Capitolo 36.

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«Ho conosciuto Bree quando Chang ci stava insieme, al college.»

Una coppia davanti a noi si sdraia e il film inizia, ma solo come sottofondo, nonostante sia una delle pellicole più geniali degli ultimi cinquant'anni. A piedi nudi nel parco è il giusto compromesso tra la risata e la scioglievolezza e avere le loro vecchie voci rustiche sotto le parole di Evan può farmi solo piacere.

«Quindi Bree è andata al college» ripeto, con una punta di ottimismo. È una maledetta stronza, ma la sensazione di averle rovinato la reputazione - che al liceo è letteralmente questione di vita o di morte - mi ossessiona da anni.

Evan, sistemandosi meglio col braccio sotto alla sua testa, annuisce. «Quando l'ho conosciuta io, un paio di anni fa, ero in una delle mie gite fuori porta e Chang me l'ha presentata come la donna della sua vita.» Fa una pausa per ridacchiare alla scena della protagonista che esce dalla camera d'Hotel con la camicia di suo marito, cercando di riportarlo dentro a forza. «Lei faceva marketing alla Boston University.»

«Porca miseria» esclamo sottovoce. «Non friggeva mica con l'acqua frizzante.»

«Bree è molto intelligente» mi risponde. «E molto ricca. Comunque, poco tempo dopo ha deciso che starsene alla scrivania con un paio di tacchi a spillo in un ufficio vista Central Park non era quello che voleva dalla vita.»

Aggrotto le sopracciglia e appoggio una gamba, quella opposta al fianco con cui ci sono attaccata, sulle sue. Si irrigidisce un po', ma gli passa subito. «Perdonami, ma come ci è arrivata a fare la stripper dalla Boston University?»

«Sei una che crede che un lavoro sia più nobile di un altro?»

Scrollo le spalle, buttando un occhio alla coppia accanto a noi che, sdraiata sul cofano della macchina, si è già lanciata in un'opera di scambio salivare. Molto bene. «Non è questione di nobiltà. Ognuno fa quello che gli pare. È che ci sono lavori diversi da altri, che ne so... È come se io adesso smetto di fare l'ostetrica e me ne vado a lavorare come responsabile della gabbia dei leoni allo zoo.»

Evan ridacchia. «Hai modi peculiari di vedere il mondo, forestiera.» Sbuffo, divertita. «Comunque, quando Bree ha mollato l'università sua madre e suo padre le hanno tagliato i fondi. Chang le ha proposto di ballare sul palo del suo locale e lei ha continuato anche quando ha dovuto scaricarlo, tornando dai suoi una volta l'anno, a Natale, e dicendo che lavorava come ragazza immagine.»

«Dovuto, dici?»

La mano di Evan scende sul mio fianco, fino ad accarezzarlo. Rabbrividisco e sento che se ne accorge, ma mi fa il favore di non dire nulla. «Chang finiva nei guai tutti i giorni e ogni volta che voleva anche solo mangiare una pizza si ritrovava in mezzo a una rissa. Bree rischia la vita tutti i giorni adesso che non è la sua ragazza e finito il lavoro torna a casa, pensa quando vivevano insieme e ogni notte qualcuno le sfondava la finestra. Si è affezionata a me perché per un periodo ho cercato di mettere Chang sulla buona strada, siamo diventati amici e nulla di più.»

Sussulto. Quel che ho fatto non le ha rovinato la vita, ma Chang sì. Forse lei stessa si è rovinata da sola. E anche se ora so che non c'entro nulla, il peso sul mio petto non mi abbandona. Bree Tanner non ha mai smesso di innamorarsi dei bastardi o irresponsabili che siano. «Ti offendi se non ti chiedo di Chang? Perché vorrei parlare di qualcosa che sia vagamente piacevole.»

Evan increspa un po' il vestito, non mi è chiaro se volutamente o meno. Lo lascio fare. «Niente affatto» risponde.

«Qual è il tuo colore preferito?»

«Sei andata su internet a cercare le domande più banali da fare al primo appuntamento?»

«Perché» completo l'opera. «Il nostro è un appuntamento?»

Out of place - Questione di "ovunque".Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora