15. Tu ricordi tutto quanto

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Da domani gli aggiornamenti saranno irregolari perché [finalmente!] vado in vacanza. Spero di riuscire lo stesso a postare. Un bacio.

「✾」

Quella giornata non aveva proprio le forze per andare a lavoro e non solo perché aveva troppi pensieri, ma perché non riusciva proprio ad alzarsi dal letto. Durante la notte si era dovuto svegliare varie volte a causa del suo raffreddore; sperava che sarebbe passato, ma una volta sveglio si sentì ancora peggio.

Erano le sette passate quando aperti gli occhi iniziò a tossire e a starnutire; si dovette alzare per misurarsi la febbre e una volta visto il risultato, prese il cellulare e chiamò il suo capo. Non sarebbe andato a lavoro, non con la febbre a 39: doveva sapere che uscire sotto la pioggia non avrebbe fatto bene alla salute.

Incominciò il giorno dopo l'uscita con tutti i suoi amici: era una serata piovosa quella e Jimin amava uscire sotto la pioggia. Quella giornata era in festa, ma la passò interamente a piangere nel proprio letto: tutto intorno a sé era una menzogna, si era costruito una nuova vita circondato da bugie. E molto probabilmente lui stesso era diventato una menzogna, una semplice forma di quello che non sarebbe voluto diventare.

Tutto quel tempo sprecato a fingere di essere qualcuno di diverso solo per fare un favore agli altri, tempo sprecato a non cercare in ogni angolo la verità. Quell'appartamento, quella sua nuova casa, non era stato scoperto all'improvviso; aveva scelto appositamente quel posto, sapeva che lo avrebbe incontrato.

Aveva però bisogno di uscire per prendere aria, quel posto sembrava lo stesse soffocando; prese le chiavi, aprì la porta e usci, non portando a dietro neanche l'ombrello. Camminò per molto tempo sotto la pioggia, finché non giunse in un parco; si sedette sotto un albero, portò le gambe al petto e scaricò la sua sofferenza attraverso le lacrime. Rimase lì sotto per molto tempo e soltanto quando le lacrime non scesero più dagli occhi poté alzarsi e ritornare a casa.

Entrò, si spogliò e si fece una doccia: era mezzanotte, ma non gli importò; di certo non avrebbe dato fastidio al suo vicino di casa. Terminata si cambiò, entrò in letto e cercò di dormire; i due giorni successivi furono uguali a quello: arrivava da lavoro, cenava, usciva sotto la pioggia e si riparata sotto l'albero, ormai diventato il suo punto di riferimento.

Soltanto quando il quarto giorno si svegliò con febbre e raffreddore capì che non l'avrebbe dovuto fare; eppure trovò serenità nel restare sotto la pioggia e comprensione nel sentirla su di sé: non stava più piangendo da solo, anche il cielo soffriva. Rimase in malattia per qualche giorno e quando arrivò il fine settimana finalmente iniziò a riprendersi; al lunedì sarebbe ritornato a lavoro.

In quei giorni aveva parlato con Namjoon al telefono il quale gli chiese se si potessero vedere con gli altri per parlare, ma non accettò per tre motivi: primo, ci sarebbe stato anche Taehyung e non era ancora pronto a vederlo; secondo, tutti loro erano a conoscenza di una parte di verità, ma nessuno fece qualcosa per riavvicinarsi; terzo, non era di certo il momento per parlare insieme, non quando da giorni non vedeva più Jungkook.

Era seduto a gambe incrociate sul letto quando al suo pensiero si alzò, aprì l'anta dell'armadio e cercò quella dannata foto: da quando l'aveva trovata tra le pagine di un libro non l'aveva mai lasciata da parte, mai una volta. Quella foto era l'unico legame che aveva del suo passato, troppo turbolento da riuscire a ricordare senza problemi.

Guardò quella foto sorridendo, ma con la consapevolezza che volesse ritrovare la sua parte mancante: quello strappo sulla foto era simile a quello del proprio cuore; una parte strappata con la forza e senza pensarci due volte, ma con un'unica differenza: la foto era stata rotta per mano sua in un momento di rabbia, il cuore invece gli era stato rotto.

love will remember | kookminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora