03. Un'altra porta chiusa

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Adorava molto il suo lavoro, non poteva desiderare di meglio. Non tutti hanno l'opportunità di lavorare come project manager in un'impresa abbastanza rinominata nel paese. Certamente, ogni lavoro è vitale e tutti ne valgono la pena, dal lavorare in un'azienda di fama mondiale al lavorare in un ristorante del quartiere poco rinomato. Ogni lavoro ha un proprio scopo e tutti, nessuno escluso, meritano rispetto.

Il lavoro è una costante fondamentale sia nella vita delle persone sia in quella della società. Senza un impiego risulta difficile mantenersi, partendo dall'avere un tetto sopra la testa al pranzare in casa vicino al calorifero in una fredda giornata. Qualsiasi cosa, anche la più piccola e semplice, può essere complicata da avere senza un buon impiego.

Dopo la fine dell'università Jimin riuscì ad ottenere un lavoro in un'importante azienda, diventando subito un segretario. Ha utilizzato sin dal primo giorno tutte le sue forze per lavorare al meglio e per non deludere i suoi capi; rimaneva anche oltre l'orario di lavoro ogni tanto e tutto per aiutare non solo i capi, ma anche alcuni colleghi.

Un anno era passato e il suo metodo di lavoro non era cambiato: ecco perché i suoi superiori, vedendolo così concentrato nel fare il suo dovere, ebbero molta stima nei suoi confronti. E questo andava tutto a suo favore. Passò ancora un anno e Jimin continuava a lavorare sodo: raramente si prendeva feste, non era quasi mai assente e se lo fosse non rimaneva a casa per molti giorni.

Tutto cambiò quando una mattina arrivò in ufficio e il capo di quell'ufficio gli chiese di parlare. Nonostante non fosse l'unico segretario nell'ufficio, era molto apprezzato da tutti li dentro ed ecco perché il suo superiore decise di dargli un ruolo più alto: presto sarebbe diventato project manager.

Sapevano benissimo quanto bravo fosse nell'organizzare e progettare; non gli avrebbero potuto dare impiego migliore. Quel nuovo ruolo inizialmente sembrava ancora più difficile perché doveva rimanere molte volte ad aiutare a supervisionare progetti e parlare con i fornitori, ma con il passare dei mesi capì che quello fosse abbastanza semplice come lavoro.

Aveva più tempo libero, aveva più tranquillità e si sentiva meglio anche con sé stesso: quel lavoro gli aveva salvato la vita. Ormai erano passati più di tre anni da quando iniziò a lavorare in quell'azienda e continuava a ricoprire quel ruolo, arrivando persino ad aiutare nel prendere decisioni il capo di quell'ufficio.

Quella mattinata era sfinito dopo neanche mezza giornata e vedere quel grafico sullo schermo del pc con tutti quei numeri non aiutava, per niente. Verso l'ora di pranzo uscì e andò al bar presente al piano terra, così da non riprendere poi in ritardo.

Rimase in ufficio a firmare documenti e a vedere progetti fino alle 5 del pomeriggio, orario in cui il capo gli disse di poter ritornare a casa. Dopo mezz'ora finalmente poté riposare sul suo bellissimo letto ad una piazza e mezza del suo appartamento.

Erano ormai passati tre giorni dall'incontro che ebbe con il suo hyung e anche da quando vide per l'ultima volta il suo vicino [togliendo le volte in cui lo aveva sentito parlare a voce alta dalla sua casa]. Non capiva perché si comportasse in quel modo, d'altronde non gli aveva fatto niente. Voleva solo diventare amici. Era forse chiedere troppo quello?

Scosse la testa, si alzò dal letto e si diresse nel bagno per farsi una doccia rinfrescante; una volta terminata, si vestì, ordinò il bagno, prese le chiavi e uscì. Ma dove sarebbe andato così stanco? Da nessuna parte ovviamente se non a bussare all'appartamento accanto al suo. Suonò il campanello e aspettò, sperando che quel ragazzo avrebbe aperto la porta.

«Ancora tu? Ma che cosa vuoi adesso?» parlò scocciato il ragazzo davanti a sé una volta aperta la porta.

«Diventare tuo amico.» sancì Jimin, senza pensare ad altre parole da dire.

love will remember | kookminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora