Capitolo 36

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Elena

Mi arrendo e giuro di esserle fedele sempre, godendo tra le sue dita e venendo sulla sua mano una volta, e poi due, ed infine tre, mettendo su quel palmo ogni mia volontà e desiderio legandomi a lei, suggelando il tutto bevendo il mio stesso nettare, che sta sul suo palmo come gesto di non avere alcuna inibizione pur di compiacerla e renderla padrona ed io sua schiava.

Strattono i miei polsi, sono stanca, vorrei mangiare qualcosa ma, lei me lo impedisce tenendomi ancora appesa alla catena, perché non ha ancora finito con me.

Guardo le sue movenze sinuose, mentre armeggia in un cassetto alla ricerca di qualcosa e poi un gridolino compiaciuto, precede i suoi occhi, quando si volta, che si stampano sui miei, vivi e lussuriosi, mostrandomi un collare nero come quello che hanno le altre hostess che ciondola dalla sua mano sinistra ed una forbici di ferro, da cucina nella destra.

- Voglio premiarti, meriti solamente il meglio e il meglio è ciò che ti darò.

Posa la forbici ed il collare sul tavolo d'acciaio facendomi fiutare il suo profumo dolce che riempie le mie narici.

Di nuovo si posa dietro di me facendo aderire il suo petto ed il suo seno sulla mia schiena abbracciandomi sul ventre, posando le mani sulla ferita che mi ha inferto con la frusta facendomi trasalire.

Le sue mani mi accarezzano fino a posarsi sul mio seno accarezzandolo, mentre io mugugno, non sapendo se apprezzare o odiare ancora quel contatto così intimo anche se le ho permesso ben di peggio, ma prima avevo bisogno di essere toccata e penetrata pur di trovare sollievo a causa del suo veleno, ma adesso è diverso.

Adesso la mia mente è più lucida, ricordo tutto, ricordo i miei gemiti e i suoi sorrisi divertiti e di aver leccato i miei umori guardandola dritta negli occhi dopo essere venuta per la terza volta per la sua mano.

Le sue dita mi stringono i capezzoli ed io trasalisco mentre lì strizza, giocandoci come vuole, tirandoli e tendendoli a proprio piacimento.

- Vuoi che smetta?

Sussurra nel mio orecchio toccandomi il lobo con la punta della lingua, portandomi a sussultare, rispondendo come più le aggrada o come più aggrada a me stessa, senza capire dove finisce la mia prostrazione al suo volere e dove inizia il mio desiderio che sembra non placarsi alla ricerca delle sue attenzioni benevole.

- No padrona.

Stringe più forte il capezzolo destro ed io arranco spostando il piede sul pavimento bagnato della mia pipi di qualche centimetro, non riuscendo a tenerlo fermo.

- L'effetto del disinfettante dovrebbe essere svanito ma, io credo che tu sia ancora bagnata ed in cerca di attenzioni, o mi sbaglio mia piccola masochista?

Sospiro e mi volto con il viso che trasuda ancora desiderio, guardandola con la coda dell'occhio, mentre la sua mano destra scende sul mio pube accarezzandolo, obbligandomi a rispondere con una sincerità imbarazzante.

- Sono... ancora... bagnata... padrona. Singhiozzo rendendola fiera della mia debolezza, che non riesco a contenere.

- Vuoi ancora sentire le mie dita prendersi cura di te? Mormora nel mio orecchio. Anche se ti ho tolto la dignità di essere una ragazza libera e indipendente? Puoi dissentire se vuoi, non c'è motivo di desiderare attenzioni da chi non brami, oppure le stai bramando e le stai desiderando ardentemente? Sussurra senza staccare la bocca dal mio orecchio. Con sincerità dimmi cosa devono fare le mie dita?

- Le voglio ancora dentro di me, padrona. Sussurro a mia volta desiderandole realmente, totalmente perduta e pendente dalle sue labbra, incolpando il suo veleno mentalmente che probabilmente ho ancora in circolo.

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