«Okay, fai dei respiri profondi. Respiri molto profondi» continuava a ripetere e a ripetere Flora, una volta che le raccontai cosa stava succedendo.
La notizia che avremmo gareggiato in coppia mi aveva colta di sorpresa, così come aveva fatto con tutti, ma ad avermi colpito di più era stato scoprire con chi ero finita.
Con tutte quelle persone che si trovavano in palestra, le mie possibilità di finire proprio con lei erano tipo minime. La vicepreside aveva detto che le squadre erano state studiate dai nostri professori, ma il nostro duo sembrava essere stato studiato per il fallimento. La parte dei voti e del comportamento non sarebbe stata un problema, per nessuna delle due, ma per la questione della popolarità... Nessuno ci avrebbe votate nella settimana prima del ballo.
«Dovrei ritirarmi? Credo proprio che dovrei ritirarmi» balbettai io, il panico che dilagava nella mi voce anche se cercavo di tenerlo sotto controllo.
Flora strinse le sue mani sulle mie spalle, gli occhi nocciola fissi nei miei. «No, tu non rinuncerai alla tua occasione! Dobbiamo solamente andare a cercarla e parlarle.»
«Per dirle cosa?»
«La verità. Che tu hai bisogno della borsa di studio e che deve fare del suo meglio» rispose Flora con decisione. Poi annuì come se la sua idea avesse potuto salvare la situazione. «Dovete solamente concentrarvi sulle prove dei professori, riuscire a fare la maggior parte dei punti lì. E anche sui voti, guardano sempre chi ha la media più alta per dare dei punti bonus. Poi obbligheremo tutti quelli che conosciamo a votarvi. Ce la farete.»
Scossi la testa. «Non è così facile come la fai sembrare. Non ce la possiamo fare.»
Flora sbuffò, frustrata. Iniziò a camminare, trascinandomi per un braccio. La sua presa era così forte che quasi avrei potuto giurare mi stesse stritolando l'osso.
«Dove sarà? A pranzare?» stava borbottando lei, camminando con passo sostenuto per i corridoi e scansando chiunque andava troppo lento per i suoi gusti.
«Non possiamo andare da lei così. Interromperla mentre mangia non sarebbe molto gentile da parte nostra» cercai di farla ragionare io.
«Le tue scuse non funzionano con me, e poi praticamente non esiste più per nessuno a scuola, sono sicura che non la disturberemo.»
«E se stesse sempre da sola perché vuole rimanere da sola? Se ci urlasse in faccia di andarcene?»
«Allora ce ne andremo, ma non prima di aver cercato di parlarle» disse Flora, lasciando cadere il discorso. Era così convinta che non avrei potuto dire nulla per farla tentennare.
Mentre Flora, come un tornado, si avvicinava sempre di più alla mensa, io iniziai a sperare che lei non si trovasse lì. Magari aveva già finito di mangiare, magari era già tornata in classe per ripassare, magari non era proprio venuta a scuola quel giorno, non l'avevo ancora vista quindi era totalmente possibile. Ma come se nulla potesse andare dritto nella mia vita, la trovammo proprio lì, al primo colpo. Vicino a lei non c'era nessuno, era seduta in un angolo della mensa. Sembrava avere intorno a sé un'aura di tempesta, proprio come quella di Flora.
La mia amica non si dovette neanche fermare a cercarla, mi trascinò dritta al suo tavolo, spintonandomi davanti alla sua faccia.
Dana ci stava guardando. Mi stava guardando.
Dalla sua faccia si sarebbe detta infastidita, poi qualcosa dietro i suoi occhi si mosse, come se mi avesse riconosciuto. Una smorfia di disgusto si fece strada sul suo viso. Fu veloce a nasconderla, ma la notai lo stesso.
«Ciao» balbettai io.
«Carlotta, giusto? L'amica di Flora.» Il solo fatto che si ricordasse il mio nome mi fece stringere lo stomaco. Le cheerleader mi avevano sempre messo in soggezione, anche dopo che Flora si era unita alla squadra e mi aveva obbligato a presentarmi a tutte.
«Già» rispose lei, sbucando da dietro la mia spalla destra. «Cora sarà la tua compagna di squadra, siamo qui per parlare della borsa di studio.»
Flora si stava per sedere davanti a Dana, ma la fermai, tirandola per la polo grigia. Praticamente tutta la mensa si era girata verso di noi, guardandoci come un paio di animali in gabbia allo zoo. Era strano abbastanza che qualcuno rivolgesse la parola a Dana, figurarsi sedersi al suo tavolo quando c'erano decine di posti liberi molto più lontani.
«Magari facciamola finire di mangiare?» proposi, dando una breve occhiata al piatto di Dana. Era vuoto. Perfetto. «Magari andiamo fuori?» ritentai. «Sono abbastanza private le cose di cui dobbiamo discutere.»
Con la coda dell'occhio vidi Dana alzare un sopracciglio nero. «Private dici?»
Leggevo nel suo sguardo che non mi credeva, ma davvero non volevo che tutta la mensa venisse a sapere dei miei problemi di soldi. In realtà, non avrei nemmeno voluto dirlo a lei.
«Ha ragione, meglio andare in un posto con meno orecchie ad ascoltarci. Andiamo» decise Flora, riprendendo il mio braccio come se avesse avuto paura che senza di lei non mi sarei riuscita a muovere.
Dana si alzò, anche se un po' riluttante, con il suo vassoio in mano. Flora si diresse verso i portoni di vetro che davano sull'area esterna della scuola.
«A quest'ora non ci dovrebbe essere nessuno nel campo da basket. Così avrai abbastanza privacy per parlarle.»
Dana era qualche parte dietro di noi, rimasta indietro per lasciare il suo piatto nel porta-vassoi.
«Devo parlarle da sola?» chiesi, lo sguardo ancora rivolto verso Dana. Ora, penserete che io non volessi parlarle per i pettegolezzi che giravano sul suo conto, ma non era quello il problema. Era che mi faceva proprio paura. Le persone mi facevano paura - il lavoro al cinema non aveva certamente aiutato a farmi cambiare idea - e il solo pensiero di doverle spiegare le mie motivazioni, da sola, mi faceva tremare le gambe. Per non parlare del fatto che fosse una delle ragazze più belle che avessi mai visto. Le ragazze carine mi mettevano sempre in soggezione, più di quanto non facessero i maschi. Forse perché nessuno si aspettava che mi piacessero e anche questo mi faceva paura. Tante cose mi facevano paura.
«Posso stare con voi, ma devi parlare tu. Non posso certo starle a spiegare io perché tu hai bisogno di questa borsa di studio» replicò lei.
Dana ci aveva nuovamente raggiunto, seguendoci come una nuvola nera, pronta a fulminare chiunque le passasse di fianco.
Ci fermammo solamente una volta raggiunte le gradinate che circondavano il campo da basket esterno. Veniva usato pochissime volte l'anno, quando faceva troppo caldo per rimanere chiusi dentro la palestra, l'erba non veniva già tagliata da qualche settimana e ormai si stava facendo sempre più alta.
Dana ci rivolse uno sguardo indagatore. «Allora? Cosa avete bisogno di dirmi?»
«Come ho detto prima, Cora sarà la tua compagna di squadra» iniziò Flora, dandomi una pacca sulla spalla.
«E immagino che Cora sappia parlare da sola, no?»
Flora alzò gli occhi al cielo.
«Certo che posso. Grazie per averci accompagnata, Flora. Puoi andare ora» sbottai io, la voce leggermente incrinata.
«Sicura?» chiese lei, sembrava titubante a lasciarmi lì da sola. «Prima avevi detto che-»
«Sì, sono più che sicura. Non ti preoccupare» la rassicurai io.
Flora mi lasciò andare la mano. In qualche modo si erano intrecciate, senza neanche che me ne accorgessi, e si allontanò, continuando a fissarci mentre camminava all'indietro. «Ti tengo d'occhio, Dana!» urlò poi, le mani a coppa intorno alla bocca, prima di tornare dentro alla scuola.
«La tua amica mi ha sempre fatto paura» borbottò Dana così piano che quasi pensavo di aver capito male.
«Flora? Ti fa paura Flora?»
Lei si strinse nelle spalle, facendo una smorfia con la bocca. «Riesce sempre ad ottenere quello che vuole, devi ammettere che è un po' terrificante come cosa.»
Non potei fare a meno di ridacchiare. Lei mi guardò storta per qualche secondo, prima di scuotere la testa, scocciata.
«Quindi, c'era qualcosa di cui volevi parlare?» chiese poi, ma non sembrava arrabbiata, sembrava solamente vogliosa di ritornarsene da sola, da qualunque parte non fosse nei miei paraggi.
«So che stai avendo i tuoi problemi in questi tempi, e non voglio chiederti di fare qualcosa di cui non hai voglia. È solo che io ho davvero bisogno di quella borsa di studio» iniziai a spiegare io, le mani in aria come se muoverle mi avrebbe potuta aiutare a comunicarle meglio i miei pensieri.
«Quindi mi stai dicendo che vuoi vincere?»
«Sì, in poche parole.»
«Ma non è per questo che ci siamo iscritti tutti? È abbastanza ovvio, no?» domandò seccamente. Sembrava quasi irritata.
Attorcigliai le dita intorno all'orlo della gonna, cercando nella stoffa tutta quella sicurezza che mi mancava. «Volevo solo accertarmi che fossimo entrambe sulla stessa barca. Io mi impegnerò il più possibile per questa borsa di studio e mi aspetto la stessa cosa da te.»
«Mi stai dicendo che mi hai davvero trascinata qua fuori solamente per questo? Non ci posso credere» si lamentò lei, passandosi una mano fra i capelli scuri. «È abbastanza ovvio che non riusciremo mai a vincere. Siamo come una bomba ad orologeria pronta ad esplodere, tanto vale auto-eliminarci sin da subito e risparmiarci la fatica.»
Una parte di me ragionava come lei, non c'era nessun motivo per cui noi avremmo potuto vincere. L'altra parte, quella che non voleva arrendersi, quella che ragionava come Flora, mi diceva che era ancora troppo presto per gettare la spugna.
«Hai ragione, sembriamo destinate a fallire, ma se ci impegniamo nelle sfide e raccogliamo più punti degli altri durante l'anno, il voto di popolarità non varrà così tanto. Alla fine è solo quella la parte più difficile per noi. Siamo entrambe brave studentesse, tu sei atletica, io sono brava con la logica, insieme possiamo farcela» dissi con la voce più convincente che potei fingere. Era tutto vero, quello che avevo detto, ma non ero certamente così sicura dei risultati che avremmo ottenuto.
«La lesbica e quella che ha tradito il suo fidanzato, siamo veramente la vera coppia dell'anno» sentenziò Dana, invece di replicare alle mie parole. Sembrava che non mi stesse neanche ascoltando sul serio.
«Non sono lesbica» borbottai io, guardando il terreno.
«Ah no?»
«Sono pansessuale, è diverso. Non mi importa del genere di una persona per innamorarmene.»
Nella nostra scuola i pettegolezzi si diffondevano sempre a macchia d'olio, sembrava che nessuno ne fosse immune, prima o poi saltava fuori qualcosa sul tuo conto che ti avrebbe reso lo zimbello della città fino alla prossima vittima. Che fosse perché avevi tradito il tuo ragazzo, che fosse perché spendevi tutti i soldi della tua paghetta in alcol e droga, che fosse perché intrattenevi una relazione con uno degli insegnanti, che fosse perché ti piacessero le persone del tuo stesso sesso, non importava più di tanto. Volevano soltanto che tutti lo sapessero.
Non ricordavo nemmeno come fosse successo, come fosse venuto a galla il mio segreto, ma presto si era sparsa la voce. Erano già passati tre anni e speravo che ormai la cosa fosse finita nel dimenticatoio. La maggior parte degli studenti più piccoli non era nemmeno nella nostra scuola quando la notizia era diventata virale. E anche se lo sapevano, non gliene importava più molto, i tempi erano cambiati e il tuo orientamento sessuale non era più un motivo di critica. Non dopo che la ragazza vincitrice della borsa di studio di due anni prima, durante il suo discorso di ringraziamento, aveva rivelato di essere bisessuale. Tutti furono un sacco supportivi per lei. Ovviamente.
Dana alzò un sopracciglio alla mia spiegazione, quasi sorpresa. Anche se la sua faccia dava a tradire un certo senso di ribrezzo. Sembrava non importargliene nulla: che io fossi stata lesbica, pansessuale, bisessuale, o qualunque altro orientamento, quello che le sue orecchie carpivano era solamente "ti piacciono le ragazze, quindi sei lesbica".
«Le persone dicono altro, non puoi certo biasimarli se te ne stai così attaccata a Flora. La tua fidanzata lo sa che sei pan?»
La mia faccia inorridì prima che potessi fermarla. Volevo un mondo di bene a Flora, ma non potevo immaginarmi in una relazione non platonica con lei. «Non è la mia fidanzata. E stiamo divagando, non siamo qui per discutere della mia vita amorosa.»
Dana incrociò le braccia al petto, un ghigno sul suo volto. «Però in realtà non stiamo divagando, quando la gente scoprirà che siamo in squadra ritorneranno a galla anche i tuoi, di pettegolezzi. Sicura di voler partecipare?»
Un moto di rabbia si fece strada nelle mie viscere. Parlava come se si preoccupasse per me, ma in realtà sembrava essere lei quella a non voler continuare nella competizione. Strinsi i pugni lungo i fianchi. «Senti, io non ho nulla da ridire ad essere in squadra con te. L'unica cosa di cui mi importa è la borsa di studio. Ti sto solo chiedendo di non mandare tutto a puttane.»
«Mi dispiace per te, ma sembra che mandare a puttane le cose sia proprio la mia specialità.» Si mise le mani nelle tasche dei pantaloni, avviandosi verso l'entrata dell'edificio scolastico.
«Dico sul serio! Ho davvero bisogno di questa borsa di studio!» le urlai dietro, alzandomi sulla punta dei piedi.
Lei non si girò nemmeno per rispondermi. «Ho capito! Sarò la migliore compagna di squadra che tu abbia mai potuto desiderare!»
Una vena di ilarità si stava facendo strada nelle sue parole, come se lei non ci avesse creduto e non avrei dovuto farlo nemmeno io.Di ritorno da quella conversazione inconcludente, ritrovai Flora seduta in classe, la testa appoggiata sulla mano, mentre giocherellava con una matita, quasi annoiata.
Quando mi sedetti di fianco a lei, borbottai: «È andata uno schifo. È sempre stata così stronza?»
Flora corrugò la fronte, pensierosa. «Non proprio, era abbastanza simpatica, in realtà. Immagino che la fama l'abbia cambiata.»
Quando non replicai nulla, iniziò a pungolarmi il braccio con la matita, guardandomi imbronciata. «Allora? Non mi dici cosa è successo? Voglio sapere cosa ti ha detto da farti arrabbiare in questo modo.»
Non mi ero nemmeno accorta di essere incavolata, prima che lei me lo facesse notare. Non capitava spesso che mettessi su il broncio per questo tipo di cose. Di solito, le persone mi stavano indifferenti o mi facevano paura, non rabbia. «Beh, diciamo solamente che si ricorda molto bene del mio essere "lesbica" e pensa che io e te siamo fidanzate.»
Le spalle di Flora si afflosciarono. «Mi dispiace, Cora.»
«Ma non ti devi far demoralizzare per questo» aggiunse poi. «Non devi essere sua amica per vincere la borsa di studio. Basta che faccia del suo meglio e che tu faccia del tuo meglio, tutto si sistemerà.»
«Come posso passare tutto l'anno insieme ad una persona del genere? Ti giuro, mi sembra una di quelle persone che mi direbbero di non toccarla perché ha paura che essere omosessuali sia una malattia contagiosa» piagnucolai io, l'immagine di Dana che mi aggrediva verbalmente se solo avessi osato allungare un dito verso di lei.
Flora mi appoggiò una mano sul braccio, stringendolo con fare rassicurante. «Ce la puoi fare, devi ottenere quella borsa di studio» disse, facendo una pausa pensierosa prima di continuare. «Com'è andata ieri con tua mamma, poi?»
Le due persone a cui non avrei voluto pensare, entrambe nella stessa conversazione. Quella giornata stava proprio andando benissimo.
«Andrebbe d'accordissimo con Dana, pensa che io non dovrei partecipare. Ma a parte questo, sembrava stare bene.»
Non le raccontai di come mi avesse urlato contro, di come mi avesse fatto sentire piccola e stupida. L'avrebbe solamente fatta preoccupare e, in quel momento, la stavo già tormentando fin troppo con i miei problemi.
Lei mi sorrise. «Dovresti fargliela conoscere.»
«Basta parlare di me. Tu hai qualche aggiornamento da raccontarmi?»
«Ma io amo parlare di te, lo sai. Sei la mia persona preferita, parlerei di te tutto il giorno.»
«Sono seria. Non voglio più pensare, per oggi.»
«Sarai felice di sapere che non ho nulla da raccontarti, allora. Se non che Rachele, della squadra, sembra essere impossessata dal demonio. Ieri alle prove sembrava abbastanza incazzata e oggi è arrivata dicendo che settimana prossima faremo delle ore extra in palestra, per migliorare la nostra forza fisica, o qualcosa del genere.»
Da quando Dana era stata cacciata dalle cheerleader, Rachele aveva preso il suo posto come capitano della squadra e sembrava non voler lasciar respirare le altre.
«Forse è successo qualcosa con il suo ragazzo» ponderò lei, infilzandosi la guancia con la punta della matita.
«Forse» dissi io stringendomi nelle spalle.
Poi arrivarono anche Elia e Nicolò e il discorso cadde nel dimenticatoio, rimpiazzato dalle lamentele dei ragazzi sulla marea di compiti che avrebbero dovuto fare quel pomeriggio.
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Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}
Teen FictionGira voce che Dana, ex-capitana delle cheerleader, abbia tradito il suo fidanzato. I pettegolezzi crescono a dismisura e arrivano alle orecchie di tutta la scuola, comprese quelle di Cora. Cora preferirebbe restare nell'ombra e lontano dalla tempest...