15 •False illusioni•

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Yoongi

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Yoongi

Khalil Gibran diceva: "Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici."
Non ci avevo mai creduto.
Neanche per un secondo.

Odiavo ergermi come vittima triste e sconsolata ma speravo che nessuno potesse mai patire il dolore che avevo attraversato io nella mia vita.
Sapevo anche che non ero stato il più sfortunato. C'era qualcuno messo peggio di me, ci sarebbe sempre stato qualcuno più sfortunato di me al mondo.

Però a volte, ero egoista.
Mi comportavo appunto da vittima e urlavo al cielo: "perché a me?"
Era lecito chiederselo dopotutto. Quando eventi drammatici e sfighe si ripercuotevano su di te ininterrottamente, era giusto domandarsi come fosse possibile aver accumulato così tanta iella, no?

Non chiedevo una vita perfetta e immacolata. Non l'avevo mai chiesta neanche da bambino.
I miei genitori erano sempre sull'orlo del baratro dopo che la piccola impresa edile che gestiva mio padre, andò in fallimento.
Crescere nel sobborgo più povero e malfamato di Daegu, non era semplice e soprattutto non era per tutti.

Avevo iniziato ad aver paura dei miei vicini di casa a 10 anni, quando gli vedevo che fissavano ogni tuo movimento da dietro le tende della finestra.
Probabilmente anche loro avevano paura di me e pensavano di me le stesse cose, ovvero che fossi un delinquente, uno che spacciava o ti rompeva i finestrini della macchina.

Gli atti di vandalismo erano all'ordine del giorno nel mio quartiere. Si sentiva di tutto tra rombi di colpi di pistola, urla disumane di non sapevo bene cosa, litigi violenti e colpi contro i muri.
Mia madre odiava uscire anche solo a fare la spesa e il mini market distava appena 6 metri dalla porta di casa nostra.

Mio padre, nonostante le difficoltà nel trovare un nuovo lavoro, aveva preferito mandarmi a scuola dall'altra parte della città pur di non farmi rischiare la vita in quel buco di scuola che avevamo nel nostro quartiere.
Si sentivano racconti tremendi su quella scuola. Si diceva che erano tutti divisi in gang, che picchiavano i ragazzi più piccoli e anche qualche professore era stato aggredito.

L'unica cosa che avevo erano le macchine. Quando mio padre trovò lavoro in un officina, avevo 14 anni.
Non era tardi per iniziare a imparare l'arte della guida ma senza soldi, non sarei mai andato da nessuna parte. Le gare nei go kart costavano parecchio e se volevi iniziare a farti un nome, avevi bisogno di allenarti tantissimo e diventare davvero bravo.

Mio padre si spaccò la schiena per farsi inserire come manutentore di kart e da lì, riuscì a farsi degli amici che, vedendo il mio talento, vollero finanziarmi e aiutarmi.
Il mio nome iniziò presto a circolare nel mondo delle macchine perché ero giovane, bravo, con una storia commovente alle spalle che faceva sempre piacere ai giornalisti e ai paparazzi.

The Last Race/YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora