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A casa c'è assoluta pace. La luce è spenta in sala, totale buio interrotta dalla sola luce della televisione. Mattia è nella sua culla, accanto al divano. Nicolò invece si è sdraiato tra le mie gambe e sta usando il mio ventre come punto d'appoggio per il capo. Mi conferma di essere ancora sveglio solo quando, di tanto, muove il pollice accarezzandomi la pelle. Sono passate più di 8 settimane da quel confronto avuto con mio padre. L'ho visto diverse altre volte da allora, ma solo per portargli Mattia e fargli passare del tempo col nipote, com'è giusto che sia. Spesso però ho chiesto a Nicolò di accompagnare il bambino al posto mio, e quelle poche volte che sono andata, non ho scambiato molte parole con papà.

«Babe?» cerco di attirare l'attenzione di Nicolò, già in dormiveglia. «Mi fai alzare? Devo andare a fare la doccia. Ci metto poco, poi torno qui.»

Senza controbattere, mi libera quanto basta, dopo aver stampato un bacio debole su di una coscia. La fortuna di avere una casa tanto grande, è che con la porta chiusa è praticamente impossibile sentire la doccia aperta dalla sala, così come ogni altro rumore. Spero non si senta nemmeno il mio dar di stomaco. Era da tutto il giorno che mi sentivo alquanto strana, ma non mi aspettavo certo di arrivare sino a questo punto. Sotto la doccia, l'acqua si confonde con la paura delle lacrime. Voglio solo sperare sia un virus, un malanno preso per le strade. Non mi asciugo nemmeno i capelli, li lascio appena umidi con l'aiuto dell'asciugamano. Prima di tornare sul divano, mi controllo un'ultima volta velocemente il volto, con la speranza di parer calma e tranquilla. Stavolta mi sdraio, e l'abbraccio che mi da mi consola, anzi mi libera. Tanto da farmi sentire in colpa. Come se queste settimane fossi stata in pace con me stessa. Non so cosa mi sia passato per la testa quella notte. Ora ho una bellissima famiglia, che potrei rovinare con le mie stesse mani. Quasi comprendo la disperazione che provò Nicolò dopo il suo di tradimento. Lo guardo mentre tiene gli occhi chiusi. Lo coccolo un po' in viso, dalle guance al setto, fino a fermarmi sulle labbra.

«Sei sveglio?» dico sussurrando, sperando di non essere sentita o di capire stia in effetti dormendo.

«Sì.» continua a prendersi le carezze.

Chiudo anch'io gli occhi, e insieme ai denti stringo anche le dita dell'altra mano per darmi forza e coraggio, prima di pronunciare queste parole tanto pesanti.

«Domani devo comprare un test di gravidanza.»

Torno a guardarlo, sembra essergli passato improvvisamente tutto il sonno. Ci mette un po' a realizzare, ha anche bisogno di strizzarsi gli occhi per farlo, poi sorride. Contento ed emozionato. La mia espressione lo confonde probabilmente, troppa serietà per una così bella notizia.

«Non so chi sia il padre.» confesso poi con nessuna traccia più di lacrime negli occhi.

Rimane spiazzato, ma comunque legato a me col corpo. Mi analizza vari secondi, durante i quali scompare il suo sorriso, quello che più amo.

«Hai iniziato a vederti con qualcuno, dopo la nascita di Mattia?» domanda poi.

«No.» mi tremano così tanto le mani di paura. Temo queste possano essere le ultime volte di me tra le sue braccia. Le vere ultime volte.

«Quando è successo?»

«Il giorno che mi hai accompagnata da mamma.»

Ci mette poco a farsi due conti.

«È stato con Roberto?» chiede apparentemente calmo.

«Magari però è tuo.» tento in tutti i modi di sperarlo.

«Perché l'hai fatto?» sembra davvero si aspetti una risposta. «Per ripagarmi con la mia stessa moneta?»

«No.» dico convinta.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora