Capitolo 24

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Della colazione non voglio parlarne, nemmeno del lavoro, mi vergogno, è stato a dir poco umiliante immergermi in mezzo alla gente con il collare sul collo e i capelli raccolti in una coda alta enfatizzando il tutto.

Ogni sguardo che ricevevo passava dai miei occhi e finiva sul mio collare rosso con l'anello dorato sul davanti, facendomi sprofondare nell'imbarazzo.

Tutti i commessi con i quali ho parlato l'hanno visto e osservato finché uno ha trovato la sfacciataggine di chiedermi se ero una sottomessa e tristemente ho risposto di si.

Non lo so perché ho risposto con tristezza, probabilmente perché non mi sento ancora pronta a condividere con il prossimo quella che è la mia natura. Natura che ho celato anche a me stessa finché non è sbocciata e fiorita con Paolo, che con i suoi modi autoritari l'ha fatta emergere in tutto il suo splendore.

Esco dal camerino completamente nuda mentre l'uomo maturo che ho davanti mi guarda con interesse invitandomi a sdraiarmi di pancia sul lettino.

È alto, magro, con la barba lunga una decina di centimetri, che spazia dal nero al grigio ed infine al bianco, proprio come i capelli lunghi che tiene legati in una coda alta. Avrà sui quarantanni, indossa jeans e maglietta nera con il simbolo di una band musicale ed il suo corpo è pieno zeppo di tatuaggi.

Non sono sola con lui, c'è anche Paolo al mio fianco e mi invita ad obbedire e rimanere sempre in silenzio.

Io mi sdraio e Paolo il mio padrone infila l'indice nell'anello del mio collare rosso posando il resto della mano sul collo.

Guardo il soffitto quando il tatuatore mi tocca il dorso del piede seguendo le righe che Paolo gli indica e tengo sempre il mio sguardo nello stesso punto quando la sua mano mi accarezza l'inguine disegnando un nuovo percorso che corre sopra il mio sesso uscendo sulla gamba opposta. Deglutendo nervosamente.

E lo stesso faccio per l'ultimo quello sul seno senza scompormi quando quelle che credo siano le dita di Paolo, dopo aver percorso l'incavo del mio seno prendono il mio capezzolo sinistro indicandogli fino a dove deve finire l'ultimo tatuaggio.

Un'altra ragazza scosta la tenda guardandomi e a quel punto mi agito e tremo per un istante perché non è la ragazza che abbiamo visto quando siamo entrati e che ci ha accolto nel negozio, quella aveva i capelli neri, questa è bionda.

È stato chiaro a tutti fin dall'inizio che io ero la sua schiava perché non ho aperto bocca, ha parlato soltanto lui e ha espresso i suoi desideri chiari e limpidi indicando una delle tante foto che stavano appese su uno dei muri. Lui e lei hanno annuito e capito e il mio cinturino sul mio collo sembrava abbagliare in quel momento, in particolar modo quando mi ha ordinato di seguire la ragazza e spogliarmi di tutto tranne che del collare.

Paolo mi guarda e si rabbuia perché ho sussultato per un istante e subito dopo mi stende un panno sulla faccia perché non potessi guardare chi fa capolino con la testa da dietro la tenda e donandomi un bacio sul capezzolo sinistro mi abbandona a loro, andando da solo in un altro supermercato senza di me, senza la sua schiava.

Rimango sdraiata per tre lunghissime ore con il panno sul volto, dalle tre fino alle sei, finché il tatuatore non finisce la sua opera e poi mi appoggio al muro con le mani sui fianchi, mentre la ragazza che ho visto far capolino dalla tenda, che ho capito essere la fidanzata del tatuatore, mi scalda le parti interessate usando un phon per asciugarmi rapidamente, mentre aspetto che il mio padrone torni per venirmi a prendere, a prendere me, la sua schiava.

I tatuaggi sono bellissimi e mettono in mostra il mio corpo rendendolo più vivo e colorato che mai, donandomi quella sfrontatezza che so non appartenermi. Rimango in quella posizione senza poter rivestirmi, nemmeno quando entra una ragazza della mia età che desidera un cuoricino rosso da farsi sulla spalla. Mi guarda e sorride ed io sorrido a mia volta.

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