XXIV. Bilico - decisioni

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Avevo passato giorni in cui l'ansia mi aveva mangiato vivo, fino a farmi male lo stomaco in maniera indicibile.
Avevo paura di ciò che sarebbe accaduto, di ciò che sarebbe stato di me. Avevo paura di rovinare la mia vita, quella degli altri. Avevo paura di deludere le persone che mi stavano accanto, in particolar modo Amy.
Eppure, nonostante continuassi a ripetermi che sarebbe andato tutto bene e che quella era una ottima opzione, sembravo star parlando al muro e non a me stesso o ai miei sentimenti.

Camminavo velocemente, torturando la pelle delle mia dita con le unghie e staccando le pellicine con i denti.
Ero nervoso e sentivo la pancia fare male.
Avevo paura.
Era una decisione terribile, la peggiore di tutta la mia vita e ne ero consapevole.

Camminavo nel buio di quella strada, col viso illuminato debolmente dallo schermo del telefono. L'applicazione aperta in quel momento era il navigatore, che segnava la destinazione a poco più di un centinaio di metri.

Quel posto si trovava in una zona strana della città: era un quartiere di nuova costruzione, in cui avevano sede diverse aziende e vicino al quale si trovava un grande palazzetto.

Ero giunto a destinazione.
Quel palazzo era alto, sembrava la sede di alcuni uffici.
Bastava attraversare la strada... o tornare indietro.
Presi un respiro profondo e battei il piede a terra per smorzare la tensione.
Poi attraversai la strada deserta.

La porta principale dell'edificio era a vetri ma sembrava non esserci nulla in quella hall grigia e fredda.

Mi avvicinai e abbassai la maniglia: la porta si aprì, non era chiusa a chiave.
Una volta entrato si richiuse automaticamente.

"È permesso?" chiesi educatamente, ma nessuno rispose.

Girovagai un po', era piuttosto grande quel piano.

Sembrava essere deserto.
Che mi fossi sbagliato?

Tornai indietro, all'entrata, e vidi che la porta dell'ascensore, che non avevo visto prima, si era aperta.
Non sembrava esserci altro modo di accedere ai piani superiori, così ne approfittai ed entrai.
Vi erano tanti tasti quanti erano i piani.
La mia testa andò in confusione, non sapendo cosa pigiare, quando all'improvviso l'ascensore venne chiamato al diciannovesimo piano.

Ancora una volta potevo sentire la pressione alle stelle, la testa sembrava stesse per scoppiare ed il mio cuore batteva forte contro il mio petto.

La porta si aprì e mi trovai davanti un uomo vestito di tutto punto con un lussuoso abito nero.
Mi guardò stranito, poi sorrise educatamente.
Sembrava appartenere ad un certo rango sociale.

"Oh, salve" disse sorpreso.

"Salve, mi scusi ma mi sono perso"

"Posso aiutarti in qualche modo?"

"Vede... mi hanno dato un biglietto da visita e dovevo recarmi qui per parlare con una persona"

Mi guardò dubbioso.
"Posso vedere?" mi chiese educatamente.

Gli passai gentilmente il biglietto dopo averlo tirato fuori dalla tasca dei pantaloni.

Lo osservò attentamente, rigirandolo fra le mani.

"Immagino tu stia cercando il signor Maxime Rovas"

"Sì"

"Stavo giusto recandomi nel suo ufficio, penso tu possa seguirmi"

"La ringrazio"

"Per così poco..." disse cordialmente.

Entrammo nuovamente all'interno dell'ascensore e lui pigiò il tasto del tredicesimo piano.

Black petals of a Blue rose - MAXIDENTDove le storie prendono vita. Scoprilo ora