Capitolo 5.

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Due occhi dello stesso colore dello stelo delle rose si incastrano nei miei e creano una sorta di sinfonia che non sono in grado di commentare. Il fatto che il suo primo acchito a me sia la visione di una donna strizzata in un po' di stoffa grigia dentro un capanno pieno di sterco animale non mi emoziona particolarmente. Biondo come il grano che mi aspettavo di trovare qua dentro, sembra disegnato da Dio in persona. Quella camicia in lino ben stirata, segnata ai lati dalle bretelle dei pantaloni da lavoro, mi porta in un'altra dimensione. Anche lui sembra guardarmi. Mi squadra, più che altro. Subito si toglie il capello e fa un inchino appena accennato.

«Vedo che hai già chi ti dà una mano, Anne. Il signor Locke mi ha detto di venire il prima possibile per mungere una bestia irrequieta» mormora con una voce tanto docile da sembrare, per via della morbidezza, quella di un bambino.

La ragazza davanti a me arrossisce visibilmente quando gli si sciolgono in bocca le lettere del nomignolo che le ha affibbiato.

«È...» inizia, poi si volta a guardarmi. «È una di quelle di Marcus.»

Detto così sembro la capostipite di un giro di prostituzione o la mucca in questione, tuttavia mi convinco ad alzare la mano e scuoterla un po', nonostante sia quasi pietrificata. È uno degli uomini più belli che io abbia mai visto in vita mia e, se ancora non si sarà capito, lo ripeterò ancora.

Sembra aver compreso ciò che ha detto Anne, perché chiude i battenti e fa un passo verso di me, poi un altro e un altro ancora. Appoggia il cappello sulla balla di fieno, la prima che trova, e mi porge la mano. Gliela afferro senza troppi convenevoli sotto lo sguardo attento di Anne.

«Grace» sussurro, incantata. «Grace Latches.»

«Molto piacere, Grace» mi risponde. «John Lancaster.»

Dio, sembra il nome di uno degli amici di mio nonno.

Lui continua a tenere la mia mano stretta nella sua morsa decisa, nonostante mantenga un'elegante delicatezza che non mi dispiace affatto. Vedendolo da lontano avevo immaginato un profumo particolare, simile all'acqua del mare, tipico alle fragranze più leggere tra quelle da uomo; invece ha solo il buon odore del bucato appena fatto. Quest'uomo appare a noi comuni mortali come pulito nel corpo e nell'anima. Lascio la sua mano solo quando Anne si schiarisce la voce e inizia a parlare.

«John è il nostro sarto» mi informa. «Ed è l'amico più caro di Marcus. Condivido con lui le bugie che racconto a tutta la comunità.»

Lui le rivolge uno sguardo pregno di tenerezza. «La nostra piccola Anne tiene tutti al guinzaglio. Vero, Annie?»

La biondina scrolla le spalle e tende a guardare per terra. Impossibile non notare l'imbarazzo che sta provando. John le piace, da morire, e come biasimarla.

«Il vestito» cambia discorso e io mi sento morire. «Il vestito le sta stretto. Ma basteranno tre o quattro centimetri in più.»

John fa segno di aver capito con la testa.

«Le servirà anche dell'intimo nuovo.»

«Pare che le mutande ascellari e un semplice reggiseno a coppa degli anni cinquanta siano peccato capitale, qua dentro.»

Anne sbianca, colta di sorpresa ancora una volta dalla mia spiazzante sincerità, mentre John fa il disperato tentativo di non ridere. Ci riesce, ma solo mordendosi l'interno della guancia, a quanto riesco a vedere.

«Dimmi, Grace, come ci sei finita qui?»

«Intendi in questa situazione da manicomio o dentro una stalla a farmi esaminare le mutande dalla sorella di un criminale?»

Out of place - Questione di "ovunque".Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora