Capitolo 39 ♡ Cora

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Ogni maggio la nostra scuola organizzava una gita scolastica per le classi di ogni anno. Le quinte, tuttavia, erano le uniche a permettersi una meta lontana, dove avrebbero passato due notti in hotel. Per tutte le altre classi le gite scolastiche di spalmavano sull'arco di una sola giornata.
Quella settimana toccava alle sezioni D, E ed F, tutte ammassate nello stesso autobus nero e argento.
«Cora, non posso sapere se Dana verrà oggi. Sei tu quella che è sua amica, avresti dovuto chiederglielo per tempo. Ma anche se venisse, non ti lascerò sedere di fianco a lei nell'autobus» stava dicendo Flora, mentre aspettavamo impazienti che l'autista ci desse il via libera per la corsa verso i sedili in fondo.
Fra tutti i problemi con la borsa di studio ed Elia, mi ero completamente scordata di quella gita, così non avevo mai chiesto a Dana se sarebbe venuta. Non l'avevo ancora vista in mezzo alle decine di studenti, ma tre sezioni dell'ultimo anno erano presenti, quindi sembrava difficile scorgerla fra tutte quelle teste. Eppure avevo visto Christian e Rachele, ben lontani l'uno dall'altra.
«Potrebbe essere anche una tua amica, se lo volessi.»
Flora grugnì. «Dovrebbero pagarmi per diventare sua amica. Senza offesa. Anzi, no. Con offesa. Perché sappiamo entrambe che nemmeno tu vuoi essere sua amica.»
«Cosa stai blaterando?» le chiesi totalmente confusa, le sopracciglia corrugate.
Flora alzò gli occhi al cielo, come se la verità fosse così evidente che solamente uno stupido non avrebbe potuto comprenderla. «Vuoi che lei sia la tua fidanzata. Anche se sai benissimo che non approverei una relazione del genere.»
«Farò finta di non averti sentito» borbottai io.
Dopo aver preso i nostri posti, verso il centro dell'autobus, dal finestrino, in mezzo alla massa di studenti accalcati, la vidi. Non sembrava molto contenta di essere lì e si guardava attorno, come alla ricerca di qualcosa.
«Vedo che sei riuscita a trovare la tua bella» disse Flora, la sua testa praticamente sopra la mia spalla sinistra. Un suo riccio mi stava per finire in bocca.
«Lasciala stare, Flora» la ammonì Elia, seduto dietro di noi insieme a Nicolò, per poi rivolgermi un piccolo sorriso.
Non eravamo ancora tornati a parlarci come un tempo, ma si era scusato per essere scappato e io mi ero scusata nuovamente per averlo lasciato e ora sembrava che le cose stessero tornando verso la normalità. Con molta calma, com'era giusto che fosse.
Inutile dire che mi sentivo in colpa ogni volta che Dana saltava fuori nelle conversazioni fra me e Flora, soprattutto quando Elia era a portata di orecchio. Avevo provato a chiedere a Flora di smetterla, ma lei insisteva con il dire che un po' di dolore adesso avrebbe aiutato in futuro, quando io e Dana ci saremmo messe insieme. Io non ero assolutamente d'accordo, sopratutto perché io e Dana non ci saremmo mai messe insieme, ma non riuscivo a farla stare zitta.
Parlando di lei, Dana trovò posto solamente nelle prime file del bus, vicino ai professori che ci avrebbero accompagnati per quei giorni. Il viaggio non sarebbe stato lungo, ma averla così vicina e allo stesso tempo così lontana mi faceva sentire tutta strana.
Passammo quelle due ore a mangiare dei dolcetti che Nicolò aveva nascosto nello zaino - anche se era severamente vietato mangiare o bere - e a parlare di cosa ci sarebbe piaciuto fare una volta arrivati. Il tutto intervallato dei giochini stupidi di Flora, tipo indovina a che persona sto pensando in sole tre domande. Era impossibile batterla, ve lo posso giurare.
La prima tappa, una volta arrivati, fu il nostro hotel. Da fuori sembrava il classico posto che offriva le camere alle studentesche: vecchio, sporco e troppo piccolo perché ci potessimo effettivamente stare tutti. Nicolò ed Elia, con la loro solita fortuna di essere fra i pochi maschi della nostra classe, si erano accaparrati una doppia. Loro non avrebbero sicuramente avuto problemi di spazio. Io e Flora, invece, eravamo state infilate in una quadrupla con altre nostre due compagne e dubitavo fortemente che dietro la nostra porta si trovasse veramente una camera con quattro letti.
Eravamo nell'atrio, con i professori che chiamavano ad uno ad uno i gruppi delle proprie classi per consegnare le chiavi delle camere, quando una discussione abbastanza infuocata si accese dall'altro lato della stanza.
