9 •I want to break free•

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Da bambino mi piaceva restare per conto mio

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Da bambino mi piaceva restare per conto mio.
Poteva sembrare una bugia dato che quale bambino vorrebbe restare solo?
A quell'età, durante l'infanzia, i bambini volevano sempre qualcuno con cui giocare e sperimentare nuove cose.

I fratellini creavano piccoli costumi da supereroi con le mutande colorate messe sui capelli, gli occhiali grossi e neri e gli asciugamani come mantelli.
Le sorelline pettinavano le bambole, le vestivano oppure litigavano per quale delle due dovesse sposare Kent.

Alla scuola materna si imparava a condividere i giochi, senza litigare o prendersi a schiaffi ma in fin dei conti, tutti noi, almeno una volta, avevamo litigato per un gioco.

A me invece piaceva restare da solo, farmi i fatti miei, giocare con i miei giocattoli oppure guardare i cartoni con mia madre.
Non ero mai stato un tipo molto socievole, soprattutto perché al Liceo non me ne avevano mai dato l'occasione.
Erano più le volte che finivo pestato in un angolo che quelle in cui facevo amicizia.

Sembra strano detto da uno che poi è diventato uno dei ragazzi più belli del mondo secondo Vogue o che possedeva milioni di dollari sul suo conto bancario o che, meglio ancora, aveva ospitato una sfilza di amanti nel suo letto.
Non mi era mai importato niente.

Ne i soldi, ne la fama o gli amanti.
La popolarità, il tuo nome affisso ovunque, la tua storia sulla bocca di tutti.
A me importava correre, diventare un pilota e basta.
Anche quando il mio nome aveva iniziato ad essere qualcosa di più, non mi era mai importato.

Correre era stato e continuava ad essere il mio unico e solo obbiettivo.

La mia mente era affollata di pensieri.
O meglio, un solo pensiero continuava a vorticare ininterrottamente tra le pareti del mio cranio.
Da quando Daniel aveva interrotto il mio momento con Yoongi, il mio cervello si era spento. Fortuna che il mio corpo sapeva guidarmi piuttosto bene anche senza la mia piena collaborazione.

Avevo raccolto Lando dal pavimento del privè in cui l'avevo lasciato e l'avevo preso in braccio come una sposa, uscendo dalla porta sul retro del locale per non farci assalire dai paparazzi o da fan troppo indiscreti.
Il mio autista personale, mi aveva dato una mano a caricare il ragazzino in macchina ed ero riuscito a non fargli vomitare la Volvo nuova di zecca solo per miracolo.

Arrivati in Hotel, il povero Lando aveva vomitato deliberatamente in un aiuola del giardino ben curato e mi dispiacque davvero per quei poveri fiori e soprattutto per il giardiniere dell'Hotel che la mattina dopo si sarebbe trovato una schifosa e maleodorante sorpresa non richiesta.

Lo trascinai praticamente privo di sensi verso la sua camera e contattai il suo agente perché non lo lasciasse solo per neanche un minuto.
Non volevo lasciarlo solo ma al tempo stesso, avevo bisogno di un minuto per stare in solitudine e chiarirmi le idee.
Non sarei stato di nessun aiuto a Lando se non fossi stato del tutto lucido delle mie azioni.

Con il suo agente, John, riuscimmo a fargli mangiare un pacchetto di crackers distrutti trovati nella sua valigia che almeno lo avrebbero aiutato a contenere e calmare le crisi di vomito e poi lo mettemmo a letto come un bambino.
L'indomani mattina lo avrei ucciso. Non sapevo perché avesse bevuto così tanto ma non pensavo che potesse diventare così irresponsabile.

The Last Race/YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora