Capitolo 42 ♡ Dana

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«Quindi hai deciso farmi sprofondare insieme a te?»
L'ultima partita dell'anno stava per volgersi al termine e tutte le cheerleader erano pronte a bordo campo per festeggiare chiunque avesse vinto la partita.
Non era stata una stagione con molte vittorie per la nostra scuola, ma eravamo comunque riusciti ad arrivare nella finale delle squadre maschili.
Rachele mi aveva presa da parte, dopo avermi completamente ignorata nei giorni precedenti. La voce che io avessi tradito Christian con una ragazza della nostra classe si era mossa velocemente e ben presto la sospettata numero uno fu sulla bocca di tutti. Anche se non l'avevamo mai confermato, tutti credevano con fermezza che fosse stata Rachele la mia complice in quel crimine non esistente.
«Beh, io non ho mai detto a nessuno di essere stata con te. Sono loro che hanno iniziato a dirlo in giro, cosa avrei dovuto fare?»
«Magari dire che non era vero!» sbraitò, la faccia rossa dalla rabbia. «Non lo so, potevi mentire e dire che eri stata con un'altra, potevi dire che era uno scherzo, che non ti piacciono le ragazze. Qualsiasi cosa che non mi avesse buttato in mezzo a questo casino!»
Nonostante tutto, nonostante ormai dovessi sapere di che pasta era fatta Rachele, mi sorprendeva ancora vedere la sua vera natura. Sembrava non accorgersi nemmeno di quello che lei aveva fatto a me. Si sarebbe meritata di essere lasciata in pasto ai lupi, ma non lo avrei fatto. Ero decisa a dimostrare di non essere come lei. Ero meglio di lei. Dovevo esserlo.
«Hai paura di rovinare la tua immagine?»
Rachele strinse i pugni lungo i fianchi, avvicinandosi di qualche passo a me con aria furente. «Stai mettendo a repentaglio la mia borsa di studio. La mia vincita era praticamente assicurata, ero anche riuscita a convincere quella ragazzina a mollare la competizione e a togliere Christian di mezzo, non avevo nessun rivale, ma ora le persone non vogliono più votarmi! Credono che io sia la cattiva della storia e simpatizzano per te! Per te!»
Stranamente, gli studenti avevo realmente iniziato a prendere la mia parte per la prima volta dall'inizio dell'anno. Qualcuno si ricordava ancora con grande attenzione come fosse stata Rachele una delle prime a rendermi una reietta della scuola e, anche se mi guardavano ancora con occhio storto, Rachele era già finita nel loro mirino. In parte era stato anche grazie al fatto che Christian aveva iniziato a parlarmi nuovamente, addirittura riprendendo il suo posto vicino a me in classe, così da far sapere a tutti che anche lui aveva deciso da che parte stare.
Inoltre, sembrava che a scuola ci fosse una comunità queer molto più estesa di quanto avessi mai pensato. Dal mio coming out inaspettato avevo iniziato a ricevere vari sorrisi e vari "benvenuta nel club" per i corridoi.
«Sei stata tu a convincere quella ragazza a rinunciare?» le chiesi, lasciando perdere tutto il resto.
«Certo! Non posso permettermi di perdere questa borsa di studio, stavo facendo di tutto per togliere la concorrenza e ora salti fuori tu a rovinare tutto!» continuò ad urlare lei. Si stava avvicinando troppo e all'improvviso non mi sentivo così più sicura a fare la gradassa con lei. Cercai di prendere un respiro. Eravamo all'aperto, intorno a noi c'erano decine e decine di persone, non mi sarebbe successo nulla.
Il fatto che stesse smettendo così apertamente di aver imbrogliato e aver obbligato una ragazza a lasciare la competizione solamente per vincere mi faceva venire ancora di più la pelle d'oca. Era davvero malvagia fino al midollo. Come avevo fatto a d'essere sua amica, a credermi simile a lei, a volerla baciare?
«Senti, Rachele, io non so veramente che cosa dirti. Abbiamo sbagliato entrambe, forse è il momento che paghiamo per quello che abbiamo fatto. Io lo sto già facendo da tempo, non ti sembra giusto che sia arrivato anche il tuo momento?»
«Non sono io quella che non voleva dire al suo fidanzato di essere lesbica!»
«Ma tu sei andata in giro ad inventarti voci false sul mio conto! E dicevi di essere la mia migliore amica!»
Ero sul punto di scoppiare a piangere, la voce rotta dalle troppe emozioni che mi scorrevano in corpo in quel momento. Rabbia e tristezza si erano mischiate, trasformandosi in un'ondata che non ero pronta a sopportare.
«Tu hai sbagliato per prima!» sibilò lei, puntandomi un dito addosso.
Le nostre urla si erano alzate così tanto da attirare l'attenzione delle altre componenti della squadra di cheerleading. Anche se eravamo ad alcuni metri di distanza riuscivo a scorgere con la coda dell'occhio delle teste allungate, intente ad ascoltare la nostra conversazione.
«Forse è vero, ma questo non giustifica nessuna delle tue azioni» dissi io, la mia voce che si riduceva ad un sussurro più avanti andavo. «Abbiamo sbagliato e faremo ammenda per i nostri errori, ma non credi che sia arrivato il momento di lasciar andare?»
«È facile a dirsi per te che sei uscita dal ciclone dell'uragano. Io non-»
«Rachele, basta» sopraggiunse una voce dalla mie spalle. Flora con le braccia incrociate si stava avvicinando a noi, con tutta la calma che io e Rachele non possedevamo. Ci guardava esasperata, come se me stessimo rovinando il suo pomeriggio.
«Dana ha ragione, pagherai per quello che hai fatto e fine della storia. Fra qualche mese sarai all'università e a nessuno importerà più di quello che è successo fra voi tre. Pensiamo solamente al nostro spettacolo e a fare un esame di maturità decente, okay?»
Era strano sentirla prendere la mia parte, ma ne ero estremamente riconoscente. Forse, in un'altra realtà, saremmo anche potute diventare grandi amiche, se l'avessi conosciuta prima di essere trascinata nella turbina che permeava intorno a Rachele.
In quel momento un lungo fischio si propagò per il campo, dichiarando la fine della partita. L'ultima volta che avevo guardato il cartellone eravamo indietro di sette punti, ma sembrava che nel frattempo i ragazzi fossero riusciti a rimontare e a vincere con ben cinque punti di vantaggio.
Ora toccava a noi entrare in campo e mostrare a tutti la routine che avevamo preparato negli ultimi mesi. Per il bene della performance, fra me e Rachele si creò una specie di tregua silenziosa, ma potevo vedere come non riuscisse ad incrociare il mio sguardo quando ci ritrovavamo una davanti all'altra.
Dopo un breve inizio con i ponpon verdi e blu fra le mani, li lasciammo a bordo campo, per continuare in una seria di ruote e rovesciate in giro per il prato. La coreografia sulle note di era molto più stancante di qualsiasi altra esibizione avessimo mai fatto, ma nessuna di noi smise di sorridere, nemmeno per un solo secondo.
Sentire il vento che mi sferzava fra i capelli mentre salivo sulla piramide umana che avrebbe fatto da posa finale mi faceva sentire viva come non mai. E in un battito di ciglio finì tutto in uno scroscio di applausi.
Tutti stavano festeggiando la vincita in mezzo a coriandoli e champagne. I ragazzi avevano anche ricevuto un piccolo trofeo dorato che sarebbe finito nella segreteria, in bella mostra per tutti i futuri studenti che sarebbero passati per i corridoi della scuola.
Mi avvicinai a Christian, la bottiglietta di acqua che stavo tracannando pochi secondi prima ancora in mano. «Congratulazioni!» esclamai quando il suo sguardò incrociò il mio.
Lui mi sorrise e mi strinse in un veloce abbraccio. «È stato fantastico. Finalmente siamo riusciti a vincere, sarebbe stato davvero triste perdere tutti i campionati dalla prima fino alla quinta.»
«Vi siete allenati un sacco, è stata una vittoria meritata» gli sorrisi a mia volta. Ero davvero contenta, fare cheerleading mi rendeva euforica, ma lo faceva ancora di più quando potevo incoraggiare la squadra della mia scuola alla vittoria.
Mentre parlavamo, vidi con la coda dell'occhio Cora, con il suo vestito a fiori che sembrava indossare in ogni occasione propizia. Era scesa vicino alle panchine a bordo campo, ma sembrava voler tornare indietro sugli spalti.
Corrugai la fronte. «Scusa, Christian. Vado un attimo, ci sentiamo dopo.»
Lui annuì, rubandomi la bottiglia di in mano e finendola.
Rincorsi Cora fra la folla di persone che erano scese fra gli atleti per complimentarsi, passando di fianco a Flora, Elia e Nicolò, ma non sembrava essere andata da loro.
Alzai lo sguardo verso gli spalti e la vidi mentre saliva le scale di cemento. La raggiunsi, con il fiatone, prima ancora che potesse fare gli ultimi due scalini.
Lei era leggermente più in alto di me, così, quando le presi il polso per farla girare, i suoi occhi erano alla stessa altezza dei miei. Non era la prima volta che li vedevo così da vicino, ma ancora non riuscivo a concepire come potessero essere così belli.
«Non vieni a congratularti con i ragazzi?» le chiesi, perché non c'era alcun motivo per cui avessi dovuto seguirla e dovevo inventarmi qualcosa. «O a dirmi quanto sono stata brava?»
Lei sembrava quasi sorpresa. «Stavo venendo, ma ti ho vista occupata. Pensavo che ti avrei potuto parlare dopo.»
«Occupata?»
«Sì, eri con Christian. Non volevo interrompere.»
«Stavamo solamente facendo due chiacchiere, non avresti interrotto nulla di importante» le dissi, spostando lo sguardo sulla mia mano ancora intorno al suo polso e poi di nuovo su, verso i suoi occhi. Mi morsi il labbro prima di parlare, come a cercare di fermarmi dal dire quello che stavo per dire, ma non ci riuscii. «E comunque, tu puoi interrompere qualsiasi conversazioni io stia mai avendo, non c'è altra persona con cui preferirei parlare all'infuori di te.»
Lo so, avrei dovuto lasciar andare, avrei dovuto trattenermi dal flirtare con lei. Era abbastanza ovvio che non mi vedesse in quel modo, ma che per lei io fossi solamente un'amica. Ma il rosso sulle sue guance mi faceva sempre ricredere. Perché dovrebbe arrossire in quel modo se non avesse provato nulla per me? La vedevo con Flora, la persona più appiccicosa che avessi mai conosciuto, e con lei non arrossiva mai, nemmeno quando le dava piccoli baci sulle guance o quando la portava in giro tenendola per mano.
Forse avrei dovuto dirle come mi sentivo, dirle chiaro e tondo quanto mi piacesse e come lo avessi capito in quegli ultimi giorni e quanto mi facesse male non avere una risposta diretta.
Se mi avesse detto di no, non avrei più avuto molto da fantasticare.
Cora era rimasta in silenzio, probabilmente nemmeno io avrei saputo cosa rispondere a quel mio commento.
Esalai un piccolo sospiro, lasciandole andare il polso. «Perché non andiamo dagli altri?»

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora