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Mi spavento nel ritrovarmi dietro le spalle Nicolò, nel suo silenzio, mentre mi lego le scarpe sportive.

«Dove vai?»

«Torno, tanto Mattia sta dormendo, e l'ho già allattato.»

«Torni per pranzo?»

«Sì, non dovrei metterci tanto. Vado a trovare mia madre.»

«Posso venire?»

Tenendogli ancora le spalle, mi blocco. Non so come reagire. Non me l'aveva mai chiesto. Un po' ne ero contenta, un po' infondo lo speravo lo facesse, prima o poi. Non nego mi piacerebbe finalmente presentare Nicolò a mia madre, dopotutto è l'uomo che l'ha resa nonna. Ma Mattia non può stare a casa da solo, dovrebbe venire con noi. Non riesco a capire se sia il caso o no. Certo non è un parco dove poter giocare con lui, ma un cimitero, però è anche vero che è tanto piccolo da non capire bene cosa lo circondi, e soprattutto tanto piccolo da non aver abbastanza memoria per ricordarsene a lungo. Ogni dubbio scompare come per magia non appena sento le braccia del ragazzo girarmi e avvolgermi in un abbraccio sentito.

«Sei sicuro?» gli sussurro, e come se fosse una mia necessità, la mia mano arriva ad accarezzargli la pelle nuda della schiena.

«Io vengo solo se me lo dici tu. A me piacerebbe, ma se non vuoi, non ti preoccupare.»

Rimango qualche secondo a farmi coccolare, è come se mi stesse curando un male che non sapevo di avere. Allontano leggermente la mia fronte dall'incavo della sua spalla, per essere in grado almeno di guardarlo dritto negli occhi. Mi stranisco nel vederlo sorridere, e subito dopo stamparmi un bacio sulle labbra.

«Svegliamo Mattia?» gli sussurro, e lo vedo annuire.

Tuttavia non ci muoviamo. Rimaniamo lì, fermi. Sembra non mi abbia visto mai prima d'ora. Come mi analizza capelli, occhi e poi le guance.

«Sei bellissima.» sembra commentare tra sé e sé.

Le sue mani che mi accarezzano mi fanno lo stesso effetto delle piante che fumavamo insieme. So che lui non ha mai smesso, ma io ormai da più di un anno non ne tocco una. Ma le sue mani, sì, le sue mani mi fanno decisamente lo stesso identico effetto. Mi passa un ultimo bacio sulla fronte, per poi condurmi, a dita perse incrociate, sino al lettino di Mattia, in camera di Nicolò. Riusciamo a trasferirlo nell'uovo senza svegliarlo, solo appena muoversi nel sonno. Ancora non mi sono abituata a vedere l'immagine di Tony Effe trasportare un neonato, suo figlio. Se solo ripenso a dov'ero fino a pochi anni fa, a com'era la mia situazione prima di conoscerlo...

«Da questa parte?»

«No, la prossima stradina.»

Finalmente arriviamo davanti alla lapide di mia madre. Con Nicolò poso i fiori comprati poco fa, rimanendo in silenzio a guardare la foto. Lo fa anche lui, non me ne accorgo subito.

«Le assomigli molto.»

«Me lo dicono tutti.»

«A che pensi?» vedo con la coda dell'occhio che ha spostato il suo sguardo su di me.

«Vorrei solo ricordare un po' più di lei.»

«Tuo padre mi ha detto avevi 6 anni, non ricordi proprio niente di lei?»

«Poco, vorrei fosse di più.»

«Guarda il lato positivo.»

«C'è un lato positivo?»

«Almeno qualcosa te lo ricordi. Potresti essere stata ancor più piccola. Tieni quei ricordi come tesoro, non pensare a come sarebbe stato se fosse successo diverso.»

Lì per lì non so nemmeno se nella mia testa sia il caso di dargli ragione. Certo è, che non l'avevo mai vista da questo punto di vista. Mi distraggo con dei piccoli lamenti di Mattia, che mi fanno prendere l'iniziativa di prenderlo in braccio. Penso di essere innamorata di questo bambino, e dei suoi occhioni soprattutto.

«E voi chi siete?»

Questa voce femminile e anziana mi fa voltare. La donna è affiancata da un uomo, il marito presumo. Non li ho mai visti prima d'ora, nessuno dei due, ma i loro volti cattivi ed arroganti mi portano alla difensiva.

«Chi siete voi, semmai.» tengo lo sguardo duro, così da non far trasparire timore, né nessun altro sentimento negativo.

«Noi siamo i genitori, quindi ora ragazzina spostati. Non è un parco giochi, in cui portare i figli e mostrar loro chi è defunto e chi no.»

I genitori di mia madre? Non posso far altro che farli passare davanti a me, rimanendo subito dopo immobile e in silenzio. Non ero più andata da loro, per conoscerli, e mai avrei pensato potessi farlo in determinate circostanze.

«Monica, tutto ok?» Nicolò me lo domanda praticamente all'orecchio, penso il motivo sia collegato al fatto che mi sento bianca in viso.

«Possiamo avere un momento di privacy, sulla sua tomba, o dovete rimanere qui ancora per molto?» è sempre la donna a parlare, come se mio nonno contasse poco per lei.

«Lucia è mia madre.» sussurro guardando la sua foto, in modo quasi non udibile, come stessi realizzando la mia parentela con lei, quando l'unica cosa a cui sto pensando in realtà è all'avere a pochi passi da me i miei nonni materni.

«Ragazza, usa voce se parli con noi. Te l'hanno insegnata l'educazione?»

«Lucia e mia madre.» ripeto più forte e più decisa, guardando l'anziana dritta negli occhi stavolta.

«Me lo sentivo ci fosse qualcosa di speciale in te.» finalmente sento la voce tenera del settantenne, o forse ottantenne che porta bene i suoi anni, non saprei. Non capisco come due persone con due caratteri così differenti, siano riusciti a stare uniti tanti anni insieme. La sua mano rugata, intenta ad assaggiarmi la guancia, non può che trasmettermi tranquillità.

«Non dire fesserie, ragazza. Non puoi essere nostra nipote. Mi rifiuto di sapere che nostra figlia abbia deciso di fare famiglia con quello squilibrato di un cuoco.»

«Mi dispiace deluderti, ma loro due si amavano davvero. Forse non conosci questa parola.» questa donna mi sta antipatica, e la conosco da appena due minuti.

«Sai vero che tuo padre è l'unico vero responsabile della morte di nostra figlia?»

«È morta in un incidente.»

«Non te l'ha mai raccontato, vero?» non so come faccia anche ora a tenere quel sorriso beffardo stampato sulla faccia.

«Sono passati anni, lasciala stare.» ma la moglie sembra far orecchie da mercante alla sua voce.

«Se è morta, l'unico colpevole è tuo padre.»

«Perché ce l'hai tanto con lui?»

«Se non fosse stato per lui, Lucia a quest'ora sarebbe ancora con noi. Tua mamma ha fatto un incidente, ma ti hanno detto chi guidava l'altra auto?»

Rimango di sasso, per quanto cerchi inutilmente di non darlo a vedere. Mi scongelano solo le dita di Nicolò, che ha voluto mettersi in disparte durante tutti questi minuti.

«Andiamo, Monica.» si prepara per allontanarsi col bambino in braccio.

«Aspetta.» mi ferma l'uomo, già abbastanza in là così da non farci sentire dalla moglie. «Io vorrei conoscerti meglio.»

Non riesco molto a collegare, in questo momento. Interviene però Nicolò, vedendomi forse fin troppo scossa per capire.

«Può venire quando vuole, Monica voleva conoscervi già da tempo.»

«Anche ora?»

«Chi era nell'altra macchina?» ho bisogno di una risposta ora.

«È passato tanto tempo.» sembra voler nascondere qualcosa.

«Chi c'era?»

«Lascia stare, non c'è motivo che tu stia male ancora.» si intromette il cantante.

«Quindi tu lo sai?»

«Era tuo padre.» mi accarezza la mano mio nonno, come per consolarmi.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora