Capitolo 25 ♡ Cora

522 29 0
                                    

Piccolo avviso:
Avevo già pubblicato i seguenti quattro capitoli, però non mi piaceva la piega che stava prendendo la storia quindi ho deciso di metterli da parte e riscriverli con calma. Anche se eravate già in pari con la storia vi consiglio di rileggerli in quanto molti punti chiave delle vicende sono stati cambiati/cancellati.

Detto questo, vi auguro una buona lettura!

Le prime domande sembravano abbastanza divertenti.
Scoprii che Dana sarebbe stata felice di diventare famosa, anche se non sapeva ancora bene per cosa. Io le dissi che avrei preferito l'anonimato, a meno che non facessi una scoperta in campo marino, in quel caso avrei voluto che tutto il mondo conoscesse la mia ricerca, ma non era importante che conoscessero il mio nome.
Scoprii che, a differenza mia, non trovava alcun problema nel parlare con qualcuno al telefono.
Scoprii che per lei un giorno perfetto era un giorno passato ad allenarsi per poi tornare a casa e giocare con Lani. A me andava bene qualsiasi giorno in cui non avessi dovuto lavorare al cinema, così da poter uscire con i miei amici o poter passare il pomeriggio stravaccata sul divano, con Lenticchia sopra le mie gambe.
Scoprii che cantava sempre le sue canzoni preferite sotto la doccia, ma non amava esibirsi per un pubblico. Anch'io non cantavo mai, tranne quelle rare volte in cui Flora decideva di mettere le casse a tutto volume, improvvisando un concerto in camera sua.
Scoprii che preferiva avere un corpo da trentenne per il resto della sua vita, invece che una mente da trentenne. Diceva che col tempo sarebbe sicuramente diventata più saggia di quanto sarebbe stata a trent'anni e non riuscivo a trovare un argomentazione per sostenere la tesi contraria.
Poi, le domande iniziarono a farsi sempre più cupe e profonde.
«Pensi mai al modo in cui morirai?» lesse in un bisbiglio Dana.
«No, ma ho paura di morire da sola, come Mastro Don Gesualdo.»
Dana alzò un sopracciglio, divertita. «Citi spesso Verga nelle tue conversazioni normali?»
Io mi strinsi nelle spalle. «Sono una persona di cultura, cosa ci vuoi fare.»
«È anche una delle mie paure, quella di morire da sola» disse poi, tornando seria. Stava guardando le sue mani, ferme sulla tastiera del portatile. «Non ci avevo mai pensato prima che iniziassero i pettegolezzi. Avevo sempre dato per scontato che sarei stata circondata da amici e parenti. Ora ho pochissime persone che sono sicura di trovare sul mio letto di morte.»
Allungai le mie dita verso le sue, cercando di creare con quel tocco una fonte di conforto per tutte e due.
«Quando facevo ancora parte delle cheerleader avevo spesso paura di morire durante qualche salto, però» concluse infine, passando alla riga successiva.
Il vero casino iniziò con la domanda numero tredici.
«Se una palla di cristallo ti potesse dire la verità su te stesso, sulla tua vita, sul tuo futuro o su qualsiasi altra cosa, tu cosa sceglieresti?»
«Facile. Il mio futuro» risposi decisa io. «Così potrei sapere se ho vinto o no la borsa di studio e togliermi un sacco di paranoie.»
«A proposito, non mi hai mai detto perché ti serve così tanto questa borsa di studio» disse Dana, lanciandomi un'occhiata furtiva. Era la prima volta che mi faceva delle domande di sua spontanea volontà, senza che dovessi intavolare io la conversazione - cosa che mi metteva sempre a disagio. Se me lo avesse chiesto all'inizio della nostra amicizia, probabilmente avrei cercato di non rivelare troppo della mia situazione familiare, ma sembrava veramente interessata a quello che si celava dietro la mia fama di vincita. Decisi che si meritava la verità. Ci stavamo aprendo l'una con l'altra, d'altronde.
«I miei genitori sono divorziati» iniziai a spiegare. «Papà mi ha pagato la scuola - la sta tutt'ora pagando - solamente perché lo prevedeva l'accordo con gli avvocati. In realtà non vuole avere nulla a che fare con me. Mia mamma non ha abbastanza soldi per permettermi di andare all'università e questa borsa di studio è uno dei miei pochi appigli verso il mio sogno di studiare biologia marina. È per questo che mi serve.»
Lei studiò le mie parole, il mio viso, con molta cura prima di replicare: «È per questo che lavori al cinema?»
«Sì, aiuto mamma a pagare l'affitto e le bollette. Ma basta parlare di me, dimmi tu che cosa vorresti sapere dalla palla di cristallo?» cercai di sviare il discorso io. Non ero ancora pronta per vedere pietà e compassione farsi largo sulla sua faccia.
Lei sembrava aver capito quanto fossi a disagio e non esitò a tornare indietro, alla domanda. «Penso che gli chiederei anch'io del mio futuro. Per sapere se le cose prima o poi andranno meglio, o se vivrò in questo inferno per anni.»
Annuii, prendendo la sua risposta come un dato di fatto, perché ero sicura che nemmeno lei volesse che provassi pietà per lei. E non provavo pietà per lei, solamente un'immensa tristezza. Da quello che avevo capito la sua vita girava intorno a Christian, Rachele e alle squadra di cheerleading. E ora non aveva più nessuno dei tre. Non si meritava tutto quello. Solo per uno stupido errore che non si sapeva nemmeno se avesse compiuto o no. Erano tutte voci di corridoio.
«Se sapessi che nel giro di un anno morirai, cosa cambieresti della tua vita?» lessi io. «Uh, spero proprio che non porti iella questa domanda. Probabilmente cambierei fin troppe cose, comunque. Sono la regina di avere rimpianti.»
Alcune persone lo pensavano sul serio, che qualunque sfida il mondo ci facesse affrontare era fatta su misura per noi e solamente noi eravamo in grado di superarla. Nel profondo del mio cuore lo pensavo anch'io, ma era difficile ricordarselo quando le cose si facevano sempre più complicate.
«Penso che tu sappia cosa rifarei io. O meglio, che cosa non farei. Se non fosse stato per quella festa di Halloween ora non mi troverei qui» ringhiò Dana. La rabbia che ero sicura stesse provando ormai da mesi stava facendo breccia nelle sue parole, uscendo finalmente allo scoperto. Sembrava sempre così fredda, così ponderata, ma finalmente mi stava lasciando vedere oltre quella facciata.
«Alla festa di Halloween? Di che cosa stai parlando?» le chiesi di rimando io. Dana mi stava fissando, i suoi occhi scuri indugiarono per qualche secondo di troppo sui miei prima di allontanarsi bruscamente. Sembrava sul punto di rivelarmi qualcosa, ma era come se una forza la stessa bloccando, dall'interno, rendendola insicura sul da farsi.
«Qualsiasi cosa tu ti stia tenendo dentro posso vedere come ti stia mangiando viva. Sai, se mai vorrai raccontarmi la tua storia io non ti giudicherei mai» mormorai, allunga le dita sul materasso, alla ricerca della sua mano adagiata sulle coperte.
I miei polpastrelli avevano appena sfiorato la punta della sua mano quando lei si ritrasse di scatto, prendendo in tutta furia il suo telefono, appoggiato da qualche parte dietro di lei. Aveva iniziato a suonare, proprio in quel momento.
«Scusami, devo rispondere. È Rachele» disse poi Dana, gli occhi spalancati e iniettati di sangue.
«Perché ti sta chiamando?» la domanda suonava stupida perfino alle mie orecchie, ma era stato più forte di me.
«È complicato...» rispose secca lei. Davanti alla mia faccia sconvolta, aggiunse: «Stiamo lavorando sulla nostra relazione, non voglio rovinare quest'opportunità.»
Uscì dalla stanza, chiudendosi la porta alle sue spalle. La sua voce arrivava ovattata attraverso il muro e, anche volendo, non sarei riuscita a capire una parola di quello che stava dicendo.
Le mie mani stavano sudando e il mio cervello stava andando in tilt. Che cosa dovevi fare in situazioni del genere?
Ritornò cinque minuti dopo, anche se sembrava essere passata un eternità di tempo.
Aveva gli occhi fissi sul telefono, ora spento, come se lo schermo nero avesse potuto nascondere la chiave del suo futuro.
«Ne vuoi parlare?» le chiesi. La curiosità mi stava mangiando viva da dentro. Volevo sapere perché Rachele aveva deciso di instaurare nuovamente un rapporto con la sua ex-migliore amica. Non era mai sembrata vogliosa di perdonare Dana. Anzi, sembrava essere la sua prima aguzzina. Che l'avesse scoperta in flagrante, mentre tradiva Christian, come dicevano tutti i pettegolezzi? Era stata Dana a confessarglielo? Chi era il ragazzo con cui era stata? Perché Christian non le bastava? Che cosa ci faceva nella stanza di Rachele, alla festa di Halloween, sdraiata nel suo letto?
La luce del sole, fuori dalle finestre, stava diventando rosata, lasciando spazio al buio della sera. Fra poco sarei dovuta tornare a casa se non avessi voluto perdermi la cena. Ma dovevo sapere.
Dana lanciò il telefono contro il muro, in un impeto di rabbia. Il cellulare si schiantò con un tonfo sordo contro la parete, per poi ricadere sul pavimento, con lo schermo completamente distrutto. Poi lei iniziò a piangere. Si portò le mani al volto, scivolando per terra, la testa sepolta dalle sue braccia.
Non sono mai stata la persona più indicata per calmare qualcuno nel bel mezzo di una crisi di nervi. Di solito ero io quella che doveva essere calmata. E vederla in quello stato distrutto mi stringeva il petto in una morsa stretta.
Per qualche secondo ponderai l'opzione di chiamare Flora, di chiederle aiuto in quella situazione anormale, ma alla fine mi accucciai di fianco a Dana.
La abbracciai, girando le mie braccia intorno al suo corpo, stringendola come avrebbe fatto una mamma con una bambina spaventata. Le iniziai ad accarezzare i capelli scuri, in piccoli movimenti, dall'alto verso il basso.
I suoi singhiozzi che all'inizio rompevano il silenzio della stanza come fuochi d'artificio nel cielo, si stavano pian piano calmando, lasciando posto a lacrime mute.
«Sono così stupida, Cora» singhiozzò lei.
«No, non lo sei. Qualunque cosa ti abbia detto, non sei tu la stupida» la rassicurai io, rimanendo avvolta in quell'abbraccio. Quello che si erano dette al telefono sembrava averla sconvolta, molto. In quel momento non mi importava nemmeno di sapere di che cosa avessero parlato, volevo solamente che Dana stesse meglio.
«Non è colpa sua. È tutta colpa mia.»
«Certo che no!» esclamai, allontanando il suo viso dal mio petto per guardarla negli occhi. «Non ho idea di che cosa sia successo, ma non puoi prenderti tutta la colpa. Insomma, conosco Rachele, so che cosa è in grado di fare. È una persona davvero orribile, non puoi pensare che tu sia l'unica colpevole. Sono sicura che anche lei abbia fatto qualcosa.»
Vederla così spezzata faceva ancora più male di vedere la sua maschera di freddezza che indossava ogni giorno a scuola. Sembrava che non riuscisse a tenere attaccati i pezzi che la componevano e si stesse sgretolando su se stessa, trasformandosi in un mucchio di detriti privi di senso.
Scosse la testa, cacciando indietro le lacrime. I suoi occhi scuri, ora velati dal pianto, sembravano quasi argentati sotto la luce del lampadario. «Non conosci tutta la storia, non puoi capire.»
«Allora aiutami a capire. Raccontami cosa è successo.»
All'inizio sembrò non volerne sapere, ma poco a poco che il silenzio fra di noi si faceva sempre più pesante, l'espressione sul suo volto si rilassò. In pochi minuti mi raccontò tutto.
Le sue parole erano ancora rotte dal pianto e qualche volta si fermava a divagare su cose futili che però sembravano avere una grande importanza per lei. Alcune cose non sembravano seguire una linea temporale precisa, ma riuscii comunque a capire la verità dietro a quei muri di menzogne che erano stati costruiti da completi sconosciuti alla vicenda.
Era il giorno di Halloween dell'anno precedente e, come sempre, Rachele aveva organizzato una grande festa a casa sua per festeggiare con tutta la scuola. Ai tempi Dana stava mettendo in dubbio la sua sessualità.
«Conoscevo così poco di me stessa. Volevo solamente capire che cosa non andasse in me. Volevo capire perché continuavo a pensare a Rachele mentre stavo con Christian. Volevo solamente capire» ripeté quella frase almeno cinque volte.
Stava con Christian, ma provava qualcosa per Rachele. Non era ancora sicura di cosa provasse, ma era pronta a scoprirlo.
All'inizio non sapeva a cosa sarebbe andata incontro, voleva solamente parlare con lei. Confidarsi con lei. Chiederle consiglio, in quanto sua migliore amica. Non voleva rivelarle i suoi sentimenti, ma solamente cercare un appiglio in quel mare di dubbio in cui sembrava essere stata gettata tutto d'un tratto.
Era stato allora che Rachele le suggerì di provare ad uscire con qualcun altro, con una ragazza. Si era proposta lei stessa, come un soggetto per gli esperimenti l'avrebbe potuta baciare e capire se davvero era interessata alle femmine, invece che ai maschi. Dana aveva rifiutato, eppure Rachele non sembrava convinta a demordere.
Dopo la festa Rachele aveva continuato a tirare fuori l'argomento, di tanto in tanto, appiccicandosi a lei come una sanguisuga.
Dana aveva lasciato Christian, senza dargli alcuna spiegazione, finalmente decisa a voler provare sul serio ad uscire con una ragazza. E Rachele era subito tornata alla carica, convincendola a far pratica con lei.
Poi, a fine estate, era uscito lo scandalo del suo tradimento. In quel periodo lei e Rachele non riuscivano a vedersi. Avevano appena litigato perché Dana si era lasciata sfuggire di avere avuto dei sentimenti per la sua migliore amica e a Rachele non importava di andare oltre ai baci.
Quando i pettegolezzi iniziarono, tutti fecero due più due e pensarono che fosse stato Christian quello a lasciare Dana perché aveva scoperto della sua infedeltà.
«Pensai subito che doveva essere stata Rachele a dare inizio al pettegolezzo, avevamo appena litigato quando il post iniziò a girare su Instagram. Lei nemmeno si prese la briga di mentire e dire che mi stavo sbagliando. Mi disse chiaro e tondo che era stata lei.»
Le persone pensavano che Dana avesse fatto sesso con un ragazzo, ma la verità era che Dana aveva una cotta irrequieta per una ragazza. Rachele, ovviamente, non aveva dato dettagli riguardanti il tradimento e non era uscita dalla sua strada per smentire chi iniziò a raccontare di come Dana fosse stata a letto con uno sconosciuto.
Quella storia era così rivoltante che mi dovetti trattenere dal non allungarmi verso il cestino sotto la scrivania di Dana e vomitarci dentro il mio pranzo.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora