Andarmene. Un mese fa sapevo perfettamente che sarebbe accaduto, una volta che Beth avrebbe imparato ad attaccare correttamente al seno il bambino. Un mese fa era normale pensare che qua non sarei voluta rimanere un minuto di più. E in trentanove giorni le cose non possono cambiare così tanto, no? No.
Eppure, quando da sdraiata sento la porta di Evan sbattere e il respiro di Beth scivolare nel buio, una lacrima mi sfugge dagli occhi. Troppo. Troppo tutto insieme. Perché piango?
Non ha alcun senso.«Invece ha perfettamente senso» mi sussurra la nonna all'orecchio, appena dietro di me.
Mi prende un colpo, considerando che sto sprofondando in un'enorme... No. Non è vero.«Nonna, mi spieghi perché mi hai portato in una vasca di palline?»
Mia nonna si struscia la bocca, scoprendo il suo diastema che le aveva fatto vincere il titolo di reginetta del ballo più di una volta negli anni settanta.«Per fartele ingoiare una a una finché non ti dai una svegliata» mi dice, dura. La rete rossa non ci lascia che una spettacolare visione di un cielo al tramonto. E la mia schiena, appoggiata in una marea informe di palline gialle tutte uguali, inizia a prudere.
«Io non capisco perché ogni tanto appari e poi non mi dici niente di tutto ciò di cui blateri» ribatto, rendendomi conto di star letteralmente parlando con me stessa.
«Perché mi rifiuto di pensare di aver cresciuto una tonta» mi rimprovera.
Sto praticamente dicendo a me stessa che sono un'idiota. Grandioso.
Va bene che il visetto dolce della mia nonnina rende tutto un po' meno traumatico, ma se esiste un mondo al di là di questo - e lo spero, perché non vedo l'ora di rivedere un sacco di gente - detesto credere che sappia in che razza di guazzabuglio mi sono cacciata.«Nonna, io...» balbetto. «Io continuo a sentire di non essere al mio posto.»
Lei sbuffa, sdraiandosi meglio. Le sue lentiggini, così simili alle mie, splendono al crepuscolo. E sembra tutto così perfetto e reale che mi aggrappo con le unghie e con i denti a quella mia piccola realtà.«Hai mai pensato che il tuo posto possa essere dappertutto, Grace?»
Trattengo il respiro. Non ho capito, ma ho capito. È così difficile da spiegare. La nonna mi fa segno di avvicinarmi e obbedisco, zitta zitta, come se fossi convinta che sta per rivelarmi i segreti più reconditi dell'universo. In un certo senso, forse.«È come se non capissi quando è il momento di rimanere e quando di andare.»
Mi mette un braccio attorno alle spalle, costringendomi dolcemente a posare la testa sulla sua spalla. Mi accarezza la guancia, facendomi sentire il gelo della sua fede d'oro.
«Tu rincorri te stessa, pulcino» sussurra. «Sei costantemente impegnata a comprendere come sentirti incastrata nell'angolo giusto e non ti accorgi che, per gli altri, tu sei sempre nel luogo giusto al momento giusto.»
Tiro su col naso. «Ti riferisci a Evan?»
«Anche a lui. Per quanto abbia usato modi sbagliati, quello che ti ha detto è vero, pulcino. Lo sai anche tu.»
Annuisco. «È vero. Ma pensavo che...»
«Che Evan volesse condividere qualcosa in più con te?»Non rispondo, ciononostante chi tace acconsente.
«Guarda, Grace, che lui vuole eccome. Tu, però, non gliene dai l'occasione, perché ogni qualvolta che ti mostra la sua fragilità tu lo mangi con tutti i vestiti.»
Mi alzo di scatto, sconvolta da me stessa, o da mia nonna, o chicchessia.
«Mi ha trattata male. Quella non è fragilità.»«Pulcino» mi richiama dolcemente. «I suoi genitori sono morti, ha odiato il suo migliore amico per anni per proteggere sua sorella, che alla fine era la causa di tutto questo casino. Si è ritrovato padre e madre di due ragazzine, cercando di non perdere la stoffa del fratello maggiore, e la più piccola delle sorelle è rimasta incinta di un ragazzino che ha fatto la stessa fine dei suoi.»
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Out of place - Questione di "ovunque".
Chick-LitGrace è un'ostetrica disoccupata che sta per essere sfrattata dal suo appartamento; salvezza e condanna è la sua migliore amica Rachel, una ricercatrice filosofica a cui piace sparire per giorni, alla soglia del matrimonio, che si innamora di un met...