Vidi la faccia di Dana e subito capii che cosa stesse succedendo.
«No, non andrò in camera con lei!» stava urlando una ragazza rossa che non avevo mai visto prima di allora. «Chi ha deciso che devo stare in camera con lei?»
All'improvviso tutti si erano fatti silenziosi.
«Avevamo chiesto le preferenze sulle camere il mese scorso, non ci hai mai fatto sapere nulla, così come Dana. Quindi siete finite insieme nella doppia, ormai non ci si può far nulla» stava cercando di spiegarle un professore mezzo pelato. Dal suo tono di voce esasperato sembrava averglielo già detto almeno cinque volte.
«Beh, io mi rifiuto di stare con lei!»
«Non puoi rifiutarti, non ci sono altre stanze disponibili e anche se ci fossero, ormai abbiamo pagato per queste» disse l'uomo, passandosi una mano fra i pochi capelli che aveva ancora in testa.
«Ma potrò fare a cambio con qualcuno, no?» chiese la ragazza, imperterrita ad uscire vincitrice da quella situazione.
La nostra professoressa di inglese si intromise nella conversazione, lasciando la distribuzione delle nostre chiavi incompleta. «Falle cambiare stanza con qualcun altro e basta. Siamo già in ritardo, non abbiamo tempo da perdere in sciocchezze.»
La rossa si guardò attorno, cercando qualcuno dei suoi compagni a cui affibbiare il compito di stare in camera con Dana, la quale era rimasta estremamente silenziosa per tutto lo scontro. Tuttavia sembrava che nessuno volesse prendersi la briga di offrirsi volontario. Non credo che tutti odiassero Dana a tal punto, ma aspettavamo quella gita da tempo, era uno dei pochi momenti di tuto quell'anno frenetico in cui avremmo potuto staccare la spina dalla scuola e dallo studio e passare del tempo insieme ad amici che presto non avremmo più rivisto. Non potevo biasimare chi non volesse lasciare il proprio amico per andare con una semi-sconosciuta.
«Prof!» esclamò Flora, attirando l'attenzione di tutti verso di lei.
Che cosa aveva intenzione di fare?
Le rivolsi uno sguardo dubbioso poco prima che prendesse il mio braccio, alzandolo in aria. «Carlotta è disposta a stare in camera con Dana, anche se è di un'altra classe spero vada bene lo stesso.»
«Pensavo che do-»
«Shh» mi zittì lei, senza neanche rivolgermi un'occhiata.
La professoressa scosse la testa, gli occhi verso il cielo. «Certo, perché no. Non c'è nessuno regolarmente che dica che non si possa fare. Ora, torniamo alle chiavi e chi ha già una stanza si sbrighi a salire. Si riparte fra venti minuti.»
Io e Dana in una stanza.
Certo.
Perché no?
Probabilmente ci sarebbe stato anche un solo letto.
Tanto valeva ammazzarmi lì e fine.
«Flora» provai a dire, cercando di sembrare perentoria. «Che cavolo ti è saltato in testa?»
Lei mi prese per le spalle, guardandomi dritto negli occhi con le sue iridi brillanti. «Ce la puoi fare. Ringraziami dopo. Ora vado a cercare di farmi amica quella tipa, se iniziamo con il piede sbagliato ho la sensazione che non passerò due belle serate.»
Mentre ritiravamo la chiave e lasciavamo i nostri bagagli in stanza, io e Dana parlammo del più e del meno. Cercavo di non sembrare in imbarazzo al pensiero di condividere una stanza con lei, ma Dana sembrava aver captato qualcosa e così anche lei sembrava essere sulle spine.
Passai il resto della giornata attaccata a Flora, con la scusa che non avremmo potuto dormire insieme, quindi dovevo rifarmi per il tempo perso. I professori ci portarono per una passeggiata su quello che loro chiamavano un lungomare, ma che sembrava più un porto. Avevano prenotato una visita guidata nel museo del mare, con tanto ti di tour dentro un sottomarino storico. Poi le nostre classi si divisero per cena, scaglionati in orari diversi per non occupare un intero ristorante.
Poi fu il momento di tornare in hotel ed andare a dormire. Fatta eccezione per il fatto che in molti non sembravano voler andare a dormire. Flora mi aveva supplicata di raggiungerla in camera loro, perché le nostre compagne avevano deciso di organizzare una mezza festa clandestina. Ci sarebbero state pochissime persone, mi aveva assicurato, ma sarebbe comunque stata una festa clandestina.
Avevo chiesto a Dana se avesse avuto piacere ad andare nella speranza che mi dicesse di no e che io potessi sgattaiolare in camera di Flora e magicamente sparire per tutta la notte, ma alla fine mi aveva seguita, dicendo che non aveva sonno quindi perché no.
In quel momento volevo solamente morire. Per caso l'avevo già detto?
Attraversammo il corridoio che separava le due stanze in punta di piedi, bussando piano sulla porta, così piano che avevo paura non ci avessero sentite, ma dopo pochi secondi l'uscio si aprì, lasciando giusto lo spazio per sgusciare dentro.
Flora ci accolse con un largo sorriso, mentre le altre persone nella stanza ci studiavano. Alla fine si era costruito un gruppo di almeno cinque ragazze e un paio di ragazzi, oltre a noi, tutti disposti per terra, ai piedi dei due letti a castello che occupavano gran parte della stanza. Le valigie erano state issate sui materassi per fare più spazio agli invitati, anche se l'unica cosa che comunque si riusciva a fare era sedersi in cerchio.
Ovviamente non c'era traccia di Nicolò ed Elia, ma almeno non vidi nemmeno Rachele, il che era una piccola vittoria. Per il resto, conoscevo quasi tutti, non gli avevo praticamente mai rivolto la parola, ma avevamo passato gli ultimi cinque anni in classe insieme.
Presimo parte al cerchio sotto gli occhi di tutti, la ragazza rossa, in particolare, sembrava abbastanza scocciata della nostra presenza, ma non osò fare una scenata, per qualche motivo. Probabilmente Flora l'aveva convinta in qualche modo.
«Siccome non possiamo fare troppo casino, propongo di giocare a due verità ed una bugia» propose Flora.
«Perché non al gioco della bottiglia?» ridacchiò uno dei ragazzi.
«È per i bambini delle medie, cresci» ringhiò lei di rimando, facendolo subito zittire. Nessuno ebbe più nulla da ridire sulla scelta del gioco.
La cosa più strana fu che, proprio la ragazza che non voleva condividere la stanza con Dana, si propose come prima giocatrice. Ma dopo che iniziò ad elencare le sue verità e bugia capii subito il perché.
Ogni volta che diceva un fatto, alzava con molta teatralità un dito della mano destra, come a contarli. «Dana è la persona più orribile sulla faccia della Terra. Dana non dovrebbe trovarsi in questa stanza. E sono abbastanza sicura che Dana si sia fatto anche il mio ragazzo, mentre stava con Christian.»
Ero abbastanza sicura che non fosse così che il gioco funzionasse e sembrava che Flora la stesse per ammonire in qualche modo, ma lei non le diede il tempo di farlo. Tutti gli altri sembravano troppo concentrati sul dramma che stava accadendo davanti ai loro occhi per aver qualcosa da ridire al riguardo.
«Dana! Perché non vai tu, adesso?» chiese la ragazza rossa, dall'altro lato esatto del cerchio rispetto a me. Aveva un sopracciglio alzato, come alla ricerca di una di una sfida e pensasse che Dana non fosse pronta a dargliela.
«Certo perché no» replicò Dana. Aveva la faccia contrita e sembrava estremamente alterata, pronta a servire su un piatto d'argento la sfida che la ragazza stava aspettando. «Sono del segno dell'Ariete» iniziò a contare sulle sue dita. «Sono nata il ventinove maggio. E la persona con cui ho tradito Christian non esiste, perché non l'ho mai tradito.»
Tutti scoppiarono in piccoli suoni mozzati e sorpresi.
Le sue due prime frasi si annullavano a vicenda e quindi era abbastanza ovvio che la bugia fosse la seconda o la prima. Nessuno aveva una conoscenza dei segni zodiacali così bassa da non capirlo.
Volevo dire qualcosa, qualunque cosa, ma rimasi in completo silenzio mentre una ragazza prendeva la parola. «Oh, sei una grande bugiarda! Si per certo che sei andata a letto con Diego, lui e Christian erano migliori amici, ora non si parlano più, ci deve essere un motivo dietro.»
La bionda al suo fianco annuì vistosamente. «Ha ragione, potrebbe davvero essere andata con Diego. Dovremmo andare a chiederglielo?»
«E pensi che confesserà? Non è il tipo.»
«Okay! Basta! Passiamo alla prossima persona» cercò di riportare l'ordine Flora, ma ormai sembravano essere tutti partiti per la tangente delle cospirazioni su chi mai poteva essere l'uomo misterioso.
Flora guardò Dana con fare omicida e quest'ultima iniziò ad alzarsi lentamente. Immaginai che ormai la festa fosse finita per noi.
Mentre la stavo seguendo verso la porta, lei si girò verso il piccolo gruppetto. «E comunque, sono lesbica. Quindi fatevi due conti.»
Io non sapevo cosa fare.
Ero stata completamente presa contropiede da quella sua affermazione. Non avrei mai pensato che quella serata avrebbe potuto prendere una piega del genere.
Mi limitai a seguirla fuori dalla porta nel silenzio che era calato in mezzo al gruppo.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora