Elena
Sono triste seduta al suo fianco, triste perché Paolo mi ha dato ciò che volevo, quello che ho sempre desiderato, appartenere a lui, ma tutto ciò ha una data di scadenza.
Ma non avrò molto tempo per godere di questo prezioso dono, perché ogni secondo che passa lo porta sempre più lontano da me. Anche se l'ho sempre saputo.
Del lavoro non mi importa più niente, non mi importa più sapere se mi assumeranno o meno, perché poi rimarrò comunque sola e come ha detto Paolo dopo qualche mese, quando la tristezza si sarà assopita, mi cercherò un nuovo padrone per alleviare le mie pene.
Ho sempre saputo che in me si celava il seme sbagliato della sottomessa ma, è con lui che è sbocciato, fiorendo e adesso non riesco più a smettere di essere quella che so di essere, un umile schiava che gode soddisfacendo il proprio padrone.
Paolo mi accarezza il piede che gli appartiene e sono orgogliosa di poter donarglielo ogni giorno. Non mi ha risposto quando gli ho detto di amarlo ma, non importa, perché so che anche lui prova affetto per me, anche se sono più le volte che ho pianto, rispetto alle volte che ho riso in sua compagnia.
Ma adesso basta, ripeto nella mia mente, carpe diem, devo godermi l'attimo e gioire per aver firmato quello sciocco contratto che annulla ogni mia volontà e godere degli ordini che mi impartirà.
E così mi sforzo di essere felice e decido che glielo devo dimostrare, in un modo che nemmeno lui immagina.
- Grazie padrone dell'onore che mi hai concesso. Borbotto scioccamente sorridendo, accarezzandogli la spalla, coperta dalla sua giacca nera.
- Che onore ti ho concesso Elena? Risponde in un sussurro fingendo di non sapere.
- Di essere finalmente libera di essere la vostra umile schiava, padrone. Borbotto di nuovo scioccamente.
Prendo la sua mano sorridendo, che mi accarezza il dorso del piede e la prendo facendola diventare mia, spostandola lungo tutta la mia gamba, fino ad arrivare sulla coscia, infilandola sotto alla gonna e sotto al perizoma appoggiandola dove è giusto che stia, sul mio sesso. Porgendogli una richiesta squallida.
- Mi ispezioni per favore padrone.
Chiedo trattenendo il respiro speranzosa che assecondi la mia squallida richiesta e Paolo non se lo fa ripetere ungendosi le dita dei miei stessi umori, solamente divaricando le labbra del mio sesso.- Sei schifosamente bagnata Elena, mi viene voglia di fermare la macchina e sculacciarti ma lo farò stasera quando ci chiuderemo nel bagno di casa tua.
Risponde serio ed io temo che non stia scherzando.
- Togliti la gonna, sposta il perizoma e masturbati per me. Ordina accostando la macchina a destra, su una piazzola di sosta.
Mi vergogno da morire, tentenno per qualche secondo mentre lui mi trafigge con il suo sguardo serio e determinato che mi fa impazzire.
- Devo ripetere alla mia umile schiava cosa pretende il suo padrone? Perché oggi ti masturberai per me finché non ti sarai accontentata e poi controllerò che il nettare che sgorghera dalla tua fica sia talmente copioso da imbrattare il sedile. Esegui.
La sua richiesta è cattiva, torno ad essere triste, ma dentro di me il calore si espande togliendomi il fiato, riportando il mio piede che se ne stava comodo sulla sua gamba, sul tappetino della macchina.
Il mio respiro accelera nel tentativo di portare più ossigeno ai polmoni. Sfilo la gonna lentamente lasciandola ai miei piedi, umiliata, avvilita, riportando il piede sulla sua gamba una volta rimasta con solamente l'intimo bianco di pizzo, togliendomi anche l'altra ballerina, rimanendo scalza per lui.
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IL SOGNO DI UNA BAMBOLA
ChickLitElena diciannove anni insegue un desiderio, vuole seguire le orme del padre scomparso di recente. Diventare agente di commercio, girare tutto il paese e conoscere persone nuove. Paolo è il suo tutor colui che ha l'incarico di insegnarle il lavoro...