VIII. Speranza

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Ero contento che quel giorno Amy fosse uscita di casa più spensierata.
Ne ero certo: doveva esserle accaduto qualcosa.
Purtroppo però sapevo che non ne avrebbe mai parlato con me.
Non lo faceva per cattiveria, semplicemente era cresciuta così: il vivere da sola l'aveva fatta chiudere in sé stessa e non era facile che parlasse dei suoi problemi, specialmente con me.
Probabilmente si apriva un po' di più con Shaila, visto anche il fatto che fossero coetanee.

Qualsiasi cosa fosse accaduto, sperai che si sarebbe risolto presto.

La sera, al locale di Jim, fu tutto molto entusiasmante.
Provai a preparare i primi cocktail. Non mi sentivo così nervoso da tempo. Tuttavia, il fatto che piacquero ai clienti, mi rincuorò.

Mi venne quasi un colpo quando un bicchiere cadde accidentalmente a terra, frantumandosi.
Fortunatamente, tutto si risolse con qualche risata da parte di Jim e dei clienti.

Lui si era sempre occupato della sezione alcolici e della cassa, il che era molto faticoso. Adesso invece si dedicava solo alla seconda, fatto che aveva permesso di raggiungere un buon ritmo con le ordinazioni.

Certo, non ero veloce quanto lui, ma almeno potevo dire che le mie "creazioni" avevano un tocco personale.
Jim, infatti, non si era mai curato di decorare i bicchieri: ai clienti interessava solo bere il più possibile, fino a dimenticarsi dei propri pensieri.

Io invece, quando il numero di ordinazioni lo permetteva, cercavo di aggiungere qualche decorazione; tuttavia non era sempre possibile, specialmente nei momenti di maggiore affluenza.

Una volta che il locale si fu svuotato restai a chiacchierare un po' con lui.
Gli dissi che, se fossi diventato più bravo, avrei voluto anche comprare degli ingredienti che mi avrebbero permesso di fare cambiare colore alle bevande: volevo creare qualcosa di interessante, per contrastare la monotonia del menù.
Lui mi rivolse uno sguardo fiero e con un sorriso mi disse che era una fantastica idea.

Finito di sistemare gli ultimi utensili, salutai Jim e mi avviai verso casa.

Riflettendo sui nomi che avrei potuto dare ai miei futuri cocktail, canticchiai a bassa voce per tutto il tragitto: mi sentivo particolarmente allegro quella notte.
A tenere il mio umore alto aiutavano anche le temperature, che cominciavano ad abbassarsi in vista dell'arrivo di Settembre.

La via che portava a casa era particolarmente buia, un lampione dalla luce arancione si trovava quasi sopra il nostro portone.

Entrai in casa: Amy era tornata e, stranamente, vidi che c'era pure Shaila.

Quando entrai nella stanza le due ragazze interruppero il loro discorso e mi fissarono.
Amy aveva un'espressione sconsolata, Shaila sembrava molto preoccupata.
Le guardai entrambe e chiesi:
"Cos'è successo?"

"Nulla..." disse Amy

"Se non vuoi dirmelo lo accetto, ma non dirmi che non è successo nulla... è evidente che non è così..." dissi deluso.

Amy sospirò, Shaila abbassò lo sguardo iniziando a giocare con le dita.

"Vorrei licenziarmi... vorrei provare a lavorare in un altro... in un altro locale" disse la ragazza.

"E quindi? Qual è il problema? Se hai paura di non trovare un altro locale che ti assuma posso parlare con Jim, lo sai che paga bene..."

"Non è questo Felix. È che nonostante io voglia andarmene da lì... non posso."

"Perché no?" domandai.

"Ho un contratto e non posso romperlo"

"Hai provato a parlare col tuo capo?"

"No... ma è difficile che mi permetta di andare..."

"Se non provi nemmeno non potrai mai saperlo..." risposi.

Non l'avevo mai vista così giù di morale.

"Sta' tranquilla tesoro. Felix ha ragione, magari parlandole con calma riuscirete a trovare un compromesso" provò a consolarla Shaila, mettendole una mano sulla spalla.

Amy sospirò nuovamente.
"Avete ragione. Devo avere fiducia. Andrà tutto bene." disse infine.

Shaila le diede qualche pacca affettuosa. Dopodiché le diede un bacio sulla testa e disse:
"Io vado, andate a dormire subito entrambi, okay?"

"Non preoccuparti, mi assicurerò che riposi" la rassicurai.

La accompagnai alla porta.
Non appena andò via tornai in cucina.

"Hai mangiato?" chiesi ad Amy.

"Non ancora... non ho molta fame" rispose.

"Ti va un po' di thè freddo?" le chiesi.

Si voltò lentamente e con un debole sorriso mi chiese:
"Sarebbe la versione estiva della proposta del thè caldo?"

"Esattamente" dissi in tono sicuro.

Mi guardò stranita.

"E thè freddo sia!" esordii, nonostante non avesse risposto alla domanda.

Dopo averla obbligata a berlo la costrinsi ad andare a dormire immediatamente.
Con un sorriso mi ringraziò e mi diede la buonanotte.

Una volta fatta una bella doccia rinfrescante indossai semplicemente dei pantaloncini: faceva ancora troppo caldo per la maglietta.
Ogni tanto mi guardavo il torso: non era rimasto più nessun segno.
Eppure mi sentivo come se avessi potuto rivederli tra un battito di ciglia ed il successivo.
Ricordavo ancora il dolore e, anche se raramente, mi accadeva di sognarlo.

Mi sdraiai su quello che ormai era diventato il mio letto.
La struttura era abbastanza alta nella testiera.
Con i risparmi raccimolati avevo comprato un piccolo scacciapensieri e lo avevo appeso lì. Ogni volta che mi sedevo tintinnava. Mi piaceva molto.
Ogni tanto, quando non riuscivo a dormire, ci giocavo ed un po' aiutava.

Tornai a leggere il libro e lo terminai in qualche ora.
Era stata una storia bella ed interessante, anche se infinitamente tragica.
Non era raro che leggendo libri o guardando film mi ritrovassi a ripensare a quello che mi era accaduto, alla mia famiglia, e che le lacrime cominciassero a scendere senza che me ne rendessi conto.

Forse un giorno mi sarei abituato a tutto ciò, me ne sarei fatto una ragione... o forse non sarebbe mai successo.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora