Sinceramente, non posso credere a quello che sto facendo. Quando siamo andati da Meredith, in piena notte e svegliandola, a chiederle una cesta di vimini, io ed Evan, ci ha detto che eravamo tutti degli idioti. Ce l'ha tirata fuori da un vecchio baule e vi ha adagiato tre o quattro lenzuolini invernali sofficissimi. Il fatto di dire di aver trovato una bambina fuori dalla porta della chiesa e che io l'abbia trovata perché avevo la nausea e sono uscita a prendere aria, corredando il tutto con un bigliettino da parte di una sconosciuta, mi fa alquanto rabbrividire.
«Prima o poi mi porterete questa bambina o aspetterete che arrivi da voi a piedi rischiando di lasciare un'anca per strada?»
Evan ha alzato gli occhi al cielo. «Nonna, non sei così tanto vecchia.»
Meredith ha fatto scoccare la lingua sul palato. «No, infatti, sono fresca come una rosa.» Si appoggia allo stipite della porta. «Ho i reumatismi, maledetto nipote ingrato. E voglio vedere la mia pronipote.»
«Te la portiamo in serata» le ho detto rapida, anche perché il tempo iniziava a scarseggiare. «Dobbiamo andare a comprare un tiralatte per Grace, perché Evan possa portarla anche fuori dal villaggio e in giro senza che nessuno si insospettisca.»
Meredith uscì sulla sua veranda dipinta di un colore meraviglioso, un verde salvia che avrebbe fatto invidia ai migliori cottage irlandesi. Casa sua è davvero lontana dalla civiltà, se così possiamo dire, e se così possiamo intendere "davvero lontana". Nel raggio di due chilometri ci sono soltanto lei e un altro vecchietto, uno scapolo che aveva corteggiato Meredith in giovinezza. C'è la pace. Stende i panni direttamente sulla staccionata e non ha paura di fare e dire cose troppo poco amish e che gli altri si insospettiscano passando davanti a lei, semplicemente perché non ci capita mai nessuno.
«Mi spiegate una cosa?» ha sospirato. «Come farete a spiegare dove avete trovato quel latte?»
Io ed Evan, ad un tratto, ci siamo guardati sorridendo. Sapevamo perfettamente che ce lo avrebbe chiesto e noi ci abbiamo pensato per tutta la notte. In camere separate, ovviamente. Purtroppo.
«Non c'è nessuna donna qui che sta allattando. Hanno tutte partorito da troppo, oppure sono incinte di pochi mesi.» Evan si gratta la barba, anche perché sa di aver detto una cosa ovvia, per Meredith. Lei sa sempre tutto. «Quindi, chiederemo un permesso al Consiglio. Prima al pastore, poi al Consiglio.»
Meredith ha strabuzzato gli occhi, accentuando le minuscole rughe che la rendono così reale, così bella. «Vuoi chiedere a Lancaster di comprare del latte artificiale? Dall'esterno?»
«Quell'uomo è facile da manipolare» risponde lui. «Pensa, ha detto che Grace è una ragazza così mansueta e tranquilla.»
Ha ricominciato. Bene. Gli ho tirato un pizzicotto sul braccio, che chiaramente non ha avvertito neanche un po'. Stupido gigante buono.
«Io sono mansueta e tranquilla» protesto a bassa voce.
«No» mi ha corretto lui. «Tu sei una maledetta pazza.»
«Ma tranquilla, Grace, a noi piaci così» mi ha rasserenato Meredith e io non ho potuto fare altro che sorriderle, sentendo affluire il sangue sulle guance che, ho scommesso, sono diventate rosse.
Quando l'abbiamo salutata, abbiamo camminato fino a casa con le mani vicine libere, fianco a fianco. Ho sentito una tensione particolare. Ho mosso le dita, quasi come elettrizzata, aspettando che lui me le prendesse e le stringesse tra le sue ed Evan, più di una volta, ha lasciato ciondolare il braccio, tanto che col polso è persino arrivato a sfiorarmi, ma nessuno dei due ha fatto quel passo. Lo avrà evitato per via delle persone, ma non abbiamo incontrato letteralmente nessuno alle quattro e mezza di notte e anche di giorno, sinceramente, non è che di gente ne circoli poi tanta.
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Out of place - Questione di "ovunque".
Chick-LitGrace è un'ostetrica disoccupata che sta per essere sfrattata dal suo appartamento; salvezza e condanna è la sua migliore amica Rachel, una ricercatrice filosofica a cui piace sparire per giorni, alla soglia del matrimonio, che si innamora di un met...