Capitolo 38 ♡ Dana

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Quel martedì avevo deciso di seguire il mio stesso consiglio e lasciare che fosse soltanto la verità ad uscire dalle mie labbra.
Raccontai tutto alla mia psicologa. Dall'inizio dei miei dubbi riguardanti la mia sessualità, passando per la serata di Halloween fino a quegli ultimi giorni. Le dissi di come mi ero aperta con Rachele, di come lei poi aveva raccontato in giro che ero andata a letto con un ragazzo, tradendo il mio fidanzato e come questo mi fosse costato anche il posto nella squadra di cheerleading. Le dissi di come mia mamma mi avesse praticamente obbligata a partecipare per quella borsa di studio a scuola, di come avessi conosciuto Cora e di come avevamo iniziato a diventare amiche. Le dissi di quanto mi sentivo orribile in ogni secondo della mia vita, di come avessi provato a stare con Rachele solamente perché pensavo di non potermi meritare altro che una persona orribile tanto quanto me e di come mi sentivo in colpa per non sentirmi più tanto orribile quando stavo con Cora.
Lei rimase in silenzio per tutto il tempo, ascoltandomi con attenzione mentre prendeva i suoi soliti appunti.
Alla fine, mi sorrise. «Sono davvero felice che tu abbia deciso di raccontarmi la tua storia. Stai facendo molti progressi nella tua terapia.»
Ne sembrava genuinamente contenta, ma dubitavo che il merito fosse suo, almeno non tutto. Gran parte spettava a Cora.
«Dimmi, come ti sei sentita quando hai raccontato alla tua amica, Cora, la verità su quello che è successo in questi mesi?» domandò lei.
L'orologio stava già segnando i quarantacinque. Avevo parlato ininterrottamente per quasi quarantacinque minuti di fila.
«Strana. Non volevo dirle niente all'inizio e poi ha cercato di convincermi che non era così male come la facevo sembrare e che parlando con Christian si sarebbe sistemato tutto.»
«Ha usato queste parole?»
«No, ma il significato di fondo era quello. So che voleva solo aiutare e mi sono già scusata con lei.»
«Ma pensi che parlare con Christian non ti possa aiutare.»
«Non lo so. Non voglio parlare con lui e basta, sinceramente» sbottai io. Perché tutti pensavano che bastasse parlare per risolvere i propri problemi? Non ero Cora, che era amata da tutti e i suoi amici non le avrebbero mai messo il broncio. Lei poteva permettersi di risolvere tutto solamente chiedendo scusa. Io non potevo permettermi quel privilegio. Christian già mi odiava, non avrei cambiato nulla se avessi fatto coming out con lui.
«Forse tu non vuoi, ma lui si merita delle risposte» replicò lei. «Non sei l'unica ad essere rimasta ferita da questa storia.»
Lo sapevo, lo sapevo benissimo. Come potevo non saperlo? Lui era distrutto da quella storia, ma non abbastanza distrutto per non uscire con Rachele pochi mesi dopo esserci lasciati. Non ero nemmeno sicura che mi avrebbe creduto se gli avessi raccontato dei miei sentimenti per Rachele. Sapeva che io e lei eravamo tornate in buoni rapporti e continuava ad evitarci entrambe. Aveva cercato di essere cordiale con me, ogni mattina mi salutava, ma io continuavo a far finta di non vederlo.
Forse non era giusto da parte mia, forse avrebbe dovuto lasciar perdere e basta.
Nel giro di un paio di mesi ci sarebbe stato l'esame di maturità e poi l'università, non ci saremmo rivisti mai più, perché tentare di riallacciare i rapporti proprio adesso?
Condivisi tutti quei miei pensieri con la dottoressa Baria, perché ormai non ce la facevo più a tenermi tutto dentro. Tanto ormai sapeva qualunque cosa su di me.
«Proprio perché non vi rincontrerete più si merita delle spiegazioni. Prova a metterti nei suoi panni, non ti piacerebbe ricevere una risposta? Non c'è bisogno che tu gli dica tutto, lo devi fare con i tuoi tempi, però pensaci sopra.»
Ci pensai sopra.
Lo feci sul serio. Per tutta la notte.
Non chiusi occhio.
La mattina seguente, una volta arrivata a scuola, non ero ancora arrivata ad una decisione. Il dubbio si era insinuato in me: avrei davvero fatto meglio ad ignorarlo per il resto dell'anno? O tanto valeva sputare il rospo e farlo contento? Alla fine a me non sarebbe cambiato nulla.
Potevo chiedere aiuto a Cora, ma sapevo già cosa avrebbe detto.
«Cosa vuoi, Dana?» chiese Flora, lo zaino su una spalla, mentre mi fissava scettica.
L'avevo fermata prima che superasse il cancello del cortile, lontana dagli occhi di Cora o dei suoi altri amici.
«Cora ti ha mai parlato di me?»
Lei mi guardò dall'alto al basso, con occhio critico. «Che cosa avrebbe mai dovuto dirmi, scusa?»
«Non lo so» risposi. «Tante cose diverse.»
«Senti, non so quale gioco stai giocando con lei e lei non vuole che mi immischi in questa storia, ma l'ultima cosa di cui ha bisogno adesso è che una ragazza etero inizi a fare delle storie. Solo perché le piacciono le ragazze non vuol dire che si innamori di chiunque pass-»
«Cosa? No, non lo intendevo in quel senso. So che non le piaccio, come potrei mai piacerle, sono sicura di non essere il suo tipo. E poi sono lesbica, so come funziona, grazie. Comunque, mi stavo riferendo ad altro.»
Flora lasciò scivolare lo zaino giù per il braccio, facendolo cadere sul selciato con un forte tonfo. «Sei lesbica?»
«Non c'è bisogno di fare tutta sta scena» borbottai, chinandomi a raccoglierle lo zaino. Lei lo prese, guardandomi di sottecchi.
«Chi lo avrebbe mai detto» mormorò, più a se stessa che a me.
«Cora non era tanto sorpresa quando gliel'ho detto.»
«Quindi lei lo sa?»
«Sa molto più di quanto credi, temo. Comunque, tornando a quello per cui ti ho fermata, in realtà volevo sapere se ti aveva raccontato qualcosa sul perché in giro si dice che io abbia tradito Christian.»
Lei scosse la testa, facendo segno di no.
Ovviamente Cora non glielo aveva detto, non era una di quelle persone che andava a raccontare i fatti degli altri in giro.
«Se tu fossi in Christian, quanto cambierebbe la tua vita dopo aver saputo la verità su quello che è successo, sul serio?» le chiesi, prima che potesse aggiungere qualcos'altro.
Lei si strinse nelle spalle. «Probabilmente tanto. Se conosco Christian come penso di conoscerlo, probabilmente pensa che sia tutta colpa sua, che sia stato lui ad allontanarti in qualche modo. Dio, se gli avessi parlato subito probabilmente ti avrebbe perdonato senza neanche batter ciglio. Non ho mai visto un ragazzo più sottone di lui.»
Okay, immagino che Flora avesse avuto ragione. Ed era una delle ragioni principali per cui non volevo parlare con lui. Mi avrebbe subito perdonata e sapevo di non meritarmi davvero di essere perdonata.
Passare tutto quel tempo con Cora, tuttavia, mi stava facendo mettere in dubbio tutto. Forse avevo sofferto abbastanza. Forse potevo permettermi di non soffrire più, non così tanto.
«Grazie» le dissi e lei mi diede un'altra occhiata dubbiosa.
«Di niente. Che domanda stupida» borbottò Flora, spostandosi una ciocca di ricci dietro l'orecchio. Si sentiva abbastanza fiera della sua risposta alla mia domanda "stupida".
«Solo una curiosità,» riprese lei, mentre ci avviavamo verso il cancello d'ingresso, «cosa intendevi dire con "non sono il tipo di Cora"?»
«Dimenticalo e basta.»
«Okay.»
Non andai a cercare Christian, non ero ancora sicura di quello che avrei voluto fare. Tuttavia, fu lui a venirmi a cercare per l'ennesima volta dall'inizio di quell'anno.
Le prove delle cheerleader coincidevano spesso con gli allenamenti della squadra di basketball, il che rendeva molto difficile evitarlo anche fuori l'orario scolastico, oltre che in classe.
Avevo pensato di lasciare la squadra, per vari motivi, il principale la nostra capitana. Avevo paura che Rachele riprovasse a fare qualcosa, a prendermi da parte o a spargere altre voci su di me, ma sembrava aver optato per la via del silenzio, non sapevo perché.
Stavo uscendo dagli spogliatoi, dopo aver appena tolto la mia divisa, la zaino e il borsone in spalla, pronta per tornare a casa, quando lui mi bloccò davanti alle porte blu della palestra.
«È un buon momento per parlare?» mi chiese.
Mi girai attorno, cercando qualcuno o qualcosa per sparire dalla circolazione, ma sembrava che tutti se ne fossero andati e non potevo certo fingermi interessata nel carrello di palle usate da decenni in quella scuola.
Stavo cercando un'altra scusa - qualsiasi scusa -, ma lui fermò i miei pensieri. «Non ce la faccio davvero più, Dana. Ho bisogno che tu mi parli. Ho visto che sei tornata in buoni rapporti con Rachele, perché non fare lo stesso anche con me?»
«Okay» sospirai, pensando che forse quello fosse un segno del destino. Forse era arrivata la mia opportunità per chiudere con il passato, una volta per tutte.
Ci sedemmo per terra, la schiena contro il muro, le spalle che si toccavano leggermente. Non ero stata così vicina a lui da mesi, ormai. Era strano.
Lui era la persona che meglio mi conosceva al mondo, anche più di quanto avesse mai fatto Rachele, ma conosceva una versione falsa di me. Mi conosceva, ma allo stesso tempo non lo faceva. Aveva amato una ragazza che probabilmente non era mai esistita ed era arrivato il momento che io glielo dicessi.
Volevo solamente che fosse veloce ed indolore, per entrambi.
«Immagino di sapere già la tua domanda» dissi, ma non gli diedi il tempo di rispondermi. Non c'era bisogno che lo facesse. «Ma sei davvero sicuro di voler sapere la risposta?»
«Certo, sono pronto da mesi, Dana. Stavo aspettando che fossi pronta tu» replicò lui.
Presi un respiro, leggermente tremolante. «Non ti ho tradito con un ragazzo, non ho fatto sesso con nessuno. Ma quando ero con te, continuavo a pensare ad altri... a pensare come sarebbe stato se al tuo posto si fosse trovata una ragazza. Una ragazza in particolare, in tutta onestà.»
Christian rimase in silenzio, interdetto. Leggevo nei suoi occhi verdi il dubbio e la confusione che già mi aspettavo. Non potei fare a meno di sorridere. «Scioccante, vero?»
«Non capisco... Questo vuol dire che tu-»
«Sono lesbica, sì.»
Era la quinta persona a cui facevo coming out, la seconda di quella giornata, quando probabilmente sarebbe dovuto essere il primo a sapere.
«Quello che volevo chiedere io era se tu avevi sempre finto di voler stare con me, ma immagino che vada bene anche quella come domanda» disse con tono assente. Si passò una mano fra i capelli spettinati.
«La risposta è sempre sì. Quando mi hai chiesto di uscire con te, ho accettato perché sapevo che dire di no ci avrebbe lanciato nel bel mezzo dell'attenzione, più di quanto avrebbe mai fatto la notizia di una nostra relazione. Non ho mai pensato all'amore, non credevo che si provassero veramente le cose che si vedono nei film o si leggono nei libri. Pensavo che quello che avevamo fosse amore. Un amore quotidiano, non speciale, ma pur sempre amore.»
«Sai? Non mi fa sentire meglio.»
«Lo so, ma hai voluto tu la verità. Te la sto dando. Se non vuoi starmi a sentire puoi anche andartene» risposi seccata io. Non stavo mettendomi a nudo solamente perché lui si sentisse meglio, lo stavo facendo per chiudere con quelle storia.
Christian mi guardò di sottecchi, senza girare la testa verso di me. «Non sono arrabbiato con te, Dana. Sto solo processando le cose. La mia autostima sarà veramente danneggiata da questo tuo rifiuto nei miei confronti.»
Stava scherzando.
Io gli stavo raccontando perché lo avevo lasciato e lui voleva cercare di farmi ridere.
Tipico.
«Non essere riuscito a far diventare etero una ragazza lesbica deve essere un colpo molto grande per il tuo ego.»
«La ragazza lesbica non può nemmeno immaginare quanto» disse lui, la voce rotta da una risata quasi amara, quasi divertita. «L'unica cosa che vorrei sapere è perché tu non me lo abbia mai detto. Insomma, non ti puoi essere accorta solamente un anno fa che non provavi nulla per i ragazzi. Siamo stati insieme per anni.»
Guardai il soffitto del corridoio, la testa appoggiata contro il muro azzurro e bianco. C'era una piccola macchia di muffa proprio sopra noi due, forse avremmo fatto meglio a spostarci. Un angolo della bocca mi si alzò senza che io lo sapessi. «Mi sto facendo questa domanda anch'io, da un bel po' di tempo. La verità è che non lo so. Potrei dirti che avevo paura della tua reazione, che avevo paura della reazione degli altri, ma probabilmente sono solamente stata una stupida. Ho imparato la mia lezione e non succederà mai più, ma certamente questo non può aggiustare le cose.»
Vidi Christian annuire con la coda dell'occhio. Aveva appoggiato anche lui la testa al muro, gli occhi chiari fissi sulla luce al neon che torreggiava su di noi.
Era strano, ma non mi ero mai sentita più vicina a lui di quanto non avessi fatto in quel momento. Anche se avevamo passato ore ed ore assieme, anche se avevamo passato notti intere assieme, non ero mai stata me stessa con lui. Era come se un muro invisibile, che ci aveva diviso fino a quel momento, fosse finalmente sparito, lasciandoci respirare di nuovo.
Nonostante tutto, avrei davvero voluto averlo nella mia vita.
Come amico.
Ma non potevo certo chiedergli questo, non dopo tutto quello che gli avevo fatto.
«Non aggiusterà le cose, però credo che sia un buon punto di inizio» disse lui, dopo qualche minuto di completo silenzio. «Sono contento che tu me lo abbia detto. Solo per curiosità, posso sapere chi è la ragazza che ti piace?»
«Non posso ancora dirtelo, scusa. Le cose fra me e lei non sono finite nei migliori dei modi.»
Non ero più sicura dei miei sentimenti per Rachele. Inoltre, non mi sembrava il caso di buttarla in mezzo a quella conversazione. Anche dopo che si era divertita a giocare con me e con il mio cuore.
«Hai ragione. Ho comunque un'idea al riguardo che penso sia alquanto plausibile, visto che è stata lei a dire di averti visto con un ragazzo, in camera sua. E ora che so che era tutta una bugia, beh, sembra proprio una ripicca personale» buttò lui lì e io ci cascai, come una pera cotta.
«Lo ha davvero detto?»
Ottimo lavoro a tenere nascosta la sua identità, idiota.
«Già. E ha anche descritto nei dettagli la scena, sembrava veramente che fosse vero e che lei si trovasse lì in quel momento. Sembrava quasi che lo avesse vissuto in prima persona» annuì Christian.
Io sbuffai, roteando gli occhi. E quindi mi aveva mentito anche sui pettegolezzi che aveva messo in giro. «Qualsiasi cosa abbia detto, ti assicuro che stava mentendo: non mi sono mai addentrata oltre a scenari immaginari.»
Sì, dai, spingiti ancora un po' più al centro della strada che c'è un tram pronto a passare.
Scossi la testa, portandomi una mano alla fronte. «Scusa, non dovrei starti a dire queste cose. Non importano. È la mia rabbia che parla per me. Fai finta di nulla.»
Finalmente il suo sguardo si puntò su di me, i suoi occhi verdi dritti nei miei. «Perché sei tornata sua amica?»
La sua voce seria rimbombò nelle mie orecchie per qualche secondo. Perché ero tornata sua amica? Dirlo ad alta voce, a qualcuno al di fuori di Cora o della mia terapista, sembrava alquanto ridicolo.
«Le persone orribili si attraggono a vicenda, immagino?» dissi con tono insicuro.
Lui mi guardò e poi scoppiò a ridere.
«Ero seria, non stavo scherzando» sbottai io, dandogli una pacca sulla coscia, ma anche le mie labbra si stavano aprendo in un sorriso.
«Lo so, è proprio perché sei così seria quando lo dici che fa ridere così tanto» disse lui, fra una risata e l'altra. Sembrava sul punto di piangere, ma si limitò a stringersi la pancia, come se stesse per vomitare dall'ilarità. «Non puoi veramente credere ad una cosa del genere.»
«Perché no? Chi si assomiglia si piglia, no?» chiesi, tornando seria.
Anche Christian scosse la testa, ricomponendosi «Sì, ma tu e Rachele non vi assomigliate per nulla. Lei è cattiva dentro, agisce solamente per buttare giù gli altri, la persona che è rimasta più ferita dalle tua azioni alla fine sei stata solamente tu.»
«Non puoi pensarlo sul serio. Ho fatto del male anche a te» borbottai, incredula delle sue parole.
Christian allungò un braccio verso di me, appoggiando la sua mano sulla mia spalla. «Per quello che può contare, sappi che per me è storia antica, antichissima. All'inizio è stato difficile, è vero, è stato difficile e molto doloroso. Ma il tempo ti rende più consapevole di molte cose. Per quanto ti odiassi per quello che credevo tu avessi fatto, sapevo che non poteva essere la verità dei fatti. Ti conosco da troppo tempo Dana, anche se a quanto pare non tanto a fondo quanto credevo. Tuttavia, sono passato oltre. Dovresti andare avanti anche tu.»
Andare avanti era sembrata una cosa impossibile da molto tempo. Tuttavia, stava finalmente diventando qualcosa di più tangibile di quanto avessi mai auspicato. L'unica speranza che avevo in quel momento era che, nel cammino verso il futuro, ci sarebbe stata anche Cora al mio fianco.
«E per quello che può contare, ti chiedo scusa.»
Lui mi sorrise. «Scuse più che accettate.»
Non potei fare a meno di scoppiare a ridere. «Sei davvero un sottone, come dice Flora.»
«La gente va in giro a dire cosa adesso?» replicò lui, l'ilarità che faceva breccia anche nella sua voce.
«Niente.» Feci segno con la mano di lasciar perdere, mentre continuavo a sbellicarmi dalle risate. Non sapevo veramente se in quella situazione sarebbe stato meglio piangere o ridere. «È solo un'amica di Cora, è un vero personaggio, penso che ti starebbe molto simpatica.»
«Ti ho vista parlare con loro un paio di volte, sono felice che almeno per te la scelta della coppia abbia davvero funzionato» commentò lui, tornando leggermente più serio.
«Che cosa intendi dire?»
«Niente, niente, alla fine mettermi in squadra con Giuliana si è rivelata una scelta pessima. Ci stavamo impegnando entrambi, ma a quanto pare non voleva realmente vincere. Ha deciso di ritirarsi dalla competizione giusto l'altro giorno, quindi sono stato obbligato anch'io a lasciare tutto.»
Corrugai la fronte. Era la prima volta che sentivo dire di qualcuno che avesse dato forfait. «Ma siete arrivati alla finale, non ha senso mollare proprio adesso.»
«È quello che le ho detto anch'io, ma sembrava estremamente convinta che la borsa di studio non valesse assolutamente altri sacrifici da parte sua. Sembrava quasi spaventata a continuare.»

Like Rain ♡ {GIRLxGIRL}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora