Capitolo 18

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Elena

- Mi hai umiliato davanti a quella ragazza! Posso sapere perché?

Esclamo con le braccia al petto seduta accanto a Paolo che ha come unico divertimento farmi passare per stupida ogni qualvolta gli gira.

- Dimmi in che modo ti ho umiliato? Risponde con evidente svogliatezza tenendo il volante con la mano sinistra e il mio piede con la destra, accarezzandolo con il pollice sotto alla pianta trasmettendomi sensazioni contrastanti.

Da una parte vorrei non essermi abbassata come di consueto a consegnargli il mio piede per dargli soddisfazione, dall'altra non ho resistito all'istinto che infine ha prevalso, di poter sentire la sua mano coccolarmi e farmi sentire sua.

- Mi hai obbligato a spogliarmi di tutto per prima cosa, anche se non c'è n'era motivo.

- Ti ho fatto spogliare perché sapevo che nessuno ti avrebbe visto. Tutto lì Elena.

- E poi hai permesso a quella commessa di scegliere come mi dovrei vestire domani, ma ti scordi di vedermi abbindata in quel modo.

- È stata brava, io non avrei potuto fare meglio e ciò che ha scelto per te merita di essere indossato. Risponde continuando a guardare la strada e mi dà fastidio sapere che non mi rivolge nemmeno uno sguardo anche se sono consapevole che sta guidando.

- Hai confessato a quella, quello che è il nostro torbido rapporto portandomi a dire cose che mai avrei dovuto dire.

- Lei aveva capito, aveva sentito tutta la nostra discussione, quindi era inutile inventarci una scusa credibile e tu andavi punita immediatamente.

- Perché?

- Perché sei uscita dal camerino come se ti fosse morto il gatto. Invece di uscire felice perché ti ho fatto un nuovo regalo.

Risponde con una tranquillità disarmante, mentre io sono brace viva.

- Secondo te dovevo essere felice dopo che ho visto il braccio di lei consegnarmi una nuova mise? Abiti oltretutto scelti da lei? Asserisco calcando la mano e le parole, su scelte da lei. Paolo si appoggia allo schienale della macchina con la nuca, sorride con le labbra chiuse e i suoi occhi diventano due fessure, come quelle di un drogato appagato, dopo essersi fatto uno spinello.

Solleva il mio piede coperto dalla calza e lo porta alle sue labbra baciandolo sul dorso, facendo schioccare le labbra.

- Ti adoro! Sussurra estasiato ed io non capisco se stia parlando di me o del mio piede.

- Parli di me o del mio piede? Chiedo sporgendomi in avanti per osservarlo meglio totalmente confusa, mentre riporta il mio piede sulla sua gamba accarezzandolo di nuovo.

- Parlo di te scimmietta. Risponde guardandomi con la coda dell'occhio. Con sempre quell'espressione sul volto, appagata, e quelle due parole riescono a farmi smaltire la rabbia in un istante, inducendomi senza pensare a cambiare l'espressione sul mio volto, ritrovandomi con una smorfia divertita che mi obbliga a piegare le labbra all'in su.

Appoggio la testa sul sedile non ho più  voglia di discutere, non riesco a credere che tutta la mia rabbia sia potuta dissolversi come neve al sole, unicamente con un "ti adoro" portandomi dall'essere irascibile ad essere appagata in un nano secondo e di sentirmi totalmente a mio agio senza più provare rancore.

Non apro più bocca serena e chiudo gl'occhi facendomi cullare dalla sua mano che mi accarezza per tutto il tragitto che arriva al massimo fino al ginocchio per poi tornare sul piede, donandomi sensazioni fortissime e rilassanti.

Quando riapro gl'occhi mi ritrovo nel parcheggio dell'hotel dove vive e non vorrei essere in un altro posto se non lì, anche se sono consapevole che oserà sculacciarmi come se fossi una bambina viziata.

IL SOGNO DI UNA BAMBOLA Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora