Capitolo 44 ♡ Dana

812 38 8
                                    

In un certo senso, aver vinto la borsa di studio mi faceva sentire estremamente triste.
Non era perché sicuramente mia madre ora mi avrebbe obbligata ad andare all'università. Negli ultimi giorni avevo iniziato a fare delle ricerche, controllando quali altre lauree offrivano le scuole che Cora menzionava spesso. La maggior parte offrivano corsi di medicina, matematica e fisica o altre scienze naturali, per cui io non ero esattamente portata, ma alcune avevano anche opzioni più umanistiche. Se solo avesse scelto una di quelle, non mi sarebbe così dispiaciuto seguirla all'università.
Mi sentivo triste perché le possibilità di continuare la nostra amicizia negli anni a seguire era praticamente nulla. Quella sera, quegli ultimi giorni di scuola che ci aspettavamo, quell'esame che sembrava torreggiare su di noi, erano come una linea di arrivo. Non potevo sapere cosa mi avrebbe aspettato dopo di essa, chi mi avrebbe aspettato dopo di essa.
Questo stava a significare che le mie occasioni per far sapere a Cora che cosa provavo si stavano facendo sempre più scarse. Non avrei lasciato finire quell'anno scolastico senza averle detto come avesse cambiato la mia vita, come i miei sentimenti per lei si fossero ingigantiti ogni giorno che passavamo insieme, come mi sembrava di essere viva solamente quando ero al suo fianco.
Un po' di persone si erano già venute a congratulare con noi e ora i suoi amici ci giravano attorno, chiacchierando e immaginando come sarebbe stato radioso il futuro di Cora, ora che avrebbe potuto realizzare il suo sogno di studiare biologia marina.
Vederla sorridere con i suoi amici mi rendeva davvero felice, ma non appena ci fu un'apertura nella loro conversazione, ne approfitti per chiederle di allontanarsi un attimo.
Avevo bisogno di togliermi quel peso dal petto, dirle tutto. Qualsiasi fosse stata la risposta.
«Posso parlarti per due secondi?» chiesi, guardandomi attorno. C'era troppa gente e noi eravamo troppo in bella vista. «Magari in un altro posto.»
Lei annuì e la portai dentro la scuola, nella prima classe che trovai deserta. Chiusi la porta alle nostre spalle, così che nessuno sarebbe potuto entrare senza che noi ce ne accorgessimo.
Non ero il tipo da dichiarazioni pubbliche. Preferivo che i miei affari restassero affari miei. E non volevo certo essere rifiutata davanti ad una platea di persone.
«Stai per confessarmi di aver ucciso qualcuno? Perché tutta questa segretezza?» cercò di scherzare Cora, ma i suoi occhi si muovevano da una parte all'altra della stanza con ansia e le sue mani erano strette intorno alla stoffa della gonna. Lo faceva sempre quando era agitata.
«No, non ho ucciso nessuno. Non ancora, quantomeno» le risposi. Volevo buttarla anch'io sullo scherzo, ma a quanto pareva Cora non era l'unica ad essere estremamente nervosa. La mia voce sembrava più uno squittio spaventato che altro.
Presi un respiro, cercando di tornare in me stessa e lasciar andare quella parte impacciata di me che cercava di prendere il sopravvento.
Potevo sentire il battito del mio cuore nelle mie orecchie, come se non si trovasse più nella mia cassa toracica, ma vicino ai timpani. Anche lei poteva sentirlo così chiaramente? Speravo di sì.
«Mi prometti che, qualsiasi cosa io ti stia per dire, continuerai ad essere mia amica?» le chiesi.
Cercai di avvicinarmi di qualche passo a lei, eravamo così lontane e volevo chiudere qualsiasi spazio ci dividesse.
La sua faccia si fece scura, preoccupata. «Mi fai paura se dici qualcosa del genere. È successo qualcosa per cui dovrei essere arrabbiata con te?»
Scossi la testa, passandomi una mano fra i capelli. «Non proprio, non credo che ti arrabbierai con me, o almeno lo spero.»
Questa volta fu lei a venirmi incontro, posizionandosi a un solo respiro da me. Se avessi allungato leggermente la mano avrei potuto toccare la sua, senza fare troppa fatica.
«Perché allora dovrei prometterti di rimanere tua amica? Se non c'è nulla di-»
«Promettilo e basta» la interruppi io. Non volevo suonare troppo assillante, ma la tensione della situazione aveva reso la mia voce dura, quasi prepotente.
«Certo che sarò sempre tua amica, Dana» replicò lei, la testa leggermente inclinata di lato e gli occhi che brillavano di una certa dolcezza.
«Non mi abbandonerai mai?» La prepotenza aveva lasciato posto ad una supplica strozzata.
«Certo che no. Mi stai davvero iniziando a spaventare, però.»
Le sue dita cercarono le mie e io gliele lasciai prendere. Il suo tocco era così familiare alla mia pelle che mi portò subito conforto.
«Scusa, avevo solo bisogno di sentirtelo dire.»
Lei sorrise, sollevata, dandomi un piccolo colpetto con il braccio. «Mi hai fatto venire sin qua per questo? Pensavo che fosse scontato che saremmo rimaste amiche anche dopo la fine della scuola.»
«Non è solo questo quello che volevo dirti.»
Vedendo il probabile terrore nei miei occhi, lei cercò di rassicurarmi. «Puoi dirmi tutto quello che ti passa per la testa, non farti troppe paranoie.»
Presi un ultimo, grande respiro, prima di iniziare a parlare, senza mai lasciare che i miei occhi si allontanassero dai suoi. «Quando ci siamo parlate per la prima volta, non avrei mai pensato che saremmo potute arrivare qua. Non intendo solamente per la borsa di studio, anche se avevo i miei seri dubbi al riguardo. Intendo nella nostra relazione. Il pensiero di noi due amiche non mi aveva mai sfiorato, neanche lontanante. Poi abbiamo iniziato a conoscerci sempre di più, hai conosciuto Lani e non l'hai trattata come se fosse una bambina diversa, hai conosciuto la verità su di me e hai continuato a pensare che meritassi di essere perdonata. Ho conosciuto il tuo amore per la biologia marina e per i tuoi amici, ho conosciuto i tuoi problemi a casa. E più ci conosciamo, più entriamo in confidenza, più i miei sentimenti per te continuano a crescere. Mi dispiace, non posso più tenermelo dentro.»
Cora rimase in completo silenzio, la gola serrata e la bocca leggermente socchiusa.
«Lo so che ti sei appena lasciata con Elia» continuai io, cercando di riempire quel silenzio che tanto odiava. Tolsi le mani dalle sue, le quali ormai mi sembravano troppo strette e troppo calde. Lasciai cadere le mie braccia lungo i fianchi, ma non spostai lo sguardo. «Probabilmente stai ancora mettendo in dubbio molte cose e non vuoi star certo a pensare a me. Inoltre, non sono certamente la persona più indicata con cui iniziare una relazione, non dopo quello che è successo con Christian. Avevo solo bisogno che tu sapessi. Avevo solo bisogno che tu sapessi quanto mi piaci. Non importa se non ricambi questo sentimento, sono solamente felice avendotelo detto.»
«Perché hai già deciso che tu a me non piaci?» chiese lei, in un sussurro, come unica risposta a quel lunghissimo monologo. Non mi aspettavo nessuna risposta da lei, non mi ero fermata a soppesare quali reazioni avrebbe potuto avere, ma quella mi rese un sacco felice. Troppo felice. Aveva accesso una scintilla di speranza in me.
«Non è così?»
Lei fece cenno di no con la testa, avvicinandosi ancora di più a me, schiacciando il suo corpo contro il mio. La mia schiena andò a sbattere contro l'angolo della cattedra. Non disse nulla mentre alzava il mento per incontrare i miei occhi, non disse nulla mentre le sue guance arrossivano, non disse nulla mentre portava le sue mani alle mie guance e mi tirava in basso la testa, mentre lei si alzava sulle punte dei piedi, per darmi un bacio sul naso.
Era la cosa più carina che nessuno avesse mai fatto. All'improvviso anch'io stavo arrossendo.
«Di solito le persone non si baciano sul naso per esprimere il proprio amore» ridacchiai io, la risata spezzata dall'emozione.
«In alcune culture lo fanno» balbettò lei. «E poi non sapevo se avevo il permesso di farlo sulle labbra.»
«Hai il permesso di farmi qualsiasi cosa tu voglia» le sussurrai, perché non c'era alcun bisogno di parlare ad alta voce, vicina com'era.
Aveva ancora le mani sulle mie guance e io portai le mie all'altezza della sua vita. La strinsi ancora di più a me, anche se ormai sembrava impossibile avvicinarsi più di così. Guardai le sue labbra e poi i suoi occhi, aspettando che fosse lei a tagliare la distanza fra di noi.
Quando le sue labbra si appoggiarono sulle mie, provai qualcosa che non avrei mai pensato fosse possibile provare.
Era come se un centinaio di fuochi d'artificio fossero scoppiati all'interno del mio stomaco, come se mi fossi trovata sul precipizio di una montagna russa e sotto i miei piedi si fosse trovato un vuoto senza fine, come se il mio corpo non avesse più una forma terrena, ma si fosse trasformato in pura energia.
Tutto intorno a noi era come scomparso. La festa, la palestra, la classe, tutti i ragazzi della scuola e gli insegnanti: non c'era più nulla fatta eccezione per noi.
Le mie mani si muovevano per la sua schiena, assaggiando ogni pezzo di pelle scoperta che usciva dal grande scollo sul retro del suo abito azzurro, mentre le sue dita si arricciavano sulle mie tempie, dietro la mia testa, ingarbugliandosi nei capelli.
Il suo corpo era diventato un tutt'uno con il mio, la distanza fra noi azzerata, ma speravo, in qualche modo, di potermi avvicinare ancora di più.
Cora sapeva di caramelle, di sole, di tutte le cose dolci che la vita poteva offrire.
Sentii un sorriso aprirsi sulla sua bocca mentre le mie labbra continuavano a premere più a fondo nelle sue e non potei fare a meno di sorridere a mia volta.
Quando ci allontanammo per riprendere fiato, fui restia a lasciarla andare, ma sapevo che non avremmo potuto continuare a baciarci per sempre. Anche se l'idea era molto allettante.
«Immagino che questo voglia dire che i miei sentimenti sono ricambiati» dissi io, a corto di fiato.
Le nostre facce erano ancora estremamente vicine, riuscivo a sentire il suo fiato sulla mia pelle, riuscivo a vedere sul suo naso delle lentiggini così piccole che prima di allora non avevo mai notato, riuscivo a sentire il suo profumo al limone che mi riempiva la narici con il suo aroma leggero.
«Tu dici?» scherzò lei.
Alzai gli occhi al cielo, incredula per le sue parole, ma anche per tutto quello che era appena successo. Spostai le mie braccia sulla sua schiena, stringendola a me in un abbraccio. «Prima o poi, mi farai impazzire.»

La mattina in cui io e Cora saremmo dovute partire per l'università, il cielo sembrava essersi aperto in una grossa voragine grigia. Le nuvole, piene di pioggia, incombevano sopra il suv dei miei genitori, riempito fino all'orlo con valige e contenitori al cui interno era stato stipato tutto quello che ci sarebbe potuto servire nei prossimi dieci mesi.
Non aveva esitato nemmeno un secondo quando le avevo chiesto se le sarebbe piaciuto condividere la stanza nella residenza universitaria con me.
Sembrava che tutto il mondo attorno a noi si stesse muovendo alla velocità della luce, come se nulla restasse fermo se non la sicurezza di aver l'altra accanto.
Cora aveva appena salutato i suoi amici, che durante il corso dell'estate erano diventati anche miei amici, e cercava di trattenere le lacrime con scarso successo. Si sarebbero separati per la prima volta dopo aver vissuto anni e anni nello stesso quartiere, nella stessa città.
Elia stava ancora aspettando i risultati di medicina e sarebbe andato in qualsiasi università lo avesse preso, anche se significa doversi trasferire dall'altra parte d'Italia.
Nicolò si era iscritto ad una scuola di fotografia, a Roma.
Flora, invece, aveva deciso di rimanere in città, prendendosi un anno sabbatico, ancora alla ricerca di quello che avrebbe voluto studiare o in che ambito avrebbe voluto lavorare.
Io e Cora saremmo andate a Bologna, poco lontano da casa, ma abbastanza lontano per sembrare una grande avventura.
«Sicure di aver preso tutto? Da qua non si torna più indietro» disse mio padre, iniziando a chiudere il bagagliaio. Ci avrebbe accompagnato lui fino alla residenza, anche se avrebbe voluto farlo mamma.
«Esistono i negozi, papà. O possiamo sempre tornare indietro a prendere altre cose, non andiamo dall'altra parte del mondo» borbottai io di rimando.
Cora stava prendendo posto nel sedile di dietro, schiacciata contro il finestrino da scatoloni e borse. Avrei preferito sedermi vicino a lei, ma era più comodo che una di noi stesse davanti. La aiutai a chiudere la portiera e poi salii anch'io, l'auto che si abbassava ciondolando sotto il mio peso.
Quando la macchina partì, quasi a farlo apposta, il cielo si scurì ancora di più, lasciando cadere pioggia a catinelle. Il viaggio non sarebbe stato lungo, ma il sole lo avrebbe fatto sembrare ancora più breve ed allegro. Così sembrava di andare incontro alla morte.
Sbirciai nello specchietto retrovisore, per guardare cosa stesse facendo Cora. Non voleva darlo a vedere a nessuno, sopratutto a sua mamma, la quale aveva insistito perché non si allontanasse da casa, ma aveva una grande paura per quello che l'avrebbe aspettata all'università. Mi aveva confidato che pensava di non riuscire a farsi nessun amico, pensava che gli esami sarebbero stati troppo difficili e che non sarebbe mai riuscita a laurearsi senza andare fuori corso.
Volevo veramente essere seduta di fianco a lei, per stringerle la mano, per dirle che sarebbe andato tutto bene, che qualsiasi cosa fosse successa, ci sarei sempre stata io al suo fianco. Come lei al mio.
«Perché non mettiamo un po' di musica?» propose mio padre, dopo aver ritirato il biglietto dell'autostrada dal casello automatico.
Mi misi a frugare nel vano portaoggetti sotto al cruscotto, cercando i porta dischi che tenevamo in macchina da anni. Molti erano più antichi dei dinosauri, ma sapevo cosa avrebbe potuto tirar su di morale Cora.
Quando lo trovai, in mezzo ad un disco degli AC/DC e ad uno dei Modà, non potei fare a meno di mettermi a ridacchiare. Lo imbucai nel lettore, saltando le prime due canzoni e arrivando direttamente al brano che, in qualche modo, ci aveva fatto avvicinare.
Appena le prime note uscirono dalle casse della macchina, le labbra di Cora si incurvarono verso l'alto, proprio come avevo sperato che facessero.
Così, con Waterloo come colonna sonora, ricordandoci del nostro passato, ci avviammo verso il nostro futuro.

*Nota dell'autrice*

Cari lettori, anche questa volta siamo giunti alla fine di un'altra storia. È sempre un sentimento un po' strano salutare dei personaggi e degli eventi che ti hanno accompagnato per mesi, ogni volta che arriva il fatidico momento sono malinconica ed estasiata allo stesso tempo.
Come sempre, spendo le ultime due righe per ringraziarvi per avere letto fino a qui, spero davvero che vi siate divertiti.

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora