Jeongin, in fondo era una persona gentile, nonostante sembrasse molto fredda all'apparenza.
Aveva sempre questo sguardo serio e sembrava molto maturo per la sua età. Non gli chiesi mai della sua famiglia o da dove veniva, non volevo essere indiscreto. Anche lui doveva averne passate tante.
Sapevo solo che probabilmente lui aveva vissuto in Corea per qualche tempo, o comunque qualcuno gli aveva insegnato la sua lingua natìa: spesso quando riceveva delle telefonate rispondeva in coreano.Purtroppo io non l'avevo mai studiato. Quando vivevamo in Australia mia madre mi parlava nella sua lingua ma da quando c'eravamo trasferiti in America e aveva trovato un nuovo compagno, quello che poi era diventato mio "padre", lui le aveva vietato di insegnarmelo. Forse aveva paura che potessimo parlare tra di noi nascondendogli qualcosa.
Chissà che cosa poi...Quindi non riuscivo a capire nulla dalle sue brevissime chiamate.
Nonostante non fosse una persona a cui piaceva molto parlare, si assicurava periodicamente che stessi bene, specialmente se non mi facevo sentire per molto tempo.
In quel caso mi mandava dei messaggi o veniva direttamente al locale a trovarmi.
Io non gli raccontai molto di me. Non perché non mi fidassi di lui... semplicemente perché non ero ancora pronto a condividere quello che avevo vissuto con altri.A volte ci ripensavo.
Nonostante fosse passato molto tempo, nonostante fossero passati ormai così tanti giorni da diventare anni, quel dolore restava vivo e tangibile, come se avesse potuto travolgermi nuovamente da un momento all'altro.Ogni tanto mi risvegliavo ancora sudato, con le mani doloranti per il troppo stringere le lenzuola nei pugni. Fortunatamente, però, ogni volta non ricordavo nulla di quei sogni.
E ogni volta che ripensavo a quello che mi era accaduto sentivo una morsa stringere il mio petto ed i miei occhi riempirsi di lacrime.
Nonostante mi dicessi che avrei dovuto smettere di piangere per quei ricordi, che ormai erano andati, spesso fallivo. E mi odiavo per questo.Era anche uno dei motivi per cui non ne parlavo mai con nessuno. Non volevo finire per piangere davanti a qualcuno. Non volevo la pietà di nessuno. Volevo lottare e farcela da solo, superare tutto con le mie forze, senza alcun aiuto.
Mi mancava l'abbraccio delle mie sorelle. Dovevano essersi fatte grandi anche loro ormai...
Chissà se a mia madre erano spuntati i capelli bianchi...
Chissà come stava la nonna...Dovevo smettere di pensare a quelle cose.
Ed era in quei momenti che mettevo le cuffie ed alzavo il volume della musica al massimo per zittire i miei pensieri e non sentirli più.
Volevo tanto smettere di pensare a ciò che mi faceva soffrire.
Spesso non riuscivo a dormire per l'ansia.
L'ansia che qualcuno mi trovasse.
L'ansia che i miei cari potessero soffrire o stare male.A quel punto mettevo i suoni della natura in cuffie e cercavo di addormentarmi abbracciando il cuscino.
Spesso funzionava...
Altre volte no, quindi passavo notti insonni in cui cercavo di distrarmi leggendo o guardando anime.Ogni volta che arrivava Halloween e vedevo i ragazzini in giro travestiti, avviarsi per le feste, mi ricordavo di quella sera. Di quella festa. Di quello stronzo.
Dovevo davvero smettere di essere così malinconico, d'altronde mancava ancora molto a quell'evento.
Chissà se anche Jeongin andava alle feste... o magari qualcuno ne aveva organizzato una nella sua scuola.
Sinceramente non avevo voglia di chiederglielo, tanto non avrei potuto andare comunque per via del lavoro.
E in ogni caso, se avesse voluto la mia presenza me l'avrebbe chiesto.Il pomeriggio del tre luglio io e Sasha decorammo il locale con vari festoni e bandiere, il giorno dopo sarebbe stata la festa dell'indipendenza e si sarebbe scatenato il delirio, come ogni anno.
A quella festa, presto, si aggiunse anche il Ferragosto.
Non ebbi molte vacanze o giorni liberi quell'estate, d'altronde io ed Amy non andavamo mai in spiaggia.Finì anche Agosto e con questo, finalmente, anche la cotta che Sasha aveva per me: si era messa con un ragazzo di cui non faceva altro che parlare.
"E tu? Non c'è nessuno che ti piace?" mi chiese.
"No... non sono particolarmente interessato alle relazioni in realtà..." le risposi.
"Uh capisco... beh è un peccato perché sei davvero carino"
Andò ad occuparsi di altro ed io venni trasportato dai miei pensieri.
Non era per niente un complimento, detto così. Detestavo quando la gente faceva questo commento: era qualcosa che più volte nella vita avevo sentito dire.
Se solo le persone fossero state più comprensive nei confronti degli altri... forse avrebbero capito quanto questo tipo di frase potesse metterle in difficoltà.
"Dai, hai vent'anni non ci credo che non sei mai andato a letto con qualcuna"
Come se fossero affari tuoi.
"Quando la trovi una fidanzata?"
"Non ti piacerà mica il cazzo!"
Di frasi così ne avevo sentite troppe nella mia vita, dette a me ma anche agli altri.
Se solo le persone fossero state più comprensive. Se solo si fossero messe nei panni altrui. Se solo avessero riflettuto su cosa significasse essere dall'altra parte quando pronunciavano certe parole o quando facevano certe domande o affermazioni.Ecco perché evitavo sempre di fare troppe domande, di essere invadente o dire frasi fatte. O almeno facevo del mio meglio.
Perché sapevo bene, e lo sapevo sulla mia pelle, quanto tutto quello potesse essere pesante, quanto tutto quello potesse ferire.A volte mi ritrovavo a pensare alle cose più disparate... chiedendomi poi "ma come sono arrivato a questo?"
A volte la mia testa seguiva dei fili davvero strani e finivo per riflettere a tante cose:
Chi sono io?
Perché sono qui?
Perché sono nato?
Cosa ne sarà di me?
Cosa mi aspetta domani?Era davvero difficile nascere su questa terra.
Non sapevo esattamente se fossi grato, a mia madre ed al mio vero padre, di essere nato.
Forse, l'avevo semplicemente accettato.Avevo sempre visto le nascite in maniera triste. Non era altro che sofferenza che generava altra sofferenza, ai miei occhi.
Un atto così egoistico, da parte dei genitori.
La nascita di un figlio, o di una figlia, portava sicuramente tanta gioia nelle loro vite... ma si erano mai chiesti, prima anche solo di pensare di avere una prole, se fossero davvero in grado di prendersi cura di quella creatura? Di educarla nel modo più giusto e di farla vivere con serenità?Probabilmente nessuno si fa domande del genere.
E questo è il motivo per cui molti bambini crescono in famiglie dove tutti si odiano, dove non ricevono abbastanza affetto, dove non vengono compresi ma fin da piccolissimi si è forzati a mangiare più del dovuto, ad ubbidire, a non piangere, a non sfogarsi. Dove si deve semplicemente rientrare in degli standard completamente innaturali.
Forse se il mio vero padre fosse stato ancora vivo, se fossimo rimasti a Sidney... nulla di tutto ciò sarebbe accaduto.Forse sarei cresciuto in una famiglia amorevole, comprensiva e di supporto.
Ma questo restava solo un grande interrogativo.
Forse, in ogni caso, questo era il destino che era già stato deciso per me, qualsiasi cosa fosse successa in passato.Forse... dovevo semplicemente accettarlo.
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Black petals of a Blue rose - MAXIDENT
Mystery / ThrillerQuesta storia è nata prendendo ispirazione dalle prime scene del primo trailer di MAXIDENT, Stray Kids. Trama. Un ragazzo si ritrova catapultato in una grande città senza una meta ben precisa. Cosa lo ha condotto lì? Chi è? Riuscirà a fuggire abbast...