XXXV. Casinò

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I soldi potevano tutto.
Dalle più piccole alle più grandi cose.
Potevi comprare il pane, una macchina, una casa.
Ma oltre a comprare, il denaro, aveva un altro potere: far diventare tutto possibile, persino ciò che non lo era, o che sembrava non esserlo.

I soldi potevano anche garantirti di poter aggirare le regole.
Sì, perché bastava semplicemente pagare qualcuno profumatamente affinché questo chiudesse un occhio.

E così, anche se ovunque vi erano cartelli con su scritto 'Vietato fumare', dentro quel casinò l'aria era pesante e sapeva di fumo, tabacco e sigari, il tutto mischiato ad un forte odore di alcolici.
Era davvero difficile trovare lì  qualcuno che non avesse in mano un bicchiere, un sigaro o una sigaretta.

Quella sera, in uno dei casinò più rinomati di New York, era stata organizzata una serata alla volta del divertimento fra dei ricchi imprenditori della zona.
Come sempre, non era raro vedere qualche politico, locale e non.
Perché dove vi era denaro, vi era anche la corruzione.

Accompagnavo una ragazza, di appena trent'anni, erede di una delle aziende infiltrate nella politica della città.
Non era la prima volta che la servissi, mi aveva chiesto se volessi unirmi a lei quella sera, dopo aver constatato che fossi un ragazzo gentile durante una delle notti a casa sua.

Era molto aggraziata, si chiamava Ilde. Aveva dei lunghi e lisci capelli castano scuro, che le coprivano la schiena, e degli occhi ambrati luminosi. Indossava un lungo vestito dorato luccicante, dalla scollatura morbida ma profonda.
Era sempre un piacere lavorare per lei, anche perché era tra le clienti che mi trattavano più dignitosamente.

Si era anche occupata di procurarmi degli abiti su misura adatti per la serata.

Mi prese per mano e, sorridendomi, mi disse di seguirla, mentre ci aggiravamo tra vari tavoli da biliardo, giocate di poker e roulette.

"Sai a cosa servono queste serate?" mi domandò.

"A divertirsi suppongo" risposi.

"Servono a fare affari, o meglio, a spianare la strada affinché possano avvenire" mi corresse.

"Quindi incontrare gente nuova con cui poter lavorare?"

"Esatto. Ed è per questo che siamo qui stasera" disse avviandosi verso uno dei tavoli in cui si puntava per la roulette.

Chiese di sedersi.
Gli invitati si alzarono, ormai stufi delle giocate, lasciando il posto ad altri.
Io le restai accanto, o meglio alle spalle, in piedi.

Quando il numero di giocatori necessario a far cominciare il gioco venne raggiunto, questi cominciarono a puntare sul tavolo verde.

"Felix?"

"Mh?"

"Rosso o nero?"

Ci pensai su un attimo.
"Nero" risposi.

Così Ilde cominciò puntando, sui numeri neri, il minimo: 5 fiches.

Il croupier, una volta accolte tutte le scommesse, iniziò col lancio della pallina.

Uscì il 33: nero.

Ilde sorridente raccolse la propria vincita di 10 fiches.

La sua puntata successiva fu sempre di cinque fiches su un Manque, i numeri tra 1 e 18.

Uscì il 17.

Ancora una volta la ragazza, tra la sorpresa degli altri partecipanti, prese parte della vincita: ancora dieci fiches.

"Il nero oggi ti porta fortuna" le dissi sottovoce, abbasandomi e sussurrando al suo orecchio.

Lei sorrise e mi sussurrò di rimando.
"Scegli un numero che ti piace" disse accarezzandomi il mento.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora