XIII. Euforia

8 2 4
                                    

Fare consegne non sempre era un lavoro redditizio, ciò perché non sempre si riusciva a lavorare tutti i giorni.
Le scadenze erano programmate e mi venivano comunicate con sufficiente anticipo, il che mi permetteva di organizzare al meglio le mie mattinate libere. Solitamente davo una mano ad Amy con le faccende o mi occupavo un po' di Natalie.

Quella mattina però avevo diverse compere da fare.
Mi diressi, passeggiando, verso il negozio di Ben.

Cercavamo sempre di non andare troppo lontano e di fare acquisti nei piccoli negozietti, così da aiutare l'economia del quartiere come potevamo.

I muri di quella stradina erano in mattoni rossi e c'erano sempre diversi motorini e bici parcheggiati nel marciapiede di fronte ad esso.
La zona era un po' più movimentata rispetto a casa nostra perché il negozio si trovava nell'angolo di un incrocio: la via perpendicolare ad esso era un po' più grande e portava verso zone più frequentate del quartiere.
Un punto assolutamente strategico per quanto riguardava l'economia.

L'insegna del negozio, nonostante le strette vie, era piuttosto grande.
La scritta verde, su fondo bianco, recitava "STOP 1 DELI, NATURAL AND ORGANIC PRODUCT".

Ben mi aveva raccontato che suo padre aveva lavorato per diversi anni come fattorino dopo essere arrivato in America, e con il ricavato del suo duro lavoro era riuscito ad acquistare il pianterreno di quell'edificio e ad aprire il negozio.
Inizialmente era nato come ortofrutta e vendita di prodotti naturali, col tempo però iniziarono ad occuparsi della vendita di tutto l'indispensabile: dai prodotti per la pulizia ai surgelati, dall'acqua agli snack, che erano prevalentemente halal.

Mi soffermai davanti l'entrata, osservando la strada stranamente deserta.
Entrai all'interno del negozietto e salutai Aaron, il fratello minore di Ben.

Mi diressi verso gli alti e stretti scaffali, riempiendo man mano la borsa di stoffa e spuntando gli elementi della lista che Amy mi aveva condiviso.

Vidi con la coda dell'occhio una figura familiare frugare nel reparto frigo.

Finito di completare la lista, mi diressi anch'io verso il reparto surgelati. Quando superai lo scaffale, però, era sparito.

Presi un gelato e mi diressi verso la cassa.

Aaron fece il conto e gli chiesi di aggiungere un gelato in più.
Mi guardò perplesso ma gli dissi, mentendo, che suo fratello sapeva.

Senza fare troppe domande batté sullo scontrino anche quello e chiuse il conto.
Pagai ed uscii dal negozio salutandolo calorosamente.

Di fronte all'entrata trovai il solito strano individuo, che mangiava tranquillo il suo gelato alla panna, seduto sul marciapiede.

Mi diressi verso di lui, poggiai la borsa a terra e mi ci sedetti accanto.
Gli porsi lo scontrino.

Fu come se non si fosse accorto della mia presenza e rimase parecchio sconcertato da quella azione.
Alzò lo sguardo e con espressione stralunata fissò prima me, poi la mia mano.

"Cos'è?" mi chiese.

"Lo scontrino" gli risposi.

Mi guardò come se fossi pazzo.

"Non è giusto rubare, le persone fanno molti sacrifici per poter andare avanti... ho pagato io il tuo gelato stavolta" aggiunsi.

All'inizio non disse nulla, mi fissò e basta, come se fossi impazzito.

"Lascio sempre gli spiccioli sul bancone, anche se entro di soppiatto. Non ho mai rubato." disse poi con tono freddo.

Rimasi sorpreso. A quanto pareva ero saltato a conclusioni affrettate.
"Beh, non hai comunque lo scontrino..." dissi imbarazzato, cercando il mio gelato all'interno della busta.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora