XXIX. Sunset

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Camminavo per le strette vie di quel quartiere dagli edifici alti e fatti di mattoni rossi.
Quella zona era all'apparenza così pericolosa eppure allo stesso tempo così sicura, un posto in cui non c'erano bande a scontrarsi, in cui la criminalità pullulava nell'ombra.
Nessuno voleva problemi lì e questi avevano solo un nome: forze dell'ordine.
E solo per questo motivo era tutto così sicuro: non c'erano mai scippi, furti, violenze.
Persino i teppistelli non osavano creare problemi, si limitavano solamente a riempire i muri di graffiti e lasciare sporcizia qua e là.
Questo perché altrimenti avrebbero dovuto vedersela con qualcuno che stava molto più al di sopra rispetto a loro.

Era sempre tutto, troppo, tranquillo.

Il mio turno al bar era appena finito e la sera si avvicinava.
Guardavo il cielo: le nuvole erano rade in quella vastità azzurro chiaro ed una mezzaluna tagliava il cielo a metà stando dritta sopra il mondo.

Chissà dov'era il sole, nascosto tra quegli edifici.
Non vedevo un tramonto da così tanto tempo...

Ebbi un'idea, folle e fulminea.
Voltai l'angolo, ricordavo ci fosse un palazzo con delle scale antincendio che portavano molto in alto.

Riuscii a trovarlo dopo alcuni minuti, andando a tentoni tra quelle stradine tutte uguali.
Mi avvicinai ed ispezionai le scale da vicino, assicurandomi che non crollassero non appena vi avessi messo piede. Diedi un bel calcio ad uno dei gradini... sembrò reggere.
Decisi di iniziare a salire quelle scale cautamente, tenendomi saldamente alla ringhiera.
L'altezza non mi aveva mai fatto paura ma quel vuoto proprio sotto i miei piedi tra un gradino e l'altro, che continuava ad aumentare man mano che salivo, mi incuteva non poco timore.

Eppure riuscii a raggiungere la cima del palazzo senza problemi, avendo giusto qualche attimo di spavento quando gli ultimi gradini scricchiolarono un po'.

E quando giunsi lassù riuscii finalmente a vedere il cielo rosato che iniziava a farsi arancione e poi il sole, che aveva iniziato a calare oltre l'orizzonte degli altri palazzi, fortunatamente un po' più bassi.

Mi sedetti sul muretto dopo averlo spolverato un po' con le mani.

Era meraviglioso.
Chissà come sarebbe stato se avessi potuto portarci Amy.
Chissà come sarebbe stato avere degli amici con cui venire ad ammirare certe bellezze della natura.
Chissà se a Jeongin piacevano i tramonti e se andava a vederli ogni tanto.

Ci pensai a lungo.
Alla fine, ero così solo.

Io e quell'aria che, per qualche motivo, sembrava così fresca e pulita nonostante non lo fosse.

Il vento spirava lì in alto, muovendo le ciocche di capelli lunghi sul mio viso, che mi pizzicavano il naso.
Anche il metallo delle scale continuava a tintinnare per il vento.

Mi sentivo come trasportato da quell'aria che non era altro che il respiro della natura.
E mi sentivo vivo.

Lasciai che la luce rossastra del sole, appena tiepida, mi avvolgesse e socchiusi gli occhi.
Le mie ciglia erano illuminate dalla luce e sembrava vi fossero tante piccole scintille attorno a me.
Restai a lungo a godere delle sensazioni che tutto quello mi suscitava.
Calma, pace, serenità.

Quando il sole tramontò restai lì ad osservare le sfumature di azzurro intenso e arancio mutare, fino a diventare blu scuro.
Poi tornai a casa, con il cuore un po' più leggero.

In quei giorni tentavo di ricercare la normalità anche in quelle cose che, alla fine riflettendoci, non avevo mai avuto il tempo di fare in vita mia.
Iniziai a prestare attenzione a cose così normali che erano diventate superflue, per cui però valeva la pena di impiegare del tempo e soffermarsi ad apprezzarle.
I tramonti ad esempio.

Oppure perdermi tra le stradine che costeggiavano quegli alti palazzi.

Un giorno, terminato il turno al bar, non avevo lavoro da fare la sera.
Così prima di tornare a casa mi soffermai al parco per una passeggiata, godendomi gli ultimi cinguettii prima che calasse del tutto la sera.

Uscendo dal parco, ed avviandomi presso uno stretto vicolo pieno di cassonetti e bidoni, trovai un gatto.
Questo inizialmente, vedendomi da lontano nella sua stradina, mi venne incontro iniziando a miagolare.

Una volta vicino, iniziò a strusciarsi ed arrampicarsi sui miei jeans in cerca di attenzioni, aggrappandosi con gli artigli e graffiandomi la pelle.

Cercai di allontanarlo senza infastidirlo e lui cominciò ad avanzare, miagolando.
Era come se mi stesse chiedendo di seguirlo, così lo feci.
E ogni qual volta io mi fermassi o facessi finta di non seguirlo, questi si fermava, miagolava e tornava indietro per incoraggiarmi nuovamente a farmi guidare.

Era una sciocchezza? Probabilmente.
Eppure mi feci trasportare da quello scarno micio bianco, a macchie arancioni, dalla folta coda.

E lui mi condusse in un altro angolino.
Era un giardinetto abbandonato in cui si trovavano diverse piantine.

Sembrava non andarci nessuno lì.
Non vi erano graffiti, né immondizia.
Sembrava davvero deserto, ma d'altronde era stato difficile da raggiungere.

I vasi erano rotti e diverse erbacce avevano iniziato a popolarli, insieme alle piantine di fiori e le piante grasse che li ospitavano.

Poi l'attenzione del gatto sembrò essere attirata da qualcos'altro, così si allontanò.

Restai lì a lungo, godendomi quel momento di solitudine, lontano da tutto e tutti.
Attesi il suo ritorno, invano.

Tornai in quel posto nei giorni e nelle settimane a venire, ogni qual volta ne avessi il tempo, portando con me persino qualcosa da mangiare per lui.
Eppure non lo vidi più.
Per quante volte potessi tornare, ero solo e di lui non vi era nessuna traccia.

Che fosse morto?
Non lo sapevo.

Però lo ringraziai con tutto il cuore di avermi portato in quel luogo così calmo, riservato e speciale.

Presto però non riuscii più a recarmi lì, sia per la mancanza di tempo libero sia perché quella zona aveva lentamente iniziato ad essere popolata da gente losca.
Era diventato difficile raggiungere quel posto senza rischiare di essere seguiti e rimanere bloccati in situazioni spiacevoli.

Conservai un bellissimo ricordo di quel posto e di quel micio adorabile, a cui tanto avrei voluto dare qualcosa da mangiare in riconoscimento.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora