Capitolo 3

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- Allora come ieri, tu mi dici il nome del vino, io lo cerco, te lo mostro e ti dico il prezzo.

Dice sorridendomi, ma io ancora non ho la voglia di ricambiare, anche se sembra che una gonna, un collant e una scarpa col tacco lo abbiano reso più disponibile nei miei confronti.

Faccio come dice e in venti minuti sul mio tablet tutte le spunte diventano verdi, non come ieri che quasi ammattivo per trovarne solamente otto in un'ora e a quel punto un sospiro ed un sorriso mi escono spontaneamente.

Metto via il tablet nella borsa di cuoio marrone e lo seguo osservandolo da dietro, provando ammirazione, perché è carino, curato e sempre ben vestito e capisco che non aveva torto ieri quando mi ha dato della provinciale, perché mi sono presentata in jeans e anfibi neri.

Poi si ferma prima di uscire dal Mega Store, si ferma ad osservare una testata di calze e collant, dove sulle copertine gambe mozzafiato svettano, facendo sembrare le mie come due rozzi pezzi di legno.

- Sarebbe meglio se ti cambiassi il collant, quello che indossi è troppo stretto e troppo pesante ed è anche rovinato sulle ginocchia...

Sbatto le palpebre sorpresa, un po' svergognata, cosa ne sa lui di collant?

- ... Prendi questi.

Dice prendendone due uguali, effetto nudo, neri da quindici denari, mettendoli nella mia mano libera, dato che nell'altra tengo la borsa, lasciandomi interdetta e leggermente contrariata, visto che se proprio devo cambiarmi il collant è meglio e diritto che sia io a scegliere cosa indossare.

- Forse sono meglio questi.

Rispondo per non dargliela vinta e provocarlo, rimettendo quelli che aveva preso lui al loro posto e prendendone un altro paio più coprenti.

- Elena!

Esclama risoluto fulminandomi con gli occhi, facendomi vibrare tutta per come ha pronunciato il mio nome, tra un misto di sta attenta a come ti comporti e a come mi rispondi.

- Voglio che acquisti questi. Il mio non era un consiglio, consideralo un ordine.

Aggiunge prendendo dalla mia mano il collant che avevo scelto in modo brusco, mettendomi in mano gli altri due, rivedendo le sue iridi allargarsi e la mascella tirata, come ieri quando abbiamo discusso seduti davanti al caffè.

- Ok... ok...

Rispondo a bassa voce, con un nodo in gola, alzando gli occhi al cielo e mettendomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio sinistro, pensando che é meglio non contrariarlo, che é meglio non farlo innervosire.

- Ok ok cosa?

- Ok ok le prendo e mi vado a cambiare.

Rispondo guardandolo dritto negli occhi con tristezza, passando da un occhio all'altro, consapevole di non aver scelta, consapevole che può spezzare il mio sogno con un dito e che può fare di me ciò che vuole, perché mi tiene in pugno.

- Pensavo che stessi solamente consigliandomi.

Mi giustifico con voce mal ferma, stringendo le cosce e con le mani lungo i fianchi, più bassa di lui di ben quindici centimetri anche se ho i tacchi, spaventata e pronta a cambiarmi anche lì davanti a lui, davanti a tutti se questo può servire a non farlo arrabbiare, mentre prende la mia borsa con il tablet.

Lui si volta, andiamo dice, e come un automa mi ritrovo a seguirlo camminando verso le casse, con passo svelto, mentre sugli occhi mi si forma un velo trasparente di sottomissione.

Non vorrei sottomettermi, vorrei piantare i piedi, rimettere al loro posto le calze e dirgli che sto bene con quelle che indosso ma, peggiorerei solamente la situazione.

IL SOGNO DI UNA BAMBOLA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora