Capitolo Quaranta: L'Ultima Salita

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A volte, Angel si dimentica di come gli appartamenti del quartiere di nord-est sembrino geometria impossibile. Con le loro interminabili rampe di scale, vani e corridoi impilati uno sopra l'altro in un equilibrio inviolabile, le palazzine in cui vivono i loro abitanti non danno quasi l'impressione di essere vere abitazioni. Per Angel, sono più simili a una creazione di arte astratta, una rappresentazione ideale di cosa dovrebbe essere lo spazio abitabile di un essere umano standard. Ironia della sorte, Cronos non è mai stato una essere umano standard.

Lui resta alle sue spalle, mentre entrambi procedono verso l'alto, verso la loro destinazione. L'unico riferimento che indica loro la via è una striscia di luce giallastra che proviene dall'ultimo piano dell'edificio in cui si trovano. Da quello che ricorda Angel, lì in cima dovrebbe esserci una mansarda.

Verso metà della stremante via, Cronos affretta il passo, tanto da superarlo. La sua gamba di ferro causa un ritmo stonato di metallo contro cemento, fatto di tonfi e scricchioli.

"Avanti Angel, ci togliamo questo pensiero e poi me ne torno a casa!"

"Hai usato il nome giusto questa volta" osserva l'altro mentre gli sta dietro, "qual è l'occasione?"

Cronos si ferma e poggia la schiena contro il muro. Nuvole di fuliggine bianca cadono sulle spalline del suo gilet giallo fluorescente. "È il miglior giorno della mia vita! Non ricordi? Ah giusto, tu non c'eri. In breve Qualcuno ha deciso che ho fatto un buon lavoro in questi anni, perciò mi ha detto che stasera mi ricompenserà! Non vedo l'ora, voglio sapere cos'è!"

Angel nasconde il suo sorriso, l'ironia della situazione è palese: "Sei molto entusiasta di obbedire, per qualcuno che dice di essere l'unico padrone di sé stesso."

La sua protesi martella pesantemente il pavimento. "Senti, io non lo faccio per lealtà, lo faccio per i soldi, capito?"

"E Qualcuno riesce a farti ubbidire utilizzando i soldi. È esattamente come essere uno schiavo."

Fermata improvvisa. Cronos si gira in un movimento quasi meccanico, la sua pelle viene avvolta da un tremolio dal calore incontenibile. "Mettiamo in chiaro una cosa. Io non sono uno schiavo. Io sono libero. Quello che faccio lo decido io ed è sempre la cosa migliore perché lo decido io."

"Ne sei sicuro?"

Angel non ha neanche il tempo di reagire, una violenta sferzata di metallo e incandescenze quasi infernali si schianta contro il suo petto e il suo addome. La successiva caduta gli fa sbattere ripetutamente la schiena contro i gradini.

"Stammi bene a sentire, Samuela," tuona lui mentre procede senza di esso, "io sono libero perché sono forte e posso togliere di mezzo chiunque voglia opporsi a me, ma tu invece sei debole e quindi non puoi fare altro che obbedire. Hai capito ora?"

Nessuna risposta.


All'ultimo piano dell'appartamento c'è una vecchia mansarda, bassa ma comunque molto spaziosa. Al centro c'è un tavolo d'ebano decorato con incisioni bizzarre, a tratti sinuose e a tratti spigolose e squadrate. Attorno ad esso ci sono riunite quasi tutte le altre persone che Cronos è solito incontrare ogni giorno: Kriegger, Sophie, Vittoria, Gloria, un'altra decina di persone che lui non ha voglia di conoscere e ovviamente, a capotavola, lui: Qualcuno.

Il chiacchiericcio generale riempie l'intera stanza, portando con sé pensieri, condivide opinioni e speranze. Le sorelle gemelle stanno già pregustando gli applausi e gli ammiratori che riceveranno quando saranno attrici di successo, Kriegger si intrattiene insieme a un paio di altre persone che vivono nello stesso condominio, Sophie si tiene impegnata a guardarsi in uno specchietto. Appena Qualcuno si alza, tutti gli invitati cessano di parlare e centrano tutta l'attenzione su di lui, il leader, colui che si fa carico di tutte le decisioni importanti, colui che è venuto a risolvere tutti i problemi.

Una Macchia Sul VoltoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora