49. Non sono affari tuoi

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È una fresca giornata nel pieno dell'inverno, quella in cui A-Yao ha sposato Qin Su

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È una fresca giornata nel pieno dell'inverno, quella in cui A-Yao ha sposato Qin Su. La tanto amata figlia del Capo Clan Qin.

Mi poggio alla ringhiera fredda della balconata. LanLing è accesa da intense tinte rosse. I drappi scivolano e svolazzano in ogni angolo, persino il lungo tappeto bianco e oro della scalinata è stato sostituito. Il Padiglione Aureo così fervido e sgargiante sembra più maestoso che mai. Anche se le peonie sono ormai appassite in buona parte, i loro gambi si ergono, più solitari, più spogli, ma senza perdere la propria dignità.

L'atmosfera dello xǐ-jǐu all'interno era tanto entusiastica da riscaldare l'ambiente. Ma su questa terrazza il freddo ti inghiotte come una conchiglia. Le correnti dal nord spirano impetuose. Accosto i lembi della mantellina. La pelliccia di volpe bianca mi sfiora le guance.

Persino con il viso occultato dal velo rosso, Qin Su era così aggraziata. È sempre stata raffinata, di una bellezza pura e infantile. Saranno i suoi grandi occhi castani a conferirle quell'innocenza, o la forma del volto un po' rotonda. Quanto a Jin Guangyao, non poteva che esserne affascinato. Il suo sguardo affettuoso l'ha seguita per tutto il tempo. Quasi come se quella notte, la notte della caccia, non fosse mai esistita. Mi stringo di più nella mantellina. È per il freddo, mi dico.

Tra il brusio del vento, le mie orecchie captano un clomp. Ho approfittato del momento in cui gli sposi si sono ritirati per uscire a prendere una boccata d'aria. Nessun altro lo farebbe con questo gelo, o perlomeno questo credevo.

Sbircio oltre la mia spalla, poggiando ancora i gomiti sul parapetto. Una mano scansa la tenda per rivelare un abito violetto. Serro la mandibola. Un cerchietto di metallo si chiude attorno al suo indice.

Finalmente sollevo il busto, e mentre lui si dirige alla ringhiera, mi volto dal lato opposto per rientrare. I nostri passi sono quasi sincronizzati, rintoccano sempre più vicini, fino a sorpassarsi prima che possiamo rivolgerci un solo sguardo.

«Strano vedervi qui.» A separarmi dai tendaggi ci sono solo tre o quattro mattonelle invetriate. Ma Jiang Cheng ha deciso di rompere il silenzio. Dovrei ignorarlo? Rifletto una manciata di secondi. Ignorarlo e arretrare? No. Gli rivolgo un'occhiata, senza girarmi del tutto. Quando vede che mi sono fermata, sogghigna soddisfatto.

«Credo che molti si aspettassero di vedere voi percorrere quel tappeto rosso» continua a quel punto.
Scuoto il capo, scocciata. «Che blaterate?» Sorrido, è il modo migliore per nascondere l'irritazione. «Non ricordavo aveste una tolleranza tanto bassa per l'alcol.» Cerco di sbirciare all'interno, oltre i veli vermigli. «O stanno offrendo più vino del dovuto, mmh?»

Schiocca la lingua e distoglie lo sguardo. Ignora i miei commenti forzatamente addolciti dall'ironia. «Si direbbe che abbiamo mal interpretato la cosa. Perciò qual è la vostra relazione con il Capo Clan Jin? Forse posso immaginarlo.» Si avvicina di nuovo, con l'espressione arrogante. Si sporge in avanti, solo per mormorare «Alcuni vizi sono ereditari».

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