«Okay, Beth, puoi rivestirti» sussurro alla ragazzina, che chiude le gambe lentamente e si stende, massaggiandosi la pancia.
«Quanto tempo credi che manchi?» mi chiede dolcemente.
Mi tolgo i guanti monouso che mi ha procurato Evan qualche giorno fa. Stasera, finalmente, vedrò da dove arrivano tutti questi prodotti di contrabbando, se non è ancora offeso da ieri. In questo caso, tanti saluti alla mia unica occasione di fare qualcosa di vagamente divertente qui dentro.
«Non lo so, tesoro» le rispondo. «Per ora e per fortuna non c'è dilatazione. D'altronde, sei di trentasei settimane circa adesso, no?»
Annuisce.
«Senza ecografo non posso essere totalmente sicura che il bambino sia cefalico, ma tastando un po' la pancia credo che ancora non si sia girato.»
Beth si mette a sedere, appoggiandosi sui gomiti. «Che vuol dire?»
«Cosa?»
«Tutto quel che hai detto fino ad ora.»
Metto la scatola dei guanti nella mia valigia, a cui do un calcio per mandarla sotto al letto.
«Cefalico vuol dire che la testa del tuo bambino va verso la tua vagina, mentre il contrario, ovvero come penso sia posizionato adesso, è podalico, cioè con il capo sotto al tuo stomaco.»
«E può nascere in entrambi i modi?»
Scuoto le spalle. «I bambini nascono sempre» la informo, mettendomi seduta sul mio letto. «Sarebbe solo più comodo e facile per tutti se fosse podalico.»
Mi sorride. «Speriamo proprio di sì.»
A questo punto, mi irrigidisco, ma cerco di non farglielo capire. «Allora, Beth» mi azzardo. «Hai qualcosa da dirmi o da chiedermi?»
La ragazzina scuote la testa. «Per adesso non ho domande.»
«Chi...» tossisco. «Chi vuoi che assista al parto?»
Si accarezza di nuovo il ventre, appoggiando la schiena al muro. Lascia penzolare le gambe dal letto.
«Sicuramente voglio Anne» afferma, come mi aspettavo.
«Certo» acconsento. «E poi?»
Mi rivolge i suoi occhi con una tenerezza che sembra quasi compatirmi e, davanti a lei, mi sento minuscola.
«Grace?»
«Dimmi.»
«Non c'è bisogno che tu trovi sotterfugi» mi rimprovera. «Se vuoi sapere qualcosa, basta chiedermelo.»
Stringo gli occhi. Sono un'attrice pessima. Poso gli avambracci sulle cosce, sporgendomi in avanti. «Mi dispiace, da morire. Quando vorrai, mi dirai ciò che vuoi.»
Beth mi fissa, ma se ne sta in silenzio.
«Okay» bisbiglio. «Vado giù, se c'è qualcosa tu chiama pure e...»
Mi interrompe. «Io voglio raccontarti.» Mi lascio sfuggire un mormorio, mentre mi alzo e faccio per andarmene. «Solo, non ora. Non mi sento pronta. Devo sistemare delle cose.»
Tipo John, Beth?
***
Ormai sdraiata e assonnata, ho perso le speranze che Evan mi porti a vedere dove trova tutta quella roba che non dovrebbe assolutamente stare qui.
Mi stendo con le mani congiunte sotto la testa, pensando che domani, in un modo o nell'altro, dovrò cercare di inventare qualche scusa plausibile per mia madre che non sento da almeno tre giorni, nonostante abbia visualizzato le foto del nostro gatto e le abbia risposto praticamente a monosillabi.
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Out of place - Questione di "ovunque".
ChickLitGrace è un'ostetrica disoccupata che sta per essere sfrattata dal suo appartamento; salvezza e condanna è la sua migliore amica Rachel, una ricercatrice filosofica a cui piace sparire per giorni, alla soglia del matrimonio, che si innamora di un met...