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Andando nei mesi a seguire, fisicamente non sono mai riuscita a riavvicinarmi a Nicolò. Ho come l'impressione che questo implichi un distacco generale del nostro rapporto. Mi spaventa tanto questa cosa. È un periodo in cui ogni scusa è buona per avere un crollo emotivo. Spesso lui mi sta accanto, ma altrettante volte nemmeno se ne accorge. So comunque di non essere da sola, accanto a me rimangono soprattutto Dylan e Roberto, oltre a una serie di altre persone speciali. Di Giovanni nessuna traccia. Come sparito dal nulla, dopo quella notte.

Abbiamo scoperto che aspetto un maschio. Lo chiameremo Mattia. Mattia Rapisarda. Ci abbiamo messo un po' per trovare un nome che piacesse a entrambi.

«Dove ceni?» mi domanda accarezzandomi il braccio, mentre entrambi siamo a letto.

«Pensavo lì. Ma per te è un problema?» io invece lo abbraccio, usando il suo braccio come cuscino.

«Certo, piangerò.» sorride ironico. «Mi consolerò in qualche modo.»

Lo guardo sorridendo. Poi gli do un bacio a stampo, sorridendo.

«Ti accompagno?»

«Pensavi di lasciarmi andare da sola a piedi?» lo guardo offesa.

«Sei incinta, non posso.» i suoi occhi mi disarmano.

«Quindi non fossi stata incinta che avresti fatto?»

«Ti avrei fatto prendere la patente.»

«Ancora?» alzo gli occhi al cielo.

«Quando sarà nato Mattia promettimi che ti iscriverai a scuolaguida.»

«Non lo farò, basta.»

Mi guarda dispiaciuto.

«Perché? Hai così paura?»

Rimango in silenzio, per diversi secondi.

«Mia madre è morta in un incidente.»

«Lo so.» mi sussurra dopo istanti senza dire niente, stupendomi. «Tuo padre si era sfogato con me, tempo fa. Quando tu non c'eri. E me l'ha detto. Ho sempre insistito proprio per questo. Volevo aiutarti a superarla.»

«Non sono pronta.»

«Non c'è fretta.»

«Il punto è che non penso la prenderò mai.» non diciamo più niente, senza interrompere il nostro scambio di sguardi.

La mano di Nicolò arriva al ventre, fermandosi ad accarezza. Il suo volto, invece, si nasconde appoggiandosi sulla mia spalla, facendomi sentire il suo respiro sul collo. Le labbra segnano dolcemente diverse volte la pelle, poi si trattiene.

«Mi manca fare l'amore con te.» biascica.

«Non ce la faccio ancora. Magari dopo il parto...»

«Io aspetto finché tu sai di potercela fare, non ti volevo mettere fretta.» interrompe.

Non sono riuscita a tornare a casa prima di notte fonda. Essere al penultimo mese di gravidanza e camminare da sola per queste vie, fa ancor più paura. Cerco di non far casino entrando in casa. Nicolò non sa nemmeno che sarei tornata a casa, e sarà già a dormire. Gli avevo detto che avrei passato la notte da papà.

Speravo si sarebbe consolato in modo diverso. La porta della camera non è nemmeno chiusa, è accesa solo un abat-jour. Ma quella schiena femminile nuda, che con costanza si muove avendo le mani di Nicolò ferme sui fianchi, sono immagini che si identificano bene. Non ho bisogno nemmeno di vederla in faccia, mi bastano quei lunghi capelli biondi per capire che si tratta di Elisa, meglio conosciuta come Taylor Mega.

Il resto non mi importa ||Tony Effe||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora