XX. Cadute

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Note dell'autore: a fine capitolo circa c'è un trigger warning. Se l'argomento vi turba, potete tranquillamente passare alla fine del capitolo una volta giunti al warning.
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Amy restò in ospedale per diverse settimane. Lì era monitorata costantemente e le medicine le venivano somministrate regolarmente.

Sì, perché ciò che aveva causato quell'incidente non era stato altro che il suo stesso comportamento.
Le pillole costavano tantissimo ed aveva iniziato a ridurre le dosi per cercare di risparmiare il più possibile.
Tutto a mia totale insaputa.

Io e lei non parlammo mai di quanto fosse accaduto, anche perché questa informazione mi fu confidata dalla sua dottoressa, che mi raccomandò di vigilare attentamente su di lei una volta che fosse tornata a casa.
Fui contento di vedere compassione nei suoi occhi, mi chiese se stessi bene. Aveva certamente intuito che per me, quella situazione, non fosse per niente facile.

Quando Amy fu dimessa ricominciò nuovamente a lavorare al computer dal divano. Era stanca e provata da quella situazione anche lei.
Per essere sicuri che non fosse mai da sola, nel caso accadesse qualcosa, le sorelle minori di Shaila passavano del tempo a casa nostra regolarmente.
Per nostra fortuna lo facevano con piacere, visto che così potevano trovare il silenzio necessario per potersi concentrare sullo studio serenamente, non circondate dalle urla dei fratelli minori.

Questo mi tranquillizzò e riuscii ad andare a lavoro con un po' più di serenità.
Tornai anche alle solite consegne.
Riuscii a dormire persino un po' di più, anche se una volta a letto era sempre difficile addormentarsi.

Un giorno, però, mancò poco che finissi in ospedale anch'io.

Mentre facevo una consegna, una mattina, mi sentivo particolarmente spossato e la schiena faceva male.

Mi fermai vicino al negozio di Ben, per prendere qualcosa di dolce lì, nella speranza di tirarmi su.
Eppure, mentre fermavo la bici contro il muro mi sentivo sempre più strano.
Posai a terra il pesante zaino che reggevo sulle spalle.

Sentivo le orecchie come fischiare.
La vista iniziava a farsi strana, bevvi rapidamente un sorso d'acqua dalla borraccia agganciata alla bici.

Attraversai la strada.
Iniziai pian piano a vedere tutto sempre più nero, le orecchie iniziarono a fischiare forte, arrancavo nel buio. Sentii il campanello della porta tintinnare, segno che ero riuscito ad entrare, avanzavo arrancando e tentando di trovare qualcosa a cui appoggiarmi ma non trovai nulla.

Le mie gambe cedettero e crollai su alcune scatole di fronte al bancone.

Tutto era nero, la schiena faceva male, non sentivo nulla di nulla.

Mi chiesi se sarebbe stato così il mio passaggio a miglior vita.

Ripresi conoscenza dopo non so quanto tempo.

Aaron mi guardava preoccupato, aveva chiamato anche Ben, che in quel momento mi dava dei buffetti sulle guance nel tentativo di farmi riprendere conoscenza.

Realizzai che le mie gambe fossero in aria contro il bancone, io sdraiato al pavimento con un pacco di riso sotto la testa.

Non appena aprii gli occhi Ben mi porse dell'acqua con il sale prima e poi con lo zucchero.

"Non so davvero cosa si debba fare in questi casi, nel dubbio bevili entrambi." disse.

Non mi permise di andare via per tre quarti d'ora, nonostante sapesse che avevo delle scadenze.

"Se ti succede qualcosa per strada potrei averti sulla coscienza amico e non se ne parla proprio"
Era quello che mi aveva detto.

Era davvero difficile trovare una persona genuina come lui.
Si propose di accompagnarmi con lo scooter per finire in fretta le ultime consegne.
Insistette affinché accettassi, anche se mi sentivo profondamente in colpa.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora