"C'era una volta un gigante di nome Hans. Era così forte e grande da poter sollevare dodici uomini nello stesso momento senza faticare, così forzuto ma allo stesso tempo così gentile e altruista che dava a tutti una mano senza chiedere nulla in cambio, se non lealtà e gratitudine. Hans infatti, se veniva trattato male o non gli si portava rispetto, andava su tutte le furie e si era certi che, chiunque gli avesse mancato di rispetto, si sarebbe ritrovato in guai seri. Un giorno Hans, mentre passeggiava lungo una strada assolata, incontrò due carrettieri, marito e moglie, che trasportavano due pesantissimi carri pieni di merce e cianfrusaglie che avevano appena comprato al mercato. Vedendo il gigante, subito gli chiesero una mano e quest'ultimo, felice di poter aiutare, portò i due carri fino alla casa dei consorti. Quando arrivarono a destinazione, i due coniugi iniziarono a scaricare dal carro tutta la merce senza ringraziare il gigante gentile per l'aiuto che aveva dato loro. In quel momento, negli occhi di Hans si potevano scorgere scintille di pura rabbia e delusione. La sua ira arrivava perfino alle stelle. Prese il marito con il suo carro e lo lanciò in aria, sempre più su, fino a toccare il cielo. La stessa sorte toccò alla moglie, che si ritrovò catapultata con il suo carretto tra le stelle. I fratelli Grimm inventarono la storia de "Il gigante arrabbiato" per spiegare la presenza nel firmamento del Grande Carro – il marito – e del Piccolo Carro – la moglie."
Avevo fatto di tutto per arrivare puntuale, ma avevo fallito.
Erano veramente rare le volte in cui non arrivavo in ritardo e quel giorno, nemmeno a dirlo, non era una di quelle.
Avevo messo le sveglia alle sei del mattino per aver tutto il tempo necessario per prepararmi e mettere le ultime cose nello zaino, poichè alle sette e mezza saremmo dovuti partire con il pullman. Ci sarebbero aspettate due ore di viaggio e chi arrivava anche solo pochi minuti dopo l'orario prestabilito, non sarebbe potuto partire.
Non avevo sentito la sveglia.
O probabilmente sì, solo che non mi ricordavo di averla spenta. La sera prima non ero andata a letto tardi – le undici, per la miseria! – proprio perchè sapevo di dovermi alzare presto.
Nulla. Avevo continuato a dormire.
Era stata Ness a svegliarmi intorno alle sette, quando non aveva sentito nessun segnale di vita da parte mia. Mi ha chiamata dieci volte, prima che avessi le forze di tirarmi su dal letto. Era bastato vedere l'orario che ero schizzata in bagno, con il cellulare attaccato all'orecchio e la faccia di uno zombie.
Avevo sforato il tempo massimo di due minuti e trentasette secondi. Per fortuna la mia migliore amica aveva distratto il coach, cercando di fargli perdere tempo. Ero sempre più sicura di dover costruire una statua a quella ragazza.
Le due ore di viaggio le avevo passate a dormire. Ness, al mio fianco, aveva letto tutto il tempo mentre Theo e Ray, dietro di noi, continuavano a fare gli scemi. In fondo al pullman, Archie e compagnia bella si erano schierati e lanciavano insulti a destra e manca, fumando canne e facendo gesti osceni. Per fortuna ero in uno stato di dormiveglia e mi ero persa la sfuriata del coach Russell.
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Under the Stars
Teen Fiction/stél·la/ sostantivo femminile Corpo celeste dotato, a differenza dei pianeti, di luce propria. In una piccola cittadina del Vermont - così insignificante che a volte non viene nemmeno riportata sulle mappe - esiste una villa gigantesca. Viene chia...