/stél·la/
sostantivo femminile
Corpo celeste dotato, a differenza dei pianeti, di luce propria.
In una piccola cittadina del Vermont - così insignificante che a volte non viene nemmeno riportata sulle mappe - esiste una villa gigantesca. Viene chia...
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"Molto tempo fa il corvo era un uccello dal piumaggio candido come la neve e una voce melodiosa – la sua compagnia era talmente gradita ad Apollo che, un giorno, il dio lo incaricò di andare a prendere dell'acqua e, per farlo, gli diede una coppa da riempire. Il corvo volò verso la fonte ma, sulla strada, incontrò una albero di fichi acerbi e, dimenticandosi del suo compito, aspettò pazientemente che i frutti maturassero per poi mangiarseli. Solo a quel punto si ricordò dell'incarico assegnatogli dal dio. Preso da panico, raccolse una serpe e volò verso Apollo, cercando di spiegarli che il vero motivo del suo ritardo era perchè si era fermato a lottare con il serpente. Apollo non gli credette e, per punirlo, lo trasformò nell'uccello nero e gracchiante che conosciamo oggi. Poi, lo pose nel cielo insieme alla coppa che non aveva riempito e alla serpe contro la quale non aveva combatuto, rendendoli delle costellazioni."
Nel cielo si vedeva la Luna.
Era pieno pomeriggio – le quattro e mezza, a essere precisi – ma si poteva scorgere con grande chiarezza un minuscolo spicchio del nostro satellite che brillava nel cielo azzurro.
Avevo la testa puntata all'insù e stringevo con le mani le bretelle del mio zaino, appena fuori l'entrata della palestra scolastica. Mi dondolavo sui talloni con gli occhi fissi sulla Luna, mentre aspettavo Kaleb.
Non lo vedevo dalla cena di venerdì sera, ma ci eravamo scritti sabato per accordarci a proposito delle ripetizioni che avremmo iniziato questa settimana. Avevamo optato per il martedì e il venerdì, dato che nè io nè lui avevamo molto da fare. Saremmo dovuti andare in biblioteca e, non sapevo il perchè, ma ero agitata.
Okay, lo ammetto. Sapevo perfettamente il perchè del mio nervosismo, ma non potevo farmi prendere dal panico. Sopratutto perchè, quando ero agitata, iniziavo a straparlare. E avremmo dovuto affrontare un argomento importante come la divisione cellulare per la verifica che avrebbe avuto la settimana successiva, quindi non mi sembrava opportuno mettersi a chiacchierare di cose futili. Dovevo calmarmi.
Kaleb aveva avuto gli allenamenti fino ad allora e aveva chiesto al coach il permesso di saltare un paio d'ore per studiare. Il professor Russell non era stato contento – ovviamente – ma se Kaleb avesse preso un brutto voto era probabile che non l'avrebbero fatto giocare alla prima partita della stagione ed era fondamentale che lui ci fosse.
Quindi stavo aspettando che finisse di allenarsi per andare a studiare. La cosa avrebbe dovuto essere normale perchè la maggior parte degli studenti faceva ripetizioni – anche io, a volte – ma il solo pensare che lui sarebbe stato con me rendeva tutta quella situazione tremendamente surreale. Come se Kaleb, con me, non c'entrasse niente. Eppure non era affatto così. Era il miglior amico di Archie e aveva sempre frequentato la Tenuta, era amico di Theo e usciva con il mio gruppo di amici. In più ci eravamo quasi baciati e io avevo ammesso esplicitamente che avrei voluto che fosse successo qualcosa in quello sgabuzzino. Forse era anche per quest'ultimo punto che ero tremendamente agitata.