34. Mi sta aspettando

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Sabato era finalmente arrivato ed io mi trovavo su uno dei bus organizzati dalla scuola per andare in città. Quei giorni due giorni, mi erano sembrati infiniti e li avevo trascorsi completamente da solo.

Evitavo Mattia come la peste, cercavo sempre di non trovarmi in camera con lui ed egli d'altro canto faceva lo stesso. Di stare con i miei, ormai ex, amici, non se ne parlava neanche, Luca ogni tanto lo vedevo ancora cercare di avvicinarsi, ma appena lo incenerivo con lo sguardo tornava al suo posto. Con Alex mi bruciava ancora l'ultima litigata che avevamo fatto e mi odiavo per questo, perché nonostante tutto, ancora non mi andava il fatto che qualcuno toccasse Mattia o lo insultasse, anche se poi io ero il primo a farlo. Ero diventato davvero patetico, se gli rivolgevo la parola era solo per chiamarlo in modi poco carini, continuavo anche a provocarlo e mi divertivo a vederlo in difficoltà. Avevo iniziato a prendere l'abitudine di girare nudo per la camera e ogni volta che accadeva, lui cercava sempre di non farci caso, ma sapevo che non ci riusciva molto bene.

Come ieri sera, quando fingeva di non guardare me, ma un libro di economia. Come se la cosa di per sé non fosse già abbastanza assurda, lo teneva anche al contrario. Sono scoppiato a ridere mentre la sua fronte si corrugava e il suo disagio si faceva sempre più evidente.

"Oh Matti." Sospirai. "Sei senza cuore e sentimenti, ma non riesci a comunque a tenere nascosta la tua natura da gay, eh? Fammi almeno il piacere di andarti a masturbare in bagno, non vorrei mai dormire in un letto sporco della tua robaccia."

Prima che potessi rendermene conto mi aveva tirato un pugno in faccia, ma io continuai a ridere.

"Non sarebbe certo la prima volta e ti vorrei ricordare che la mia robaccia tu l'hai anche ingoiata e mi sembra che ti sia piaciuto parecchio!" Poi uscì dalla camera e non tornò.

Non so dove sia stato a dormire, probabilmente da Luigi, ma oggi non l'avevo ancora visto.

Avevo sentito freddo quella notte, nonostante la primavera fosse già iniziata. Quel letto era troppo grande per me solo. Come se la cosa di non riuscire a dividere i letti non fosse già abbastanza patetica, avevo scambiato il suo cuscino con il mio, per sentire il suo odore ed avere l'impressione che fosse lì con me. Patetico, assolutamente patetico.

Mi sentivo così solo che perfino la prospettiva di andare a letto con Dario mi sembrava invitante. Mi chiedevo se fosse stato quello il suo piano: farmi disperare a tal punto da indurmi a saltare in un burrone. Come se non bastasse aveva avuto il mio nuovo numero e ora continuava a mandarmi messaggi del tipo:

"Ricordati che io per te ci sarò sempre, amore! xxx"

Ogni volta che ne ricevevo uno alzavo gli occhi al cielo e un conato di vomito mi raggiungeva lo gola. Sospettavo che il numero glielo avesse passato Tommaso e mi maledissi mentalmente per averglielo dato quando eravamo ancora in camera assieme.

Anche adesso in pullman, Dario aveva cercato di sedersi di fianco a me, ma avevo preferito deviare e mettermi vicino a un cazzo di nerd che stava leggendo un libro. Sospirai, almeno ero sicuro che non sarei stato disturbato. Presi il mio iPod e misi Make Me Wanna Die dei The Pretty Reckless. Dopo la lieve musichetta iniziale, subito il ritmo della chitarra e della batteria mi travolsero, poi Taylor Momsen iniziò a cantare:

"Take me, I'm alive

I never was a girl with a wicked mind

But everything looks better when the sun goes down"

Mi faceva tornare in mente il vecchio me, quello prima di conoscere Mattia, uno stupido ragazzino che si fingeva un bad boy e le ragazze la sera cadevano ovviamente nella sua trappola e, infondo, non era tanto male.

Stanza 258 || Zenzonelli EditionDove le storie prendono vita. Scoprilo ora