III. Amy.

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Quella notte Amy terminò l'ultimo servizio alle 2:50 del mattino. Si avviò verso i camerini dell'edificio per cambiarsi e lì trovo Shaila, intenta a sistemare i suoi indumenti.
Era stata una giornata particolarmente pesante a lavoro, ma finalmente era arrivato il momento di tornare a casa e godersi il meritato riposo.

"Domani devi lavorare anche al salone?" chiese Shaila.

"Già... fortunatamente sono riuscita a convincere il capo a darmi solo turni pomeridiani... almeno così riesco a riposare a sufficienza tutta la mattina" rispose Amy.

"Capito... hai fame?"

"Tantissima, dovremmo passare a prendere qualcosa da Ben."

Ben possedeva un piccolo negozio di alimentari vicino l'edificio in cui lavoravano le due ragazze. Era davvero una manna dal cielo poiché il ragazzo teneva il posto aperto ventiquattr'ore su ventiquattro. Ovviamente lui se ne occupava solo la notte, mentre di giorno lasciava i turni alle sue sorelle e fratelli minori.

Era un ragazzo indiano, molto gentile ma soprattutto onesto.
Era una rarità incontrare persone così pure in quei sobborghi: lui e la sua famiglia lavoravano duramente, forse non erano nemmeno invischiati nella criminalità della zona. Tuttavia una cosa era certa: quel posto sopravviveva solo grazie ai pochi acquirenti della zona, che si fermavano a comprare il necessario tra un lavoro e l'altro.

Shaila ed Amy, in quella fredda notte d'inverno, uscirono dall'alto portone, percorsero qualche metro a piedi ed entrarono nel minimarket.
Comprarono dei tramezzini, patatine, biscotti e Coca-Cola.
Avevano lavorato sodo quindi quella sera avrebbero mangiato in abbondanza.
Pagarono e, come di consueto, si avviarono verso casa.

Iniziarono a parlare del più e del meno.
Amy alzò gli occhi al cielo: anche se quella stradina era particolarmente buia, era impossibile vedere le stelle. Si chiese se da lassù suo fratello riuscisse a vederle tutte.

Era stanca di fare quella vita, ma d'altronde lì questo era l'unico modo per sopravvivere.

"Sono stanca" esordì.

"Lo so, ma cos'altro potremmo fare? È questa la nostra vita ormai, è questo che è stato deciso per noi." rispose Shaila.

"Chi l'ha deciso? Chi ha deciso che dev'essere ormai tutto così?" controbatté Amy.

"Amy lo so, ma per adesso dobbiamo semplicemente andare avanti. Lo sai che io ci sono sempre per te e cercherò di aiutarti in qualunque modo."

"Pensiamo a tornare a casa per ora, ho davvero bisogno di dormire" disse con tono affranto Amy.

Entrarono nel vicoletto che collegava i due quartieri. C'era qualcosa di strano nell'aria quella sera. Si rese presto conto che il suo non era solo un presentimento.
Avvicinandosi alla fine del vicolo si resero conto che qualcuno era seduto a terra, accovacciato, e singhiozzava.
Shaila lanciò un'occhiata all'amica intimandole di fare finta di nulla e procedere, ma Amy la ignorò.
Si fermò davanti a quella piccola figura.

"Amy dobbiamo andare a casa, è tardi..." disse Shaila cercando di convincerla.

"Come ti chiami?" esordì Amy.

Il ragazzo smise improvvisamente di singhiozzare, alzò lentamente il volto e fissò i suoi occhi. Aveva gli occhi azzurri lucidi e gonfi, diverse ferite e lividi. I suoi capelli erano neri come la pece. Non sembrava essere vestito in modo trasandato ma era scalzo.

Dopo qualche momento di esitazione disse a tono basso e con incertezza il suo nome.

"Felix"

Shaila iniziò ad agitarsi. Aveva paura.

"Che ci fai qui? Non ti ho mai visto prima" chiese Amy a Felix.

Il ragazzo continuò a tenere i propri occhi fissi in quelli della ragazza. Inizialmente esitò ma alla fine, abbassando lo sguardo, rispose
"Non lo so."

"Che vuol dire non lo sai?" chiese incuriosita la ragazza.

"Stavo cercando di andare il più lontano possibile..."

"Qualcuno in questa zona ti ha picchiato? Hai fatto un torto a qualcuno?"

Shaila cercò di tirare Amy per un braccio ma lei non aveva intenzione di andare via.

"No. Sono appena arrivato qui, non sapevo dove andare. Questo mi sembrava un punto sicuro." disse il ragazzo.

"Sappi che ti sbagli. Questo non è per niente un posto sicuro."
Rimase ad osservarlo per qualche secondo, poi incalzò:
"Come hai fatto a ridurti così?"

Felix abbassò leggermente il capo, iniziando a fissare le sue mani, poggiate sulle ginocchia.
Ancora una lacrima cadde dal suo viso.
"Mio padre" rispose in maniera stranamente inespressiva.

"Stai fuggendo da tuo padre... ad occhio e croce mi sembri ancora un ragazzino... sai che ti troveranno vero?"

Felix non rispose.

Shaila capì le intenzioni dell'amica ed ancora una volta provò a trascinarla via da lì strattonandola.

"Posso trovarti un posto dove nasconderti, se vuoi"

Il ragazzo alzò di scatto la testa, la fissò negli occhi per un po'.
Poi si mise in piedi, non senza difficoltà, e con tono calmo ringraziò.

Iniziarono a camminare e Shaila, noncurante delle orecchie che le stavano ascoltando, iniziò a lamentarsi con Amy.
"Ma sei impazzita? Un minorenne che scappa di casa e tu cosa fai? Gli dai riparo? Ma si può sapere cos'hai in quella testa?"

Amy la ignorò.

"Io non voglio saperne niente di questa storia, sia chiaro. Non voglio finire come mio padre, non mi farò sbattere dietro le sbarre per una cazzata del genere."

Shaila era una ragazza molto suscettibile ma si comportava così perché voleva bene all'amica.
Litigavano spesso, ma in qualche modo, tornavano sempre in buoni rapporti, quasi non fosse accaduto nulla. Andava così da tanti anni ormai, tutto faceva parte della solita routine.

Le tre figure si fermarono giungendo ad un incrocio.
"Io vado, ci vediamo domani" disse con disappunto l'amica.

"A domani" le risposte finalmente.

Amy la guardò allontanarsi dopodiché si voltò verso Felix:
"Andiamo"

Nessuno dei due proferì altra parola, fin quando non giunsero in quella fredda ma accogliente casa.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora