CAPITOLO QUATTRO

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"NUOVI INIZI"

Aprii gli occhi lentamente. Intorno a me vedevo tutto bianco. Solamente bianco. Ero morta davvero? Quindi è così che era fatto il paradiso? Il pavimento sopra il quale ero sdraiata era morbido e soffice. Mi sembrava di essere sopra una nuvola. Tutto intorno a me era tranquillo e silenzioso. Mi focalizzai su me stessa. I miei capelli erano sciolti, puliti e profumati. L'unica differenza è che adesso li portavo a caschetto. Indossavo dei pantaloni della tuta bianchi e una canotta di cotone, anch'essa di colore bianco. Mi misi a sedere e fui pervasa da un forte e improvviso mal di testa. Accarezzai le mie tempie con i polpastrelli e, solo in quel momento, mi resi conto di avere l'avambraccio sinistro fasciato. Il morso del Dolente. Nonostante fossi piuttosto sicura di avere una bella ferita, non sentivo alcun tipo di dolore. Qualcuno mi aveva curata.

Non ero morta, anzi. Ero viva e vegeta. Ma dove diavolo sono? Come sono arrivata qui? Sentii il panico e la confusione crescere sempre di più dentro di me. "Hey! C'è qualcuno?! Fatemi uscire da qui!"- gridai nella speranza di ricevere una risposta. Silenzio. Tutto quello che sentivo era il silenzio più assoluto. Potevo sentire il battito del mio cuore che mi rimbombava nelle orecchie.

Dopo qualche minuto, sentii un rumore metallico propagarsi nell'aria. Indietreggiai spaventata, rifugiandomi in un angolo della stanza. La parete di fronte a me si spostò, facendomi individuare la presenza di una porta. Una persona fece il suo ingresso e restai senza fiato non appena la riconobbi. No, non può essere vero! Era un ragazzo: alto, moro e indossava gli stessi vestiti che indossavo io. Sentii le lacrime iniziare a scorrere senza sosta sulle mie guance. "B-Ben?"- dissi con un filo di voce. Il ragazzo mise le mani dietro la schiena e mi sorrise. "Ciao sorellina"- disse lui. Il mio cuore stava battendo all'impazzata. Non riuscivo a smettere di sorridere. Tutto quello che desideravo in quel momento, era abbracciarlo e dimostrargli quanto mi era mancato. 

Non persi altro tempo e corsi verso di lui, ma mi scontrai contro qualcosa di duro. Caddi per terra e gemetti per il dolore. Mi rialzai e vidi che davanti a me non c'era nulla. Ma che diavolo? Tesi la mano in avanti fino a toccare uno di quei muri invisibili che avevo visto nei miei sogni. Oh no! No, ti prego no! Provai a spingere e a prendere a pugni il muro nel tentativo di abbatterlo ma, come nei miei sogni, ogni mio tentativo falliva miseramente. 

Guardai Ben con le lacrime agli occhi incapace di fare altro. Il ragazzo restava dall'altra parte del vetro e mi guardava. Mi guardava completamente immobile senza spiccicare una parola. "Ben che succede?! Che significa?"- dissi ormai in lacrime. "Stanno venendo a prendermi Mara. Ci separeranno". La voce del ragazzo era calma e pacata, quasi come se non si rendesse conto di quello che stava dicendo. "No Ben, non esiste. Ti ho appena ritrovato e non lascerò che ti portino via. Ci hanno già separato una volta e non permetterò che accada di nuovo"- dissi determinata. Iniziai a tastare il muro invisibile alla ricerca di un pulsante, una leva, un meccanismo, qualunque cosa potesse abbatterlo. Inutile dire che non riuscii a trovare niente. Quei maledetti muri si materializzavano così dal nulla e non c'era modo di superarli. Continuai a provare e riprovare. Questa volta non mi sarei arresa così facilmente. 

Tutt'un tratto la porta di metallo si aprì di nuovo. Tre guardie armate fecero il loro ingresso nella stanza. "Soggetto A11 è il momento". No, vi prego! Non di nuovo! Le guardie afferrarono Ben per le braccia, ma a differenza della prima volta, il ragazzo non oppose alcun tipo di resistenza. Restava semplicemente immobile e si lasciava trascinare dalle guardie senza batter ciglio. Perché non si stava ribellando? Perché si stava facendo portare via di sua spontanea volontà? Iniziai a prendere a pugni il muro senza sosta. "LASCIATELO ANDARE! VI PREGO LASCIATELO ANDARE!"- gridai esasperata. Il mio volto era rigato dalle lacrime e avevo il respiro affannato. Una delle guardie si girò verso di me e mi guardò con un sorriso beffardo stampato sul volto. Aveva un volto davvero familiare. Ma certo! Era la stessa guardia del mio sogno! La stessa guardia che aveva colpito Thomas e che mi aveva puntato una pistola alla testa. Era sempre la stessa. L'uomo restò a guardarmi con quello stupido sorriso stampato in faccia per qualche secondo. "Sta tranquilla dolcezza, ci andremo piano con lui". Detto questo, la guardia uscì dalla stanza portando con sé un pezzo del mio cuore. 

THE MAZE RUNNER STORY 2 - YOU'RE ALL I NEEDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora