Capitolo 24 ♡ Dana

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All'improvviso la ricreazione tornò ad essere il mio momento preferito della giornata.
Dall'inizio della scuola avevo imparato ad odiare quei dieci minuti in cui tutti si dimenticavano di essere in classe, tiravano fuori i cellulari e si mettevano a commentare gli avvenimenti degli ultimi giorni mangiando merendine vendute in sovrapprezzo dalle macchinette.
Non avevo più amici con cui vagare per i corridoi o con cui mettermi a ripassare per le ore seguenti, quindi finivo per chiudermi nel mio angolo, giocando con il telefono, cercando di non ascoltare quello che i miei compagni spesso dicevano di me.
Ora, invece, Rachele aveva preso l'abitudine di trascinarmi in palestra, nello sgabuzzino che nessuno sembrava usare, lo stesso sgabuzzino dove mesi prima ero entrata con Cora. Era lo stesso luogo, eppure con Rachele sembrava estremamente diverso.
Contro ogni mio migliore giudizio, avevo iniziato ad aspettare con ansia quei pochi momenti rubati dove ci nascondevamo dagli altri per baciarci. Non facevamo altro, solamente quello, per tutta la durata della ricreazione. Erano pochi minuti, ma al mio cuore sembravano delle ore.
«Come vi state preparando tu e quella ragazzina per la prossima prova?» mi chiese un giorno, mentre si guardava nella telecamera del telefono per controllare di non essere in disordine prima di uscire dallo sgabuzzino.
Era passata quasi una settimana dall'ultimo incontro con la vicepreside e presto sarebbe stata annunciata la data precisa in cui avremmo dovuto sostenere la sfida, ma Cora non mi aveva più scritto o detto nulla.
Avrei potuto mandarle un messaggio io, ma un po' mi meritavo di essere bellamente ignorata. E poi, mia mamma era più che contenta dei risultati che stavo ottenendo, era Cora quella che avrebbe dovuto interessarsi del nostro rendimento.
«Non stiamo facendo nulla» risposi. «Non vedo proprio cosa potremmo fare.»
«La mia compagna di squadra mi obbliga a fare una chiamata ogni giorno, per raccontarci la nostra giornata. Pensa che così ci conosceremo meglio. Crede che la prova sarà tipo uno di quei quiz show dove testano la compatibilità di una coppia» disse lei, rimettendosi il telefono in tasca.
Sembrava trovare stupida quell'idea, ma ora che lo diceva non mi sembrava così improbabile che si trattasse proprio di quello. Insomma, ci avevano fatto fare una specie di caccia al tesoro e un balletto in tuta da ginnastica, ormai non mi sarei più stupita di nulla.
«Comunque,» continuò Rachele, «devo andare.»
Uscì in un turbinio di capelli biondi, lasciandomi da sola nello sgabuzzino. Si era inventata questa regola che dovevamo aspettare qualche secondo prima di andarcene, fra una e l'altra. Guardai l'orologio del telefono, non erano nemmeno passati cinque minuti, la ricreazione era a malapena a metà. Ponderai l'idea di andare a cercare Cora, ma lasciai perdere.
Tanto, in quei giorni, sembrava molto più impegnata con il suo nuovo fidanzato che con la borsa di studio. Forse non le importava nemmeno più.
Giusto quella mattina l'avevo vista in cortile, mentre aspettava che la prima campanella suonasse per entrare in classe. Era sempre con i suoi soliti amici, ma le sue braccia erano avvinghiate a quelle di lui. Non sapevo nemmeno il suo nome e, per quanto me ne sarebbe dovuto importate, potevo benissimo non scoprirlo.
Poi, poco prima di superare il portone d'ingresso, si erano baciati.
Era tutta la giornata che una morsa stretta mi attanagliava il petto e nemmeno i baci di Rachele erano riusciti a scioglierla. Sarei dovuta essere felice per lei che sembrava essere al settimo cielo. Sarei dovuta essere indifferente, visto che alla fine ci conoscevamo a malapena. Sarei dovuta essere tutto tranne che gelosa.
E invece lo ero e mi odiavo per questo.
Vederla sorridere con lui era quasi peggio di vederla triste.
Aspettai che la ricreazione finisse dentro lo sgabuzzino, uscendo solamente pochi secondi prima dello scattare della campanella.
Attraversando i corridoi dalla palestra fino alla mia classe sarei dovuta passare anche davanti all'aula di Cora e, con la mia grande fortuna, la incontrai proprio fuori dalla porta. Sembrava che il loro professore non fosse ancora arrivato e tutti i ragazzi erano ancora intenti a godersi la pausa.
Era con il suo fidanzato, stavano ridendo per non so cosa. Avrei potuto ingoiare la bile che si stava facendo strada nella mia bocca e allontanarmi, facendo finta di nulla, invece mi avvicinai con passo sicuro, come se non ci fosse stato altro posto al mondo dove avessi dovuto trovarmi.
«Posso rubartela per qualche secondo?» chiesi a lui, studiandolo da vicino per la prima volta. Che cosa mai ci vedeva in quel tipo allampanato dai capelli spettinati?
Lui guardò Cora, titubante, cercando nei suoi occhi la risposta alla mia domanda. Quando lei annuì impercettibilmente se ne andò.
«Stavo aspettando che mi scrivessi per incontrarci» le dissi dopo che il ragazzo fu rientrato in classe. «Non vuoi più vincere la borsa di studio?»
La mia voce era arrabbiata e dura, più di quanto avrebbe dovuto essere. Non c'era alcun bisogno per la mia collera di fuoriuscire in quel modo, su di lei. Cercai di calmarmi, passandomi una mano fra i capelli e prendendo un piccolo respiro.
Cora mi rivolse un'occhiata truce. «Certo che no. Ho ancora bisogno della borsa di studio, sono solamente stata... impegnata.»
Avrei potuto scommettere su cosa era stata impegnata a fare.
«Va bene, basta che mi fai sapere per tempo se dobbiamo incontrarci, ho sentito altre squadre e alcuni pensavo che potrebbe trattarsi di un quiz sulle conoscenze che abbiamo l'una dell'altra.»
«Tipo quelli in tivù, dove vanno le coppie?»
«Sì, proprio come quelli» risposi.
Un sorriso le si accese sul volto. «Sarà un sacco divertente allora.»
Non avrei potuto condividere quell'affermazione con lei, diciamo che quello non era il mio classico modo di divertirmi, ma sicuramente sarebbe stato interessante guardare le altre coppie. La stessa cosa non si sarebbe potuta dire di quando ci saremmo state noi al loro posto.
«Immagino sarà meglio delle altre prove. Comunque, mandami un messaggio per quando sei libera» conclusi io, salutandola e tornandomene in classe.
Il messaggio questa volta arrivò molto prima del previsto. Solamente qualche ora dopo, mentre mi trovavo ancora a scuola, mi scrisse che sarebbe passata a casa mia quello stesso pomeriggio.
Durante la giornata sembrò che la teoria iniziata dalla compagna di squadra di Rachele si fosse diffusa in mezzo alle coppie ancora in gara. Sentii almeno tre persone diverse parlarne con fare cospiratorio. Tutti erano d'accordo sul fatto che fosse l'opzione più probabile, l'unica voce che stonava dal coro era quella di Rachele.
Lani era super emozionata per l'arrivo di Cora. Le aveva preparato un cubo di rubick di diverse tonalità di rosa come regalo. Mi chiese almeno dieci volte se ero sicura che le piacesse il rosa. Io non avevo idea di quale fosse il suo colore preferito, ma avevo notato che la maggior parte del suo guardaroba tendeva al rosa e ai toni caldi quindi speravo di averci azzeccato.
Cora, quando si ritrovò in mano il cubo, rivolse un grande sorriso a Lani. «È davvero bellissimo! Sei sicura che io possa tenerlo? Dana mi ha detto quanto li ami.»
«Sì, è tuo adesso. Se vuoi posso insegnarti come si risolve» annuì Lani, speranzosa di poter mettere le mani su un'altra vittima.
«Magari la prossima volta, Lani. Adesso dobbiamo andare a studiare» la bloccai sul nascere io, rispedendola in camera sua.
«Scusa, è il suo modo di farti capire che ti considera sua amica. Non devi tenerlo se non lo vuoi» dissi poi rivolgendomi a Cora una volta che Lani fu fuori portata d'ascolto.
Lei parve sconcertata dalla proposta di non portarselo a casa. «Mi fa davvero piacere che mi abbia fatto un regalo. Lo conserverò con cura. E poi avrò bisogno di un cubo se mi deve insegnare, no?»
«Immagino.»
Volevo sembrare distaccata e fredda, ma dentro mi stavo sciogliendo come gelato sotto il sole d'agosto. La dolcezza di Cora sembrava non aver nessun confine. Dove altre persone avrebbero reagito con astio, con schifo, con paura, lei si comportava con gentilezza e non lo faceva solamente per compiacere gli altri, era fatta così e basta.
Le feci strada verso camera mia, anche se ormai conosceva la strada a menadito. Le ultime volte che era venuta dovevamo provare un ballo, quindi stavamo per la maggior parte del tempo in piedi, mezze sudate nei nostri abiti sportivi. In quel momento, c'eravamo invece sedute a gambe incrociate sul letto, una davanti all'altra.
Stava indossando lo stesso vestito che aveva messo dopo la seconda prova, questa volta con un aggiunta di spesse calze nere a fasciarle le gambe. Ancora non riuscivo a capire come facesse a non avere freddo. Dentro casa i caloriferi erano accessi, ma fuori c'erano a malapena quattro gradi.
«Qualche idea su come potremmo prepararci?» le chiesi, una volta che il nostro silenzio divenne troppo imbarazzante anche per me.
«Stavo pensando... conosci quel gioco delle domande per innamorarsi di un'altra persona?» Io annuii e le continuò a parlare. «Se si tratterà veramente di quello che si dice in giro, non penso ci sia modo più adatto per conoscersi. Quelli che l'hanno ideato sostengono che rispondendo a tutte le domande si finirà per comprendere affondo l'altra persona. È un metodo veloce ed efficace, a mio parere.»
«Siamo veramente sicure che queste domande funzionino?» domandai.
La sua faccia diventò rossa mentre balbettava un: «A noi non serve che funzioni sul serio. Non dobbiamo innamorarci. Solo conoscerci.»
«Intendevo dire, siamo veramente sicure che ci bastino queste domande per conoscerci a fondo?»
Lei rilassò le spalle, rivolgendo gli occhi grigi dall'altro lato della stanza. «Giusto. Beh, possiamo provare. Di sicuro scopriremo qualcosa di cui non siamo già a conoscenza. E poi non dobbiamo seguirle alla lettera, possiamo anche divagare, se ci sembra opportuno.»
«Okay, domande per innamorarsi siano, allora» annunciai sporgendomi verso il pavimento, dove il mio computer era stato lasciato poco prima dell'arrivo di Cora.
Cliccai sul primo sito che mi uscì nella pagina di ricerca. Le prime domande non mi piacevano, così saltai direttamente alla quinta.
«Qual'è l'ultima volta che hai cantato da solo? E per qualcun altro?» lessi ad alta voce.
«Ne hai saltate quattro, così non vale» si lamentò Cora. «Dobbiamo iniziare con che persona, viva o morta, vorresti portare a cena» disse indicando la prima domanda, scritta in grassetto.
«È una domanda noiosa.»
«Dobbiamo farle tutte se vogliamo che funzioni.»
«Va bene, penso sceglierei Kristen Stewart.»
Cora corrugò le sopracciglia, un leggero sorriso divertito si stava facendo largo sulla sua faccia. «Quella di Twilight?»
«In questa casa non si parla di Twilight, però sì, proprio lei. È triste che tutti la ricordino per il ruolo di Bella, quello non è certamente stato l'apice della sua carriera» mi difesi io.
«È la risposta più gay che avresti mai potuto dare» ridacchiò lei.
Rimasi stupita dalle sue parole. Perché mai Kristen Stewart avrebbe dovuto essere un'icona gay? Sapevo che stava con una donna, ma bastava solamente quello per portarmi allo scoperto?
«Okay, ora tocca a te rispondere» tagliai corto io. Glielo avrei voluto dire, glielo avrei potuto dire e lei non avrebbe battuto ciglio, lo sapevo, ma qualcosa mi diceva che non era ancora arrivato il momento giusto.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora