XVIII. Terrore

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Portai un mazzo di fiori e tutto il necessario per dipingere in ospedale.

La settimana seguente Amy venne dimessa.

I medici le avevano diagnosticato un problema al cuore.

Le proposero un intervento risolutivo, per cui, però, servivano decine di migliaia di dollari, che noi non avevamo.

Sotto consiglio della dottoressa che l'aveva seguita, fece richiesta per entrare nella lista del progetto di beneficienza della clinica: nel caso in cui ci fossero state delle donazioni alla struttura, questa avrebbe chiamato i pazienti che avevano fatto richiesta di inserimento nella lista sulla base di determinati criteri.

Le prescrissero delle medicine. Avrebbero aiutato a prevenire altri incidenti simili, che potevano essere pericolosi, e raccomandato assoluto riposo.
Avrebbe anche dovuto fare ulteriori visite di controllo.

La prima fattura non tardò ad arrivare e per pagarla i nostri risparmi furono totalmente prosciugati.

Le cure erano particolarmente costose e, andando avanti così, non saremmo riusciti nemmeno a pagare le bollette o a fare la spesa.

Amy fu costretta dalla situazione a continuare a lavorare come babysitter e al locale come cassiera, nonostante non avrebbe dovuto fare grandi sforzi.
Fortunatamente questi impieghi non richiedevano eccessivo impegno fisico.

Avremmo affrontato un lungo periodo di difficoltà ma, forse, tutto sarebbe migliorato col tempo.

Era quello che speravo, ma presto tutto ciò venne frantumato.

Amy si recò, come previsto, in ospedale per una visita di controllo.

Le dissero che la situazione aveva iniziato ad aggravarsi, seppur lentamente.
Avrebbe davvero dovuto stare a letto e riposare completamente.

Abbandonò quindi qualsiasi impegno.
Nonostante ciò non si arrese e fece richiesta per diversi lavori d'ufficio in smart working.
Riuscì a guadagnare qualcosa, seppur per brevi ed incostanti periodi.

Sapevo che aveva iniziato a nascondermi diversi dettagli sulla sua situazione, probabilmente per evitare di farmi preoccupare.
Così mi recai in ospedale per parlare direttamente con il medico che la stava seguendo.

Si rifiutò di darmi dettagli, in quanto avrebbe violato le norme sulla privacy.

Fortunatamente la ragazza della reception mi aveva preso in simpatia e mi chiese di lasciarle il mio numero. Mi rassicurò dicendomi che avrebbe provato a recuperare qualche informazione.

Probabilmente aveva visto quanto fossi preoccupato.

Ciò che riuscì a reperire, dopo alcuni giorni, furono solo cose vaghe: terapie costosissime, nessuna novità sull'operazione, l'importanza del riposo e di prendere le medicine regolarmente.
Nulla che potesse aiutare a tranquillizzarmi.
La ragazza si scusò per le povere notizie, ma d'altronde aveva già fatto più del suo dovere.
La ringraziai.

Le settimane passarono e non era ancora arrivata nessuna chiamata dall'ospedale.
Cominciammo a ricevere, invece, le fatture, puntuali.

Cercai di parlare con Amy ma non fu per niente facile.
Una sera provai a fare un tentativo.

Era seduta sul divano e lavorava al computer con le cuffie.
Iniziai a preparare un thè caldo per entrambi, aspettando che facesse una pausa.
Quando si fermò le chiesi se avessimo potuto parlare.

Rispose sospirando.

"Posso conoscere la situazione in cui siamo?"

"Felix..." cominciò come al suo solito.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora