Capitolo 33

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Elena viene, raggiunge l'orgasmo davanti ai miei occhi per mano di quella vecchia stronza e geme come oggi pomeriggio, quando l'ho fatta venire quattro volte nel giro di un'ora, senza contenersi in preda a pura e vera lussuria, e dal nettare che ha generato sulle dita di quella che si presta a definirsi come sua nuova padrona, immagino che non sia per nulla appagata, se non in parte.

La vecchia mi guarda e sorride prima di darmi quella che ritiene la botta finale.

- Domani alle undici l'aspetto nel mio ufficio, faccia pure i bagagli e porti via anche quelli della mia cagna, a vestirla eventualmente ci penserò io. Adesso devo andare a flagellare il sedere di quelle povere sottomesse davanti agli occhi dei loro sciocchi padroni. Buonanotte.

Mi alzo dal letto e ancora non riesco a credere a ciò che vedo. Elena la segue a carponi fino ad arrivare alla porta, ignorandomi, mettendo una mano davanti all'altra come se fosse il suo cagnolino.

- Tu devi rimanere qui, domani ti porterò a dormire sul mio tappeto, fa compagnia a questo ragazzo e se vuole le tue attenzioni offrigliele ma, solo per stasera. Afferma accarezzandole la schiena mentre Elena si struscia sulla sua gamba completamente smarrita.

E come la vecchia esce Elena mi guarda, l'odio che leggo nei suoi occhi mi fa provare un brivido lungo la schiena che per un attimo mi paralizza. Le vado incontro, mi abbasso sulle gambe, allargo le braccia ma, l'unica cosa che ricevo è uno schiaffo dritto in faccia che mi coglie impreparato e che fa anche male ma, so di meritarlo tutto.

- Perché c'è l'hai così tanto con me? Sussurro come se temessi di sentirmi rispondere da lei che se siamo in questo casino è soltanto per colpa mia.

Lei ignora la mia domanda e a carponi raggiunge il letto mettendosi sotto alle coperte, voltandomi le spalle.
Anche se non riesco a vederla capisco che si sta toccando, procurandosi piacere da sola e i gemiti che le escono dalla bocca ne sono la prova.

Mi sento a pezzi, spero che domattina lei torni in sé e tutto questo casino rimanga solamente uno spiacevole ricordo. Penso, lasciando che si soddisfi da sola, perché di certo in questo stato non gradirebbe il mio aiuto.

Avrebbe bisogno anche di lavarsi, di fare una doccia per togliere il nero che ha sulle dita e sulle ginocchia a causa della postura alla quale la vecchia l'ha obbligata a muoversi.

Ma adesso non è il momento di perdersi d'animo, forse ho una soluzione che mi aiuterà a portarla fuori di qui.

Prendo il telefono, chiamo Chiara anche se sono le dieci della sera, ho bisogno del suo aiuto e dopo tre squilli grazie a Dio mi risponde.

Le dico dove sono e le chiedo quanti negozi abbiamo qui in zona, nei quali lavoriamo. Tre risponde.

Perfetto.

- Ho bisogno che chiami tutti e tre i direttori e ti fai dare quello che mi serve. Le dico sussurrando, perché temo che qualcuno mi possa sentire, come se fossi paranoico e spiato.

- Sono le dieci della sera. Risponde lei seccata.

- Chiara renditi utile ho bisogno di te e del loro aiuto, chiamali subito e domani, dico, senza che nessuno mi senta, dovrai fare questo. Hai capito?
Chiamami alle undici e dieci minuti, non un minuto prima ne un minuto dopo. Le ordino istruendola su ogni cosa senza svelarle il vero motivo.

Adesso tocca a Camilla. Guardo Elena che suda sotto alle coperte continuando ad accarezzarsi come se non avesse mai appagamento sufficiente. La pagherà anche per questo, penso uscendo dalla stanza andando alla ricerca della bionda dalle lunghe trecce.

Fortunatamente la trovo dietro al bancone intenta ad asciugare i bicchieri.

- Ho bisogno del tuo aiuto. Sussurro avvicinandomi a lei anche se non c'è nessuno. Mi devi procurare due cose domattina, questo e questo e qualunque cosa accada nell'ufficio della padrona tu non aprire bocca e prepara la valigia. Pensi di farcela?

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