciao bella.»

Mette giù la chiamata, e Nicolò va in cucina. Sto per uscire, ma prima di toccare la porta, lo raggiungo, ma rimanendo sull'uscio.

«Volevo solo chiederti scusa, comunque.» non mi interessa se finge di fare cose per tenermi la schiena.

Raggiungo finalmente Marianna, e partiamo. Verso casa.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora