4 •Il tempo passa•

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Quel giorno mi ero svegliato stranamente agitato

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Quel giorno mi ero svegliato stranamente agitato.
Avevo passato una notte infernale, rigirandomi più volte tra le lenzuola bollenti del mio letto d'hotel senza riuscire a prendere realmente sonno.

Nonostante volessi mostrarmi forte, risoluto e indifferente, il futuro che mi aspettava mi metteva alle strette. Ero felice di aver finalmente preso una decisione contro mio padre ma sapevo anche che essermi messo contro di lui, mi avrebbe portato un'altra serie di problemi.

Avevo rilasciato una lunga esclusiva a November e mi aveva promesso che l'articolo sarebbe stato lanciato sui media durante la conferenza stampa. Volevo che fosse così perché volevo che l'argomento maggiore di cui parlare quella mattina, fosse proprio il mio trasferimento.

Mio padre l'avrebbe odiato e io l'avrei messo in difficoltà davanti ai giornalisti. Non potevo chiedere di meglio onestamente.
Eppure c'era qualcosa che mi preoccupava. Non a livello sentimentale perché di mio padre ormai non m'importava niente.

Non aveva mai fatto il padre dopo la morte della mamma e allontanarmi finalmente dal suo nido di odio e rancore, era solo una cosa positiva per me.
Ero più preoccupato per il futuro che mi attendeva. Avevo paura di non saperlo gestire, di rovinarlo perfino.

Credevo in me stesso e nelle mie capacità ma alla Mercedes nessuno l'aveva mai fatto se non Sammy e qualche altro tecnico del team.
Avevo paura che neanche alla McLaren avrebbero creduto davvero in me. Temevo che Zak Brown mi avesse preso solo per fare un torto a mio padre, il che sarebbe stato più che comprensibile. Non me ne sarei sorpreso dopotutto però ci sarei rimasto male.

Volevo camminare con le mie gambe, volevo correre con le mie sole forze, volevo vincere senza sotterfugi, volevo vincere il posto sul podio che davvero meritavo.
Senza permettere al team di mettermi da parte, di trattarmi come secondo pilota o di rabbonirmi solo perché mio padre pagava loro lo stipendio a fine mese.

Volevo essere solo Jimin, il pilota di Formula 1 che si era fatto il culo pur di arrivare al podio. Pur di correre su una monoposto veloce come un fulmine.
Volevo il mio nome il più lontano possibile da quello di mio padre ma la domanda che continuavo a pormi era: ne sarei stato all'altezza?

Senza mio padre e i suoi agganci, sarei riuscito ad essere il pilota forte e veloce che ero stato per tutti quelli anni?
Forse dopotutto, non credevo così tanto in me stesso.
Ero stato abituato ad essere viziato, ad ottenere sempre quello che volevo. Non ero mai stato sgridato per il mio pessimo comportamento, quando meritavo le penalitá in gara, nessuno osava darmele per paura.

Ecco quello che mio padre aveva costruito. Aveva fatto di me un burattino da muovere a proprio piacimento, un pilota da temere, un mostro che tutti odiavano e disprezzavano.
Alla McLaren non avrei avuto il mio posto d'onore però. Dovevo sudarmelo, dovevo meritarmi il posto in scuderia e soprattutto dovevo meritarmi la vittoria.
Quello mi spaventava a morte.

The Last Race/YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora