25. Sii orgoglioso di chi sei

273 20 6
                                    

「✾」

«È in momenti come questi che mi sembra di avere un muro davanti, capace solo di auto-criticarsi quando invece dovrebbe guardarsi allo specchio ed essere fiero di che ragazzo, di che uomo, è diventato.»

Aveva capito quanto maturo fosse diventato sin dal primo esatto momento in cui mise piede in quel nuovo condominio e lo incontrò. Quando, dopo essersi girato, lo vide per la prima volta dopo tanti anni, oltre a paura fu altro ciò che provò. Quelle emozioni che scaturirono in sé quando i loro occhi si incrociarono ebbero nomi distinti: felicità, tristezza, paura, confusione, dispiacere, amore, fiducia.

Mentre pensava a qualcosa di non stupido da dire, si perse qualche minuto nell'osservarlo. E cavolo, Jungkook era proprio cambiato da quando lo vide per l'ultima volta. In meglio, che sia chiaro, ma pur sempre cambiato.

Innanzitutto l'altezza: partiva già favorito perché era già alto e il tempo non ha fatto altro che aumentare quella sua fortuna. Il suo modo di vestire, tra le altre cose, era cambiato: se in precedenza vestiva quasi solo di nero, ora sembrava essersi rifatto l'armadio.

Certo, non si poteva dire che non usasse più il suo colore preferito, ma almeno aveva iniziato ad osare molto di più, allargando la visuale anche su altri colori. Pantaloni attillati o della tuta, maglie fuori o dentro i pantaloni, felpe oversize, giacche di pelle e cappelli. Quest'ultimo accessorio mai era mancato.

Un'altra cosa che era cambiata nel suo Kookie era il suo braccio destro: no, non il braccio, bensì la pelle. Essa era colma, veramente colma, di tatuaggi: e cavolo, erano bellissimi e in grado di renderlo ancora più sexy di quanto fosse già. Quelli si che erano stati la sua rovina. Sapeva che gli piacessero, ma non credeva che si sarebbe macchiato tutto il braccio.

E ancora: muscoli su muscoli, maglie aderenti per farli intravedere, occhi magnetici e piercing. Tutto quello l'avrebbe stregato se non se ne fosse liberato. Peccato che accadde proprio il contrario. Ma Jungkook non era maturato solo esteticamente, bensì anche mentalmente.

I pensieri e i ragionamenti che faceva erano certamente più adatti ad un ragazzo della sua età, le sue azioni erano più concise e le sue emozioni più leggibili. Tempo addietro le idee che aveva e i pensieri che si faceva li teneva per sé, senza dirli a voce alta; non era neanche sua la colpa. Dopo tanti anni trascorsi a sentirsi dire di stare in silenzio dai suoi genitori, perché mai avrebbe dovuto aprir bocca?

Con i suoi amici non sempre funzionava questo gioco del silenzio, specialmente da quando Jungkook aveva raccontato la verità a tutti loro. Era sempre stato incoraggiato da loro ad essere più spontaneo, più aperto, ma probabilmente se veramente si fosse aperto avrebbe detto cose sbagliate e di troppo.

Per questo preferì di gran lunga non dare importanza a quei pettegolezzi che udiva nei corridoi scolastici piuttosto che prendersela e rovinarsi la giornata. Che poi, perché dovevano parlare di lui? La loro vita era così frivola da non avere nulla da fare se non quello? Patetici. Ascoltava, assimilava e si faceva i suoi pensieri, il tutto in religioso silenzio e senza dar alcun disturbo.

Ecco perché Jimin pensò a quanto maturo fosse divenuto il suo ragazzo: perché, nonostante ciò che dovette passare e ciò che accadde a causa dei suoi genitori, era riuscito a maturare nel modo in cui lui stesso voleva. Senza l'aiuto di nessuno, tantomeno della sua famiglia: proprio per questo doveva essere fiero, orgoglioso, di chi e di come fosse.

Terminato il discorso vide l'opposto guardarlo stupido: cosa aveva detto di così strano per ottenere quella reazione? Lo vide poi scuotere la testa e sedersi sul divano, rimanendo così in silenzio e senza fare altre azioni. Jimin rimase in piedi per altri secondi senza fare nulla, finché posò le mani sul tavolo e fece un lungo sospiro. Pensò a cosa dire e poi parlò.

love will remember | kookminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